La ca’ dal siléinsi

I la ciamèvn’acsé da quand a gh’stèva mé,

n’so quanti famèi, cun tant ragȃs

chi fèvn’a gara a chi de più sbraièva;

mo mia sòl lòr i fèven dal fracȃs,

 

perché da ogni fnéstra, ùs, o porta,

a s’sintîva da tut i so abitant,

discòrs o parulȃsi d’ogni sorta,

col tono, a tùt volùm, d’n’altoparlant.

 

Brùta, mel tgnùda, vecia d’an e an,

la spudèva miseria da ogni prèda;

ogni tant i gh’giustevn’un quêlch malan,

cme ’na fnéstra c’caschèva zò in dla strêda,

 

o un caméin ch’l’era stùf  ed ster in pè,

o un trév maéster che al s’imbarchèva,

cun i travét che i gh’blisghévn’ a drè,

o êter guast che la vcêra a gh’procuréva.

 

Finalmeint un bel dè i l’an vudêda

e po’ i l’an tachêda anch a giustêr.

Adésa l’an n’è più acsé diruchêda,

e di êtr’agint i gh’in andé a stêr.

 

Mo i gh’an fȃt per di véc di apartameint,

quindi an gh’è più d’ragȃs ch’faghen di sbrai,

o dal dòni chi cantn’ai quater vèint,

e un quelchidun ch’al sîga: Dêgh un tai!,

 

o ùna gh’sgrincia un putein in dna suiòla

e lò al frègna, e lè: Tês, spurcaciòun!,

o al teremȏt ed ròba che la vòla

zò da ’na fnéstra, o fȏra da un purtòun.

 

L’è la ‘CA’ DAL SILÉINSI’, veraméint;

ch’l’è dvintêda ed còlp un po trop mùta,

e ch’la perdrà ’l so nòm, sicuraméint;

ch’l’è meno bèla ed quand… l’era più brùta.

 

Gastone Tamagnini

 

 

Chiesa e ospedale, merito di San Rocco

Si era all’incirca negli anni 1500 – 1501 quando nel nord Italia imperversava un morbo contagioso  che mieteva una gran moltitudine di vittime: una peste polmonare, cioè una broncopolmonite fulminante. La peste (ogni flagello contagioso veniva denominato “peste”) avanzava ormai nel modenese e reggiano; anche a Correggio si temeva il peggio. Per fortuna la città venne risparmiata e bisognava renderne grazie a san Rocco, il santo protettore degli appestati. Così la comunità correggese incaricò, nel 1502, la Confraternita di Misericordia di san Sebastiano perché erigesse una chiesa con il convento adibito a “hospitale” dove soccorrere i contagiati di peste del territorio.

Agli inizi del Seicento, l’ospedale venne abbandonato perché la Confraternita, per mancanza di fondi, non riusciva più a sostenerlo. Ma quando nel 1630 scoppiò la terribile peste bubbonica, il nobile cittadino Augustone Augustoni ed altri benemeriti locali elargirono le risorse per la ricostruzione dell’antico hospitale di san Rocco, trasformandolo nel primo e vero ospedale di Correggio, destinato al “ricovero, al mantenimento e alla cura dei poveri e degli infermi di ambo i sessi, preferibilmente di Correggio”. Ubicandosi l’ospedale di san Rocco fuori dalla cinta muraria dell’Urbe, era spesso esposto alle scorrerie e ai saccheggi degli eserciti invasori che transitavano nella zona: per tal motivo la Confraternita decretò, nel 1683, la fabbricazione di un nuovo ospedale all’interno delle mura.

Oggi quell’antico convento, poi ospedale, esiste ancora, per quanto mutato nell’aspetto e nella destinazione. Viene ancora contraddistinto con un appellativo dialettale, una sorta di “scutmai” (soprannome) affibbiato per contrasto in un tempo in cui il fabbricato ospitava famiglie numerose e rumorose: la ca’ dal siléinsi (la casa del silenzio). Autentico interprete delle usanze della vita condominiale della casa è Gastone Tamagnini, che oltre ad aver ricoperto il ruolo di Direttore didattico, fu poeta dialettale: nelle sue “Poesiuleini in dialèt curzèsch” (Poesioline in dialetto correggese) lasciò uno straordinario spaccato culturale e linguistico del nostro passato locale.

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