Gad Lerner: fermare l’odio

Gad Lerner ha risposto ad alcune domande di Primo Piano sul fenomeno, quanto mai attuale, dell’odio e dell’incattivirsi delle relazioni sociali.

De Angelis, vice-direttore dell’Huffington Post, recentemente ha sostento che l’odio è un sentimento umano, come l’amore, e come tale non va demonizzato: per lui l’allarme che c’è oggi per il moltiplicarsi di messaggi di odio è una esagerazione dovuta al voler essere a tutti i costi “politicamente corretti”. Cosa ne dici?
«Nella natura umana convivono buoni e cattivi sentimenti: la cultura e la politica dovrebbero essere gli strumenti collettivi in grado di frenare queste contraddizioni che ci portiamo dentro. Ci sono sentimenti e frasi che ci scappano in ambito privato e che se portati in pubblico ed elevati a “sentire comune” possono indurre a comportamenti violenti. Mi chiedi in che misura la violenza verbale è anticipatrice di violenza fisica e lacerazione sociale? Si può sostenere che la violenza verbale è uno sfogo che aiuta a far “sbollire” la rabbia: infatti nella realtà di tutti i giorni fortunatamente non troviamo una quantità di violenza paragonabile a quella che invece straripa quotidianamente sui social networks. Tuttavia ciò sta diventando “normale” e può trasformarsi in legittimazione a comportamenti prima non tollerati. Ci sono paesi, come il Brasile o gli stessi USA, in cui il passaggio dalle male parole ai fatti avviene ormai tutti i giorni.»

Quindi il movimento delle “sardine” coglie questo corto circuito e tenta di opporsi alla normalità della violenza verbale.
«Più in generale le “sardine” manifestano un disagio collettivo proprio della maggioranza degli italiani che, io credo, non si riconoscono nella narrazione, fatta anche dai talk show televisivi, di un popolo incarognito, piagnone ed egoista. Gli italiani sono meglio di come vengono rappresentati da certa politica: in molti ci siamo indignati nel vedere indicati come “nemici del popolo” dei migranti inermi, dei poveracci che soffrono; e ci siamo vergognati nel sentire il compiacimento con cui vengono irrisi con “è finita la pacchia”, “altro che fare crociere”, “basta coi taxi del mare” e viltà di questo genere.»

L’emergere di partiti politici basati quasi esclusivamente sull’essere “contro” altri gruppi, etnie, culture, religioni è un fenomeno in crescita in tutto l’occidente. E’ una questione di quantità (dovuto alla disponibilità di mezzi di espressione individuali) ma anche di qualità. Questo mette in discussione la democrazia?
«Una cultura vittimistica e complottistica, che cerca di affrontare tutti i fatti che hanno un impatto sociale attribuendo colpe (ovviamente agli altri), produce una “domanda politica” che immediatamente trova dei portavoce in “imprenditori politici”. Sono leader che lucrano sulla paura, sulla contrapposizione e sull’odio, e quindi li incentivano. La distinzione tra persone che rappresentano il popolo e persone che tradiscono il popolo sostituisce la normale dialettica tra opinioni diverse. E questo, indubbiamente, mina le basi di qualsiasi democrazia.»

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