Il racconto di appendice La Castradora/ seconda parte

La storia de La Castradora segue dal numero di luglio.
Riassunto: un ricercatore del Ce.Do.St.Or.Co (Centro di Documentazione della Storia Orale di Correggio) raccoglie la testimonianza di Agenore Pizzetti, vecchio vicesegretario della sezione del PCI su una misteriosa compagna femminista, Mafalda Pirondini, conosciuta durante le serate di preparazione dei cappelletti per le festa de l’Unità.

R – Adesso ci arriviamo, se hai un attimino di pazienza ci arriviamo…

D – Certo, certo…

R – Torniamo ai cappelletti se no non si capisce il contesto.
Poi arrivava il sale che serviva anche per il brodo e che veniva dalla cooperativa dei salinatori di Cervia, ma era solo un furgone, poca cosa.
Poi la noce moscata, che ce la forniva il PSI della Costa d’Avorio e dovevamo grattugiarla con il bindello perché era così dura che le le grattugie nostrane non le facevano nemmeno il solletico.
Poi il pepe, che lo prendevamo già macinato all’origine e veniva da Cuba in barba all’embargo che dovevano portarlo fuori di notte dentro a delle matrioske fornite dai compagni russi, così quando arrivava alla festa dell’Unità di Correggio dovevamo aprire le matrioske e tutti starnutivano perché ovviamente era pepe molto potente quello dei socialisti cubani…

D – Anche la Mafalda starnutiva? Perché allora i comunisti una qualche allergia ce l’avevano!

R – Cosa vuoi che sappia se starnutiva, io organizzavo la festa dell’Unità, non avevo tempo per le allergie.
Ma adesso viene il bello. Mentre tutta questa roba dopo essere stata tritata dalle mani che sembravano tenaglie delle resdore stufava insieme al vino rosso, che era lambrusco comprato sfuso alla cantina sociale del Gallo (che non si sa se era il Gallo per l’etichetta sulle bottiglie o perché l’enologo era un fanfarone) mentre il tutto stufava in pentoloni presi a prestito dalle Fonderie Reggiane, le compagne dell’UDI preparavano la pasta. 

Tu sai cosa vuol dire rompere diciottomila uova? No, no fammi dire. 

Le galline del paese dopo la festa dell’Unità andavano in ferie per due mesi perché erano esaurite e con il culo dolorante per lo sforzo straordinario che avevano dovuto sostenere. 

Tu sai cosa vuol dire tirare una sfoglia con diciottomila uova? Ci vogliono dei muscoli che le resdore di una volta ci mettevano tutta la vita a farsi venire; fin da piccole le mamme le preparavano e le crescevano perchè da grandi…

D – Adesso però veniamo alla Pirondini, la prego.

R – Ci arrivo. Tirata la pasta bisognava tagliarla in quadrati di 4,3 cm per 4,3 cm. Allora la sezione si dotò di uno strumento all’avanguardia, veniva addirittura dalla DDR al di là dalla cortina di ferro, non so se avete presente, progettato da un ingegnere minerario dell’est (ci eravamo all’uopo gemellati con la città tedescorientale di Grznjsky che nessuno aveva mai sentito nominare ma Gallingani assicurava che erano tutti compagni) era un pantografo su ruote che attraverso un sistema di lame tagliava la sfoglia longitudinalmente e…

D – E qui entrava in scena la Mafalda…

R – Esatto. C’erano i capponi da preparare per il brodo. Tagliare i fasòo, cioè i testicoli, a millecinquecento polli è una strage. Tra l’altro è un’operazione complicata, fatta a mano, si infilano due dita e si strappano…

D – Mi sta dicendo che la Pirondini Mafalda, stimata segretaria dell’UDI, compagna del compagno onorevole Magnani, aveva nella vostra sezione il compito di evirare i pollastri?

R – Beh, fare la castradora era un compito duro, da compagni fidati, che solo la Pivèta era capace di reggere a quei ritmi. 

Millecinquecento polli evirati in tredici giorni e sei ore era un record che una nibelunga della germania dell’est cercò inutilmente di avvicinare (sapete, i nostri scambi internazionali: avevamo ottenuto il pantografo insegnando in cambio la tecnica della Pivèta a fare i capponi, così di là della cortina potevano migliorare il loro brodo che fino ad allora era di verza e patate) ma quella compagna nibelunga si sospettava che prendesse degli estrogeni per poter competere con la Pivèta e così ci fu una grave crisi nel nostro gemellaggio con la città di Grznjsky.
Ma questo non c’entra, lo dico io prima che lo dica tu.
La campagna di fasòo cominciava a marzo, la Pivèta girava per i pollai e… zac!
Quando le galline la vedevano arrivare nascondevano i pulcini sotto la paglia o li truccavano da femmine. Come se arrivasse la Ghestapo.

D – Ma è sicuro che questa Pivèta fosse…?

R – La Pivèta? No. Mi sembra improbabile. Tu cosa dici?

D – Ma insomma, cosa si ricorda della compagna Mafalda?

R – Ah sì, la Mafalda. Non so, io organizzavo la festa, bisognerebbe chiedere al povero Gallingani…

(trascrizione non rivista dall’intervistato)

Condividi:

Rubriche

Scroll to Top