In primavera si voterà per eleggere il prossimo sindaco di Correggio.
Nel momento in cui viene scritto questo articolo, ancora non si sa la data esatta delle elezioni, che dovrebbero tenersi tra i mesi di aprile e maggio.
Nel corso dei prossimi mesi, Primo Piano si occuperà di darvi tutti gli aggiornamenti e gli approfondimenti in merito a questo importante appuntamento, sul nostro giornale, sul sito e sui canali social. Tuttavia, prima di entrare nel vivo della questione e parlare di candidati, liste e programmi, abbiamo pensato di chiedere ad alcune stimate personalità correggesi cosa ne pensino dell’appuntamento elettorale e dei temi di cui hanno competenza. In questo articolo troverete tre brevi interviste che abbiamo realizzato a Claudio Ferrari, Fausto Nicolini e Arianna Tegani. Buona lettura!
Claudio Ferrari è stato sindaco di Correggio per dodici anni, dal 1992 al 2004.
È stato assessore provinciale, Presidente di Ferrovie Emilia Romagna,
Direttore Generale di Tper, AD di Aqua.
Come arriviamo a queste elezioni?
«Si arriva a questa scadenza elettorale dopo due comissariamenti in circa dieci anni. È evidente la delicatezza di due interruzioni traumatiche del mandato ricevuto dai cittadini. Uno a causa di un incidente di percorso, uno per scelta, in una fase politica contraddistinta dagli “esiti” della pandemia, e da una guerra alle porte di casa. Serve quindi la consapevolezza che si parte in salita. Ora più che mai, servirebbe uno sforzo per associare più forze nel governo locale. Nella formazione della lista e nella scelta del candidato Sindaco, si dovrebbe rendere visibile questo sforzo di apertura. Detto ciò, credo sia opportuno uscire dalla solita “nomenclatura” correggese».
Quali parti della società bisognerebbe coinvolgere?
«La parola d’ordine è apertura. A Correggio c’è da sempre una qualificata attività dell’associazionismo, delle professioni, del mondo dell’impresa. Sarebbe possibile, all’interno di queste categorie, individuare delle figure che si possano impegnare nel governo della città.
Da un punto di vista politico, bisogna continuare ad aprirsi a forze che si occupano di ambiente, che siano vicine alle nuove sensibilità, alle tematiche del mondo femminile e ai giovani».
Quali sono i temi che ritiene centrali?
«Una forza politica, sia nella dimensione nazionale che in quella locale, ha un futuro se serve ai cittadini, alle persone. Nello specifico, se serve alle esigenze, ai bisogni, alle necessità e persino alle urgenze della comunità correggese. I temi centrali sono strettamente legati alla conoscenza del territorio e delle sue specificità, ma ovviamente restano centrali le tematiche a carattere generale quali l’ambiente, riconversione ecologica, qualità dei servizi, scuola, sanità. La chiave interpretativa mi sembra questa: riuscire a costruire un nucleo di idee e di azioni che interpretino il sentimento diffuso della società correggese, e fare diventare questo il nostro mestiere».
Quali sono, secondo lei, tre caratteristiche di un buon sindaco?
«Serietà, capacità di ascolto, e visione. Ne aggiungerei una quarta, competenza».
Fausto Nicolini è medico pediatra e manager di sanità pubblica in pensione, docente in convenzione all’Università di Modena e Reggio Emilia.
Quali sono le sfide principali che la prossima Amministrazione dovrà affrontare in ambito sanitario?
«Dimostrare la sostenibilità e la rilevanza strategica del Sistema Sanitario Nazionale pubblico e universalistico, cardine del nostro welfare. Una sfida per tutto il sistema sociale, politico e istituzionale del Paese. Non si tratta solamente di ridefinire l’entità del finanziamento alla sanità, ma di riposizionarla al centro delle politiche socio-economiche. La pandemia ha mostrato come la salute e la sanità pubblica siano un bene comune, primario ed imprescindibile per un corretto ed efficiente funzionamento di una società civile. L’articolo 32 della Costituzione definisce la salute “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Il Sistema Sanitario Nazionale va certamente rinnovato, preservando tuttavia i principi etici che l’hanno reso uno dei migliori al mondo: universalismo, equità, accessibilità. Cittadini, Istituzioni e corpi intermedi devono vigilare contro quelle spinte che mirano a ripristinare in modo surrettizio un sistema assicurativo differenziato o, ancora peggio, introdurre una privatizzazione strisciante con elementi regolatori di mercato o “quasi mercato”».
Quali strategie si potranno mettere in atto per fare fronte a queste difficoltà?
«I Comuni collaborano alla programmazione ed alla gestione del sistema attraverso la Conferenza Territoriale Socio-Sanitaria, ambito istituzionale dove i diversi territori compartecipano allo sviluppo e al miglioramento dei servizi assieme ad Azienda sanitaria, Regione e Ministero. Le priorità note da anni si sono evidenziate all’opinione pubblica con la pandemia, e sono:
dapprima il riordino della rete ospedaliera con modelli innovativi, per ridurre sprechi ed inappropriatezze che consumano risorse senza generare valore alla qualità dell’assistenza; poi il potenziamento della prevenzione, delle cure primarie e della medicina di base, sfruttando anche le opportunità della sanità digitale e della telemedicina; e infine l’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale, dove i Comuni sono attori imprescindibili.
Da anni sostengo lo stretto legame tra sostenibilità del sistema ed appropriatezza clinico-assistenziale. Un obiettivo che dovrebbe essere comune a tutti gli stakeholders delle politiche per la salute, ma di difficile attuazione, perché gli interessi e i punti di vista sono numerosi, diversificati e, a volte, contrastanti».
Quali sono, secondo lei, tre caratteristiche di un buon sindaco?
«Il Sindaco è il primo civil servant della sua comunità. Deve avere capacità di ascolto, disposizione al gioco di squadra e passione da vendere, per motivare chi gli sta intorno.
Tre dimensioni della leadership, che non è solo autorevolezza ed attitudine decisionale ma anche etica della coerenza tra il dire e il fare».
Arianna Tegani ha insegnato storia e filosofia al Liceo Corso per tanti anni, da sempre impegnata per la formazione dei giovani e per la Memoria. Fa parte della commissione didattica di Gariwo, la foresta dei Giusti.
Quali sono i temi legati alla scuola su cui pensa che la prossima amministrazione dovrà investire?
«Sono in pensione da due anni, ma continuo a collaborare con le scuole e mantengo rapporti con docenti ed ex colleghi. Colgo un grande malessere negli insegnanti e negli studenti, acuito dai due anni di pandemia, dalla DAD e da una burocrazia sempre più soffocante. Però a scuola si vivono esperienze, incontri, momenti unici che non possono essere imprigionati in schemi rigidi e predefiniti. Al di là dei temi, è importante portare la “vita” nelle aule, è importante come si vive la scuola, un luogo unico e privilegiato per incontrarsi come persone, guardarsi in faccia, dedicarsi tempo ed energie per apprendere insieme, allargando i confini della propria individualità con “l’inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, il senso della complessità delle cose”, come diceva Norberto Bobbio. È come se adulti e ragazzi avessero bisogno di liberare energie buone, creative, di fiducia reciproca. Proporrei incontri formativi per i docenti: non solo lezioni ma laboratori ed occasioni di confronto. Per gli studenti, opportunità di protagonismo su temi urgenti: le sfide del cambiamento climatico, la partecipazione civile e sociale (incontrando ragazzi impegnati in questo che possono offrire spunti di partecipazione attiva), la progettualità sul loro futuro lavorativo».
Gli studenti di oggi sono i cittadini di domani.
Quale idea di città e di comunità dovremmo trasmettere loro?
«Come ha sottolineato anche Zagrebelsky nel suo ultimo saggio “La lezione”, come insegnanti non dobbiamo dimenticare che la classe può essere un piccolo ambiente democratico o un “ambiente violento di umiliazioni e fanatismo” perché “la costruzione di una classe è un’immagine della società che vogliamo costruire”: può essere competitiva e violenta oppure ugualitaria, solidale, cooperativa; sta a noi indirizzarla. In classe promuoviamo “meritocrazia o solidarietà? Vocazione al successo egoistico o alla crescita comune?” Al termine del ciclo di studi quale studente e cittadino vorremmo aver formato: “il disciplinato o il creativo, il represso o il liberato, l’attivo o il passivo, l’egoista o l’altruista, il dominante o il sottomesso?”. Siamo responsabili della scelta».
Quali sono, secondo lei, tre caratteristiche di un buon sindaco?
«L’ascolto intelligente delle persone del territorio, intercettando attese, bisogni, necessità, facendosi carico della realtà concreta.
La capacità di far “fermentare” le risorse (umane, civili, economiche) per trovare insieme soluzioni e progetti: è necessario ricostruire la trama dello stare insieme. Tener d’occhio un orizzonte alto, ideale, valoriale che motivi e sostenga le difficoltà e le speranze per un bene comune condiviso».