In Italia, l’ictus cerebrale rappresenta la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, e rappresenta la principale causa di invalidità. Abbiamo chiesto al dott. Guido Bigliardi, neurologo correggese, di spiegarci meglio questa patologia, come prevenirla e riconoscerla.
L’ictus è una patologia prevalentemente dell’età anziana (65-84 anni), tuttavia gli ictus giovanili non sono purtroppo così rari.
Circa il 25% di tutti gli accidenti cerebrovascolari avvengono infatti in pazienti al di sotto dei 65 anni.
Circa l’80% degli ictus sono di tipo ischemico, causati cioè da occlusione di un vaso arterioso afferente al cervello; il restante 20% invece è di tipo emorragico (definiti anche emorragie cerebrali), nel qual caso si verifica la rottura del vaso arterioso con conseguente sanguinamento.
Diversi fattori aumentano il rischio di ictus, alcuni sono legati agli stili di vita e in quanto tali vengono definiti “modificabili”.
Parliamo dell’ipertensione arteriosa, delle aritmie cardiache, del diabete mellito non controllato, dell’obesità, del fumo di sigaretta, della dislipidemia, in particolare l’ipercolesterolemia.
Anche lo stile di vita sedentario e l’eccessivo consumo di alcolici rappresentano fattori di rischio cerebrovascolari da non sottovalutare.
L’ictus ha per definizione un esordio acuto con sintomi solitamente evidenti e impattanti.
In alcuni casi più rari tuttavia i sintomi possono essere più subdoli e quindi meno riconoscibili.
I sintomi ai quali prestare attenzione sono: la perdita di forza con conseguente difficoltà nei movimenti a carico di braccio o gamba o di entrambi in una parte del corpo; la deviazione della bocca con impossibilità o difficoltà di movimento della muscolatura di metà viso; la difficoltà a parlare, che può presentarsi come impossibilità a trovare le parole corrette, con conseguente eloquio non comprensibile, o difficoltà ad articolare le parole; l’intorpidimento e formicolio di una parte del corpo; la difficoltà a coordinare gli arti; la comparsa di vertigini intense con perdita di equilibrio; la visione ridotta in una metà del campo visivo.
Fino ad alcuni anni fa le possibilità di intervenire in acuto sul paziente colpito da ictus ischemico erano pressoché nulle.
Negli ultimi anni le terapie mediche e le procedure interventistiche sostenute dagli ottimi risultati di studi clinici internazionali hanno modificato l’approccio e il conseguente trattamento dell’ictus; pertanto diventa indispensabile il riconoscimento tempestivo dei sintomi e l’accesso immediato alle cure.
Il paziente che giunge nelle prime ore dall’insorgenza dell’ictus può infatti essere trattato con terapia trombolitica endovenosa (consistente nella somministrazione di un farmaco per via endovenosa che ha la funzione di sciogliere il trombo che occlude il vaso arterioso), o in alcuni casi selezionati con trombectomia meccanica endovascolare (una procedura complessa grazie alla quale si accede dall’interno dei vasi al sito d’occlusione per rimuovere meccanicamente il trombo) con la possibilità di un netto miglioramento o addirittura di una completa regressione dei sintomi.
Come ci insegna lo slogan “Time is brain” (il tempo è cervello), prima si giunge presso i centri specializzati in tali terapie dell’ictus acuto, maggiori sono le possibilità terapeutiche e quindi le possibilità di recupero funzionale.
E il cittadino ha un ruolo fondamentale nel risparmiare tempo e quindi guadagnare cervello.
Pertanto, al presentarsi dei sintomi, è essenziale riconoscere tempestivamente che ci si trova davanti a un ictus acuto, e chiamare immediatamente il 118, che interverrà nel più breve tempo possibile e seguendo i protocolli provinciali avvierà l’iter stabilito per la gestione del paziente con ictus.