Il signore delle mosche

Maurizio Manicardi: la pesca della trota parte dalla creazione dell’esca perfetta

Ne esistono di galleggianti, di emergenti, di ninfe piombate. Poi, dopo essere state agganciate al terminale della “coda di topo” di una canna buona, con movimenti flessuosi da ginnasta il nostro personaggio le lancia in acqua con leggiadria. Non con cattiveria, per affogarle; ma perché svolgano il compito per le quali sono state create: stanare la trota e invitarla all’assaggio e alla ferrata.

Niente paura, non stiamo parlando di un essere vivente, ma della “mosca artificiale”, oggetto indispensabile per il nostro esperto pescatore, che le costruisce egli stesso, ad imitazione perfetta degli insetti veri di cui sono golosissime le sue ambite e bramate trote.

Il laboratorio di assemblaggio delle mosche sembra l’antro di un mago delle favole: orecchie di lepre, code di fagiano, peli di foca, palline di tungsteno, fili di tutti colori, ami con e senza ardiglione. Tutto quanto contribuisce a creare la mosca. Il creatore di questi piccoli simulacri di insetto non è un pericoloso killer di pesci, anzi, tutt’altro. Lui gareggia solamente in astuzia con la sua amica-nemica trota per poterla catturare con un amo piccolissimo, senza ardiglione, che causa solo una minima puntura al labbro della trota. Poi la guarda, semmai si fa un selfie con lei, e dopo pochissimi secondi la rilascia.

Mi pare sia giunto il momento di rivelare l’identità del pescatore, reduce da una recente battuta di pesca in Bosnia, capo compagnia di un gruppo di amici che si dilettano in questa passione di “pesca con la mosca”. Maurizio Manicardi da Correggio, che assieme ad altri amici, tra cui Tiziano, Paolo, Mario, Gino compongono la compagnia dei “signori delle mosche” per il sarcasmo dei non addetti ai lavori. Il titolo del celebre libro di William Golding calza a pennello, c’è da ammetterlo, anche se l’opera trattava di tutt’altro argomento. Per non parlare poi dell’ironia che si scatena se ad un certo momento viene menzionata la poco nota “trota dalle labbra morbide”: si tratta di un pesce veramente esistente col nome scientifico di salmo obtusirostris. Il che non la esenta dall’essere oggetto di allusioni pruriginose da parte dei profani in materia.

Maurizio è uomo di poche parole e di molti fatti per quel che riguarda la pesca, perciò fatichiamo non poco a farlo parlare. Ma alla fine ci dice:

«La pesca alla trota con la mosca è bellissima; va fatta nel massimo rispetto del pesce, dell’ambiente,
e delle regole; ci si muove nella natura; si ha modo di pensare, di rilassarsi da qualsiasi stress, mentre immersi nell’ acqua fino alla cintola avanzi lentamente cercando di capire dove si nasconde la preda. Quindi si fa anche movimento fisico, si usa il cervello perché è una sfida di astuzie tra preda e predatore. Insomma è una attività completa che consiglio a tutti giovani e non, ed io che non sono più tanto giovane vi dico che mi emoziono ancora tutte le volte che ferro una trota. Se poi ho anche la fortuna di imbattermi in una salmo obtusirostris, la famosa “trota dalle labbra morbide” è rara, ma vi garantisco che esiste e che si pesca soprattutto nella ex Jugoslavia, (ecco uno dei motivi della mia preferenza per i fiumi di quella nazione). Non esagero ammettendo che la “goduria” in caso di cattura di tale rarità raggiunge vette sublimi… e la fama tra i pescatori è garantita in perpetuo!».

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