Il Re è un po’ nudo

La crisi del Parmigiano-Reggiano vista da alcuni protagonisti

Che il Parmigiano-Reggiano aiuti a stare in forma, lo si dice da tempo.

Alessandra ne è la prova vivente.
Vent’anni, studentessa al secondo anno in Scienze Zootecniche, facoltà di Veterinaria di Parma, Alessandra Menozzi divide il suo giovane talento tra lo studio e il lavoro, nell’ azienda agricola del padre Mauro, a Budrio. Campus dell’Università, campo del papà.
Per lei il software del PC per l’alimentazione delle vacche, i tempi delle fecondazioni e dei parti in stalla, così come le leve del trattore che muovono bracci e braccetti, non hanno segreti. Aggiungiamo il volontariato in parrocchia, per chiudere il cerchio del suo multitasking quotidiano. «Basta sapersi organizzare e fare le cose con passione» mi dice. E la stalla, l’allevamento, sono una bella e grande passione per lei. «Vedo lì il mio futuro professionale e penso che questo straordinario patrimonio zootecnico e professionale debba essere salvaguardato e valorizzato, non solo a parole, ma con dei fatti concreti» aggiunge.

 

Veniamo ai fatti, allora. Intanto l’antefatto: il sistema del Parmigiano-Reggiano sta vivendo una crisi molto seria. Il re dei formaggi, vanto della tradizione zootecnica e professionale della nostra terra, non è per niente in forma. Il suo trono vacilla. Il prezzo alla latteria oscilla tra i 7,40 e i 7,90 € al kg e non ripaga i costi di produzione. Crollando la redditività, le stalle chiudono. Le poche rimaste fanno miracoli, per non finire in bancarotta. E le più a rischio sono proprio quelle che più hanno investito per ammodernarsi, guardando a quel futuro in cui crede Alessandra. Allarme rosso, dunque.

Ma come salvare questo prezioso agro-tesoro, oggi così sofferente?

 

Marco Albarelli, consigliere comunale con delega all’agricoltura, ne ha parlato in Consiglio Comunale, presentando una relazione molto preoccupata sullo stato del comparto e facendo approvare un ordine del giorno che richiama gli impegni di tutti i protagonisti di questa complessa filiera produttiva.

«Il problema dei problemi è che l’organizzazione commerciale del comparto del Parmigiano è rimasta quella di sempre. Nonostante i processi di aggregazione, sempre molto lenti e faticosi, le latterie in tutto il comprensorio della DOP sono rimaste 350 e ognuna vende il formaggio ancora per conto suo. Mentre dall’altro versante i grossisti che fanno il prezzo sono quattro o cinque. E infine c’è la grande distribuzione organizzata che con le sue promozioni tira giù il prezzo. Quando poi la domanda di consumo scende un po’, scatta la guerra al ribasso tra i caseifici e questa dinamica suicida dà il colpo di grazia alle quotazioni» ecco quanto dice Marco Albarelli.

 

Lelio Gianotti è titolare, con il figlio Giorgio, di un’azienda agricola con stalla a Lemizzone ed è il presidente della Latteria “La Famigliare” di San Prospero, dove sia lui che il già citato Mauro Menozzi conferiscono in toto il loro latte.

«Da più di mezzo secolo fare latte è il mio mestiere. Da sempre ci sono alti e bassi. L’andamento ciclico è una costante storica, purtroppo. Bisogna far tesoro delle lezioni del passato e adeguarsi alla legge della domanda e dell’offerta, riducendo la produzione quando c’è troppo prodotto sul mercato. Purtroppo il piano di riduzione produttiva deciso dal Consorzio, cui la nostra latteria ha aderito, non ha avuto la maggioranza dei caseifici a sostegno. In troppi si tirano indietro quando è il momento della responsabilità. Inutile prendersela con gli altri. Ci sono latterie cooperative che comprano la gran parte del latte sul mercato, invece di affidarsi al conferimento dei soci come regola di fondo. E questo provoca fratture nella compattezza della filiera. Poi si è un po’ ecceduto con la percentuale di materia grassa, avvicinando il Parmigiano Reggiano al Grana Padano nella percezione del consumatore e perdendo in distintività» ecco in sintesi quanto mi dice.

 

La prima cosa, insomma, è distinguersi nel fare le cose per bene, mantenendo le virtù di una tradizione artigianale invidiabile. È la rotta che si segue qui alla Famigliare. Seduto a fianco del presidente, il casaro, Graziano Subazzoli, mi dettaglia davanti al suo notebook i connotati tecnici del loro gioiello caseario, con qualità rigorosamente monitorate. E sua moglie, la signora Lorella, conferma i dati positivi della vendita diretta al dettaglio, nei quattro loro negozi, che garantisce un flusso di risorse che aiuta molto.

Ma ciò, naturalmente, non basta.

«Più controlli: ecco quello che chiediamo al Consorzio di tutela, in modo da premiare chi lavora seriamente e da penalizzare chi non lo fa» è quello su cui insistono sia il presidente che il casaro.

Poi c’è il tema dell’estero: solo il 33% del nostro formaggio va oltre confine.

Marco Albarelli è, di professione, un giovane viticoltore.  E pensa a quanto sui mercati esteri ha saputo fare la filiera del vino, che ben conosce, superando confini e campanili. «Non possiamo rassegnarci a questa quota di export. Il mondo è largo, ma bisogna conquistarlo con strumenti adeguati» aggiunge, citandomi, come cosa da non ripetere, l’esempio della società creata dal Consorzio per la vendita all’estero, che ha prodotto soprattutto debiti. «Il Ministro dell’agricoltura Maurizio Martina ha assicurato, l’ho sentito io di recente con le mie orecchie, che se costruiamo progetti seri per aggredire nuovi mercati e organizzare meglio l’offerta, i soldi ci sono! Avanti dunque, ma basta improvvisazioni» è il suo appello.

Gianotti, vista la sua lunga esperienza, qual è la sua ricetta per uscirne? Chiedo.

«À gl’ésa!» risponde di getto in dialetto (tradotto: ce l’avessi!). Come non capirlo! Non è semplice trovare la quadra, o meglio, le quadre.

Purché non ce ne stiamo con le mani in mano. Il re dei formaggi è un po’ nudo. E sarebbe un peccato che, per i peccati della sua corte, in un domani non lontano, la nostra Alessandra, dovesse raccontare ai suoi pargoletti: «c’era una volta un re… e adesso non c’è più».

 

 

Correggio e il Parmigiano

Nel Comune di Correggio sono presenti due latterie sociali: La Famigliare di San Prospero e la Nuova Mandrio di Mandrio.

Nel nostro Comune si producono circa 224.000 quintali di latte, in 28 aziende agricole zootecniche pari a 41.500 forme di Parmigiano-Reggiano all’anno.

Nell’intero comprensorio del DOP, che comprende le province di Parma, Reggio, Modena e parte di quelle di Bologna e Mantova, la filiera del Parmigiano-

Reggiano è così costituita:

3.400 allevatori

17,8 milioni di quintali di latte prodotto e destinato alla trasformazione

350 caseifici (di cui 240 cooperativi e di cui 102 in provincia di Reggio)

3,3 milioni di forme prodotte all’anno equivalenti a 132.000 tonnellate di formaggio

Valore stimato della produzione: 1 miliardo di €

Addetti: circa 50.000

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