«Strano. Quello che ho appena incontrato in Piazza Garibaldi mi sembra di conoscerlo eppure non lo conosco. Mi sembrerebbe… ma non lo conosco. O almeno non proprio. Il fatto è che la mascherina impedisce di apprezzare una parte rilevante della fisionomia.»
Stavo percorrendo i miei duecento metri di libertà nei giorni tosti della reclusione da virus. E incrociai un correggese che brontolava da solo. La segregazione ci affratellava tutti, per cui gli chiesi gentilmente «Come va?». Lui scuotendo la testa cominciò a raccontare.
«Lei capisce: il naso può essere lungo e ingobbito, il naso a patata, il naso con verruca. E la bocca: sottile e crudele, la bocca esangue, la bocca rossodipinta aggressiva. Un po’ tutti siamo diventati Voldemort, il nemico di Harry Potter, che (adesso lo comprendiamo) aveva una mascherina incorporata direttamente nella faccia. Perfino gli occhi che si affacciano sul bordo della pezzuola hanno un’altra espressione. Se poi si trovano dietro un paio di occhiali non hanno proprio alcuna espressione, appannati da lenti appannate.»
Mi sentivo di condividere il suo disorientamento: stavamo rinunciando progressivamente a secoli di educazione dei sensi. Come il naso, che ormai non fiuta, spesso addirittura non respira; anche del gusto si impara a fare a meno. Poi l’udito, per diversi di noi, se non possiamo aiutarlo con la lettura delle labbra non sempre riesce ad intercettare le frasi che filtrano attutite dalla mascherina. E il tatto, quando viene annullato dai guanti? Ma il correggese pensava ad altro.
«Guardi, è soprattutto un problema di identità. Con la persona che ho incontrato in Piazza Garibaldi ho azzardato un neutro – Come va? -, proprio come Lei ha fatto ora con me. Di fronte all’incertezza è la scelta meno impegnativa, consente di ridurre il rischio di fare brutte figure. Invece: – Ah, allora sei proprio tu! – mi ha detto quello che mi sembrava di conoscere ma non proprio. – Non sono mica d’accordo con quanto hai scritto su facebook. –
Solo che io su facebook non ho scritto nulla. A dirla tutta (sommessamente) io non frequento i social; li trovo, ben che vada, tempo perso di una vita già di per sé breve. Se va male, mi fanno incazzare.
Evidentemente quello lì mi ha scambiato per un altro. Come dargli torto, non esibisco né il naso aquilino nè la bocca sotto i baffi e sopra la barba. Così gentilmente l’ho informato: – Non posso essere io -. – Non fare il furbo, non nasconderti dietro la mascherina! –
Ma io non mi nascondo, rispetto i regolamenti. Comunque ho abbassato la mascherina chirurgica (solo un attimo) e lui: – Vedi che sei tu. Perché su facebook scrivi certe stronzate, sui gatti e l’epidemia? – ».
In effetti. La mascherina sembra un attrezzo democratico: il viso bello e il viso brutto contano di meno. Ma in realtà permette di sorridere o di fare boccacce senza che l’interlocutore se ne possa accorgere. Una cosa simile accade sui social quando ci si nasconde dietro nomi di fantasia.
«Proprio così. Vede, ho scoperto con grande stupore che la perdita della mia identità era già cominciata prima della mascherina. Sono venuto a sapere che qualcuno sui social utilizza la mia identità per dire sciocchezze. Non c’è altra spiegazione. A meno che di notte, in piena sonnambula da reclusione, uno che è me, ma non sono io, si metta al computer e scriva contro i gatti. Intendiamoci, tutto è possibile in questo mondo sospeso. Ho provato a spiegarglielo. Non mi appartiene niente: né il mezzo né il tema né il merito. Lui ha continuato ad essere arrabbiato, e ho cominciato ad esserlo anch’io. Uno che non conosco, o forse sì, mi attribuisce un profilo fasullo: – Ma tu chi sei, dietro la mascherina FFP2? – Lui se l’è abbassata con aria di sfida. Sembrava un duello rusticano a distanza ravvicinata (1 metro). É uno che si vede in giro, mai preso il caffè insieme, ma insomma mi pare di averlo incontrato da una qualche parte. Dovevo difendermi: io sono innocente.
Si è avvicinata una signora su cui incombeva una chioma disordinata con ricrescita pandemica e che aveva una voglia matta di intromettersi: – Ma come, Toro Seduto riporta tra virgolette il suo post che se la prende coi poveri gatti che diffondono il virus! Con tanto di dito alzato -. La cosa sta diventando antipatica. Manca solo che ci venga un assembramento, avrei contro anche la vigilanza.
Così, precipitosamente, ho salutato e mi sono allontanato. Mi dica, Lei cosa avrebbe fatto al mio posto? Mi sono tirato ancora più su la mascherina, che aderisca bene. E l’ho benedetta. Sì, ho benedetto la mascherina. Che mi fa tornare nell’anonimato. O almeno spero».
Il correggese in cerca dell’identità perduta accennò ad un saluto, mentre si allontanava verso San Quirino stando alla larga da chi aspettava di entrare in banca o di usare il bancomat, all’ombra della statua di Antonio Allegri che guarda fisso e lontano. Sempre che sia davvero Antonio Allegri.