L’8 marzo ai tempi di Weinstein

Una riflessione del gruppo “Disfarefare”

La Festa della donna quest’anno si celebra nel pieno delle polemiche suscitate dalle vicende hollywoodiane. Ospitiamo volentieri l’opinione di Disfarefare, il gruppo di donne correggesi che da tempo riflette e lavora sulla questione femminile all’interno del Circolo Culturale L. Lombardo Radice.

Nulla sarà come prima è la frase che circola a Hollywood subito dopo la cacciata del produttore Weinstein dall’Academy degli Oscar. Nel suo discorso in occasione del Golden Globe, Oprah Winfrey afferma che «il tempo degli uomini brutali è scaduto e, che dire, la verità è lo strumento più potente che abbiamo». E dopo il caso che ha terremotato Hollywood, l’onda avanza e ingrossa: le donne che hanno subito molestie, abusi, violenza sessuale stanno parlando, in tutti i luoghi e ambiti possibili.
«Potevano sottrarsi. Se non ne sono state capaci dovevano almeno dirlo prima!», accusano. Non sanno o non vogliono sapere che le donne parlano quando possono e che questo parlare richiede tempo: il tempo per passare in rassegna la propria vita, ricordare episodi finiti nel dimenticatoio o rimossi, sentirsi autorizzate da altre che lo hanno fatto prima, prendere coscienza che sì, dire la verità può aprire una crepa nel sistema pietrificato del subire-senza-dire necessario al mantenimento dell’ordine patriarcale.
«Così si criminalizza il desiderio!», dicono. Sviano il discorso, perché ogni donna sa la differenza che corre tra un complimento galante e una molestia, conosce quale sia il confine tra desiderio e abuso, libertà e violenza. Alcune donne parlavano anche prima che Weinstein fosse smascherato, di nuovo c’è che dal suo caso in poi sono state ascoltate; che si è finalmente rivelato il nesso tra sesso e potere che sorregge Hollywood e imperversa in tutti i luoghi dove le donne si trovano a vivere e lavorare; che la società non ha potuto non rispondere.
Il mondo del cinema hollywoodiano lo ha fatto per primo, e le reazioni sono state dure: allontanamenti, dimissioni, rotture di contratti.
«È caccia alle streghe, è giustizialismo!», protestano.  Ma queste donne non si rivolgono alla magistratura, parlano e basta; alcuni uomini rispondono gridando vendetta, altri interrogando la propria esperienza.  Fra questi, due esempi per tutti. Il 10 gennaio Claudio Vedovati scrive su Facebook: «Se c’è un pericolo per le relazioni e la seduzione tra gli uomini e le donne è la caduta dell’eros maschile, schiacciato dal proprio desiderio di potere e non dalla libertà femminile, che anzi chiede a noi uomini di misurarci anche con il desiderio delle donne e non solo con il nostro». E il 18 gennaio Pierluigi Battista sul Corriere della Sera: «Diciamocelo, noi maschi ce la cantiamo, perché lo sappiamo benissimo, lo sappiamo per intuito, sensazione, esperienza, dove sta il confine. E il confine è il consenso».
Eccolo, il punto da ripensare: «il consenso – scrive Laurie Penny – è molto di più dell’assenza di un no. È la possibilità di un sì reale. È la presenza di un agire umano. È l’orizzonte del desiderio. Potremmo provare qualcosa di nuovo. Potremmo provare a diventare migliori di quanto siamo mai stati».
Perché l’idea che sia in corso una battaglia dei sessi è fuorviante, nella vita sessuale o vincono tutti o non vince nessuno.
È un buon momento.
L’8 marzo c’è motivo per far festa.

Disfarefare del Circolo Culturale Lucio Lombardo Radice
Marta Garosi, Loredana Casarini, Oretta Montanari, Franca Pinnizzotto, Lorena Soragni, Laura Testi

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