La Festa della donna quest’anno si celebra nel pieno delle polemiche suscitate dalle vicende hollywoodiane. Ospitiamo volentieri l’opinione di Disfarefare, il gruppo di donne correggesi che da tempo riflette e lavora sulla questione femminile all’interno del Circolo Culturale L. Lombardo Radice.
Nulla sarà come prima è la frase che circola a Hollywood subito dopo la cacciata del produttore Weinstein dall’Academy degli Oscar. Nel suo discorso in occasione del Golden Globe, Oprah Winfrey afferma che «il tempo degli uomini brutali è scaduto e, che dire, la verità è lo strumento più potente che abbiamo». E dopo il caso che ha terremotato Hollywood, l’onda avanza e ingrossa: le donne che hanno subito molestie, abusi, violenza sessuale stanno parlando, in tutti i luoghi e ambiti possibili.
«Potevano sottrarsi. Se non ne sono state capaci dovevano almeno dirlo prima!», accusano. Non sanno o non vogliono sapere che le donne parlano quando possono e che questo parlare richiede tempo: il tempo per passare in rassegna la propria vita, ricordare episodi finiti nel dimenticatoio o rimossi, sentirsi autorizzate da altre che lo hanno fatto prima, prendere coscienza che sì, dire la verità può aprire una crepa nel sistema pietrificato del subire-senza-dire necessario al mantenimento dell’ordine patriarcale.
«Così si criminalizza il desiderio!», dicono. Sviano il discorso, perché ogni donna sa la differenza che corre tra un complimento galante e una molestia, conosce quale sia il confine tra desiderio e abuso, libertà e violenza. Alcune donne parlavano anche prima che Weinstein fosse smascherato, di nuovo c’è che dal suo caso in poi sono state ascoltate; che si è finalmente rivelato il nesso tra sesso e potere che sorregge Hollywood e imperversa in tutti i luoghi dove le donne si trovano a vivere e lavorare; che la società non ha potuto non rispondere.
Il mondo del cinema hollywoodiano lo ha fatto per primo, e le reazioni sono state dure: allontanamenti, dimissioni, rotture di contratti.
«È caccia alle streghe, è giustizialismo!», protestano. Ma queste donne non si rivolgono alla magistratura, parlano e basta; alcuni uomini rispondono gridando vendetta, altri interrogando la propria esperienza. Fra questi, due esempi per tutti. Il 10 gennaio Claudio Vedovati scrive su Facebook: «Se c’è un pericolo per le relazioni e la seduzione tra gli uomini e le donne è la caduta dell’eros maschile, schiacciato dal proprio desiderio di potere e non dalla libertà femminile, che anzi chiede a noi uomini di misurarci anche con il desiderio delle donne e non solo con il nostro». E il 18 gennaio Pierluigi Battista sul Corriere della Sera: «Diciamocelo, noi maschi ce la cantiamo, perché lo sappiamo benissimo, lo sappiamo per intuito, sensazione, esperienza, dove sta il confine. E il confine è il consenso».
Eccolo, il punto da ripensare: «il consenso – scrive Laurie Penny – è molto di più dell’assenza di un no. È la possibilità di un sì reale. È la presenza di un agire umano. È l’orizzonte del desiderio. Potremmo provare qualcosa di nuovo. Potremmo provare a diventare migliori di quanto siamo mai stati».
Perché l’idea che sia in corso una battaglia dei sessi è fuorviante, nella vita sessuale o vincono tutti o non vince nessuno.
È un buon momento.
L’8 marzo c’è motivo per far festa.
Disfarefare del Circolo Culturale Lucio Lombardo Radice
Marta Garosi, Loredana Casarini, Oretta Montanari, Franca Pinnizzotto, Lorena Soragni, Laura Testi