Il traforo del Borgo Vecchio

R1 – Ecco che c’è il nostro intervistatore di Primo Piano!

R2 – Devi farci un’intervista. Abbiamo molte cose da aggiungere a quelle dell’altra volta.

 D – Scusate, ma io sono venuto al bar solo per prendere un caffè. Oggi sono fuori servizio.

R2 – Eh no, tu ci devi ascoltare e poi fare l’articolo, vero Stalin?
In fondo hai cominciato tu!

 D – No, no. Guardate che il direttore non mi pubblica più queste interviste.
Dice che non sono politicamente corrette e qualcuno poi si lamenta…

R1 – Ma come…!
Questa è la vera democrazia. Il bar è partecipazione alla discussione, la politica è partecipazione agli utili.

R3 – Desnòm, digli cosa abbiamo scoperto.

R2 – Volevamo sapere cosa pensavano i cittadini del tunnel tra Borgo Vecchio e via Conciapelli.
Hai presente? Un involucro di pannelli in truciolare e tubi, messo lì da anni in caso di caduta pietre, calcinacci o altra roba dalla volta del decrepito edificio attraverso cui si transita.
Stalin sostiene che questa precarietà è colpa degli immobiliaristi che non vogliono spendere. Pigàss giura che la responsabilità è tutta del Comune e del regolamento edilizio comunista. Così abbiamo fatto un questionario.

 D – Non ci credo! Vi siete messi a fare sondaggi anche voi?

R3 – L’idea ce l’hai data tu.
Dunque abbiamo intervistato i cittadini che passavano di lì.
La prima è stata una donna: subito sembrava uguale e sputata alla moglie del ragionier Ferretti, ma più la guardavamo e più non le assomigliava in niente.
«Le dispiace se le rivolgiamo una domanda?» «Santo cielo, cosa ci fate nascosti qui al buio come pantegane?
Mi avete fatto prendere un accidente… sentite le pulsazioni come galoppano».

R2 – Insomma abbiamo pensato che la signora sotto il tunnel una volta avesse incontrato dei toponi….

R3 – …e invece no: «Non avete capito! Siamo noi i toponi, noi che passiamo nel tunnel al buio, rasente i pannelli di truciolato, affrettiamo i passi più che possiamo, guardiamo sempre in basso per non inciampare e al minimo scricchiolio pensiamo al terremoto»

R1 – Era evidente che la signora aveva paura.
«Non sentite i rumori e i lamenti che vengono dall’intercapedine dietro i pannelli? Vi consiglio di andarvene e di stare attenti ai gatti».
Quando si è allontanata, scivolando nel buio a piccoli, velocissimi passi, ci è sembrato perfino che squittisse, vero?

R3 – Stavolta devo dar ragione al Pigàss; non c’è dubbio: squittiva.

R2 – Eravamo in presenza di una mutazione genetica, non so se ci siamo spiegati!

 D – E vi aspettate che io creda a questa storia?
Ci dovrei anche scrivere un articolo sopra?

R2 – Un momento, non abbiamo finito. È arrivato un tipo con l’ombrello; era sgangherato… l’ombrello dico.
La sua faccia non ci era del tutto nuova, eh Stalin? Ma non riuscivamo a dargli un nome e quando glielo abbiamo chiesto lui ha scosso la testa.
Gli abbiamo domandato se usava spesso questo tunnel.
«Sempre. Ci vengo prima di cena»

 D – No, sentite, stiamo perdendo tempo; mi dispiace proprio…

R3 – Ascolta! A quel tipo lì sembrava d’essere a Parigi coi suoi tanti “passages”.
Un po’ meno luminoso, ovviamente: non si può pretendere… ha detto che lo faceva per passione.
Che a tempo perso era un entomologo e studiava la fauna che viveva nel tunnel.
«Per esempio, se aguzzate la vista nel buio, in quell’angolo vedete Gaspare».
Io non vedevo niente, solo polvere e ragnatele.
«Gaspare è il ragno che da anni lavora qui.
Vi si è trasferito dal Convitto dove aveva bottega prima.
Sapete, è un compagno, è iscritto alla CNA»

 D – (ridendo) Questo almeno è politicamente corretto.

R2 – Se lo dici tu. Comunque il tipo ha continuato a elencare: «Poi ci sono i Naftalini, una famiglia di tarme che stanno divorando quello straccio pendente.
Per non parlare di Palmira e Palmiro, una coppia di vermi albini che abitano in quella cacca di cane e ispezionano gli interstizi…».

R3 – Capisci anche tu che la cosa si stava facendo allarmante…
(in quel mentre si aggrovigliano intorno all’ex-giornalista un levriero e un bulldog francese, tutti tirati nei loro cappottini Dolce-e-Gabbana e Burberry di seconda zampa)

R1 – Quello che arriva dopo un po’ era un ingegnere spilungone che a Desnòm sembra di incontrare ogni tanto in Santa Maria, o forse no.
Ormai si era fatto buio.
Gli ho domandato se era preoccupato quando entrava nel tunnel, e lui si è incazzato subito: «Guardate che questo è a tutti gli effetti un traforo.
Mette in comunicazione il mondo sopravvissuto alla delocalizzazione della Coop, con il Borgo Vecchio edificato nel millecento; e prosegue nella Galleria del Politeama che ha sostituito il vecchio cinema: connette luoghi e tempi diversissimi.
Vedete che si tratta di un traforo in piena regola, come il Sanbernardo e il Sempione.
Solo più breve, perché Correggio non è la Svizzera».

R2 – Io l’ho detto agli altri di non contraddirlo, non mi pareva saggio.
E allora abbiamo deviato sulla seconda domanda del questionario: perché non usate un altro passaggio? L’ingegnere ha risposto che davanti alla Posta ci si poteva trovare in balìa della Donnona Piegataindue, della Zingara dalle Cento Sottane e dello Sciancato Implorante, quelli che ad un certo punto si raddrizzano e sprintano per raggiungere la corriera.
«È meglio il traforo con tutti i suoi rischi»

R3 – A quel punto c’è stato come un trambusto lontano, come un rotolare di ferro che veniva dal fondo del Politeama, e l’ingegnere, tutto irrigidito, mi ha preso per il braccio trascinandoci verso l’uscita gridando: «Eccolo che arriva! Quel maledetto è sempre in orario. Correte!»

R1 – Abbiamo fatto appena in tempo ad uscire, come sospinti dal soffio umido e impetuoso che all’improvviso spazzava il Traforo del Borgo Vecchio…. e quell’orrendo rumore di ferraglia ci è passato vicino, sfiorandoci e lasciandoci intontiti

 D – Sentite, non vi sembra di esagerare? Davvero, sono assurdità.

R3 – Tu devi informare i Correggesi. In quel tunnel accadono troppe cose inquietanti.
È come se in paese ci fosse una zona franca, o, non so, un luogo che non è un luogo, dove la normalità è sospesa…  Resta il fatto che se questa realtà parallela penetra attraverso il traforo e dilaga in altre parti del paese…

R2 – Se occupa tutto Borgo Vecchio…

R1 – Se poi invade corso Mazzini…  nel bar entra Mohammed coi suoi fazzoletti di carta; la cosa strana è che quando Stalin gli allunga alcuni copechi, il magrebino gli mette in mano uno scontrino fiscale.

Uno scontrino usato, ma è già qualcosa di politicamente corretto).

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