Il virus insidia anche le campagne

l'impatto del distanziamento sociale in agricoltura

Anche il mondo agricolo correggese risente inevitabilmente dell’attuale fenomeno virale, sia in relazione alle problematiche che insorgono sui luoghi di lavoro ma soprattutto alle ripercussioni sui mercati per i nostri prodotti tipici (con particolare riferimento alle esportazioni).

Dal punto di vista del lavoro nei campi, è evidente che le stagioni non si arrestano e le esigenze delle colture e degli allevamenti non possono essere rimandate. É allo stesso modo vero che nelle nostre campagne, in virtù della tipologia delle produzioni, non esistono quasi mai assembramenti di persone ed il lavoro è molto frequentemente un’attività solitaria, se non in particolari periodi come quello della raccolta. Una condizione che oggi agevola il normale proseguimento delle attività in ambito agricolo e costituisce una buon livello di tutela per i lavoratori dei campi che, tuttavia, rappresentano solo il 4% dei lavoratori del territorio.

 

L’altra faccia della medaglia

Ma se l’agricoltura “produttiva” riuscirà facilmente a superare questo momento imprevisto, esistono invece forti preoccupazioni sul fronte dell’esportazione dei nostri prodotti tipici, con particolare riferimento al Parmigiano Reggiano ed al Lambrusco. Prodotti per i quali la collocazione sui mercati internazionali, attualmente fortemente rivoluzionati se non paralizzati, è vitale in relazione alle elevate quantità che produciamo. Se dovessimo consumare internamente tutto il Lambrusco prodotto nella nostra provincia, ogni famiglia reggiana, da Villa Minozzo a Luzzara, dovrebbe bere 662 bottiglie in un anno. Per il Parmigiano Reggiano  comporterebbe l’utilizzo di oltre 5 forme l’anno per ogni famiglia. É evidente che il problema di questa pandemia stia soprattutto nei mercati internazionali, tuttavia sul fronte del consumo interno il momento che stiamo vivendo si dimostra ricco di insegnamenti che, se non saranno dimenticati, potrebbero ridisegnare un sistema. Non che dovremo rassegnarci a destinare i nostri prodotti al mercato interno, che attualmente consta in poco meno di 6 bottiglie di Lambrusco l’anno per ogni famiglia italiana ed 1,5 chili di Parmigiano Reggiano (valore riferito alla sola produzione reggiana), ma sicuramente potremmo essere meno esterofili scegliendo i prodotti del nostro territorio, dei quali dovremmo essere decisamente più orgogliosi. Chiudere le frontiere è un attimo, riconquistare un mercato è ben altra cosa.

Come si lavora in questi giorni nei campi

Nei vigneti correggesi si stanno eseguendo le operazioni di potatura, che non prevedono necessariamente di operare a stretto contatto con i colleghi e che molto spesso, soprattutto nelle piccole aziende, vengono effettuate in forma addirittura autonoma. Difficoltà ben maggiori sarebbero sorte nella gestione di una situazione simile durante la raccolta dell’uva, che prevede un’elevata presenza di personale avventizio nei campi e nelle cantine, oltre che la frenetica movimentazione di prodotto dai campi ai centri di pigiatura. Analogo ragionamento in positivo lo si potrebbe fare per le stalle che oggi, pur necessitando della presenza di addetti per la gestione di mungitura ed alimentazione, non vede mai persone che sgomitano fra di loro e pertanto permette una sicura gestione dei rapporti fra gli operatori. E sarà così anche in piena fase di fienagione, quando gli spostamenti saranno molto maggiori e frequenti ma l’elevato grado di meccanizzazione oggi raggiunto eviterà ogni contatto fra le persone. Buone notizie anche sul fronte degli adempimenti burocratici, con termini prorogati allo scopo di non intralciare il normale proseguo delle normali attività agricole.

 

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