Il noce, pianta nobile e versatile

Nel correggese è molto probabile trovare un albero di noce in ogni casa dotata di un piccolo fazzoletto di terreno.
Il Noce nostrano, Juglans regia, è una pianta tipica della pianura e della prima collina. È sempre stata considerata una pianta importante dai nostri avi: imponente e maestosa, è capace di raggiungere altezze di oltre venti metri, circonferenze di due metri ed il massimo della sua espressione produttiva fra i trentacinque ed i settant’anni di età. Per la sua longevità, alla nascita di un bimbo veniva posta a dimora una pianta di noce come buon auspicio: nelle nostre zone è considerata nobile non tanto per i suoi frutti ma soprattutto per il valore del suo legname. Di fatto piantare un noce alla nascita di un figlio significava costituire una dote al nascituro, una sorta di conto in banca. Nel correggese non sono rare realtà nelle quali, già da decenni, sono stati realizzati noceti proprio per la produzione di legno. Il suo valore, tuttavia, è molto altalenante e dipende sostanzialmente da tre fattori, fra loro concatenati: il mercato del legno massiccio, la qualità del prodotto ed il lungo periodo che passa dalla messa a dimora della pianta al giorno del suo abbattimento. Oggi al legno massiccio viene attribuito un valore di gran lunga inferiore al passato, ma va anche detto che il valore di un tronco di noce è sempre dipeso dalla sua perfezione, vale a dire linearità, altezza, assenza di danneggiamenti da scosciature di rami o danneggiamenti da patogeni in fase giovanile della pianta, come per esempio i “rodilegno”. Fattori che devono fare i conti con un periodo minimo di trenta o quarant’anni ed è per questo che, nonostante il legno di noce sia ancora riconosciuto di gran pregio, il valore medio finale degli alberi nel nostro territorio è tale da non incentivarne la coltivazione. Ancor meno rilevante nel nostro territorio è la produzione di noci, visto che le piante non vengono mai poste a dimora per scopi produttivi (anche se negli ultimi anni, con la complicità dei cambiamenti climatici, qualcuno ci sta pensando). In tutta la provincia di Reggio sono coltivati trentaquattro ettari di noce, il 2,8% della superficie coltivata in Emilia Romagna, che producendo 1.250 quintali di frutti rappresentano il 4,2% della produzione regionale: ovviamente questo dato non contempla le piante singole, ma solo le coltivazioni cosiddette intensive. I frutti maturi vengono comunque raccolti, almeno in parte, ma senza pretese di risultato, poiché questi non vengono curati come invece accade nei territori dove la coltura è tipica. Da noi in genere si prende quel che viene, tanto che non vengono quasi mai svolti i trattamenti di difesa fitosanitaria: la presenza del classico verme, lo stesso della mela, è molto frequente. Il frutto del noce è una drupa, simile ad un’albicocca, costituito da un esocarpo, la parte esterna al seme (che, al contrario dell’albicocca, non è la parte più pregiata), e dall’endocarpo, la noce vera e propria, costituito da un guscio composto da due valve che contengono il prelibato gheriglio. I frutti maturi cadono a settembre-ottobre spogliandosi del mallo che, nel correggese, è forse la parte della drupa alla quale viene riservato maggiore interesse. Nel mese di giugno le noci non ancora mature, formatesi dopo la fioritura di aprile-maggio, vengono utilizzate per la produzione del digestivo più tipico delle nostre zone: il nocino. A questo proposito esistono un’infinità di ricette e procedimenti di produzione di questo liquore, immancabile sulle nostre tavole a fine pasto. La tradizione fissa tassativamente la raccolta per il 24 giugno, il giorno di San Giovanni: oggi sappiamo che questa è una leggenda, visto che l’evoluzione della maturazione dei frutti segue l’andamento stagionale e soprattutto le temperature.

 

Ma il nocino tiene il suo Gran Palio

Quest’anno a Correggio si è svolta la prima edizione del Gran Palio del Nocino, una sorta di gara fra i produttori di nocino tradizionale organizzata dal Circolo ANSPI di San Martino piccolo per espressa volontà del suo Presidente, Andrea Folloni. «Un’idea – puntualizza Folloni – che è nata da alcuni dei trenta partecipanti ad un corso formativo sul nocino tenuto dalla sommelier professionista Laura Zini a fine 2021. In quel percorso si è creato interesse, curiosità e passione per un prodotto presente nelle case di tante famiglie correggesi, soprattutto nelle nostre campagne, che rappresenta per molti un appuntamento fisso del fine pasto». Il passo potrebbe sembrare breve dal corso di degustazione al concorso, ma non è così. Esiste una serie di complessi aspetti organizzativi, a partire dalla divulgazione dell’iniziativa fino ad arrivare alla raccolta dei campioni da sottoporre alla commissione di degustazione. Questa, pur con la consapevolezza che la piacevolezza di un nocino è soggettiva, ha operato una classificazione applicando dei parametri tecnici di giudizio e confronto che hanno prodotto la classifica finale, presentata ufficialmente l’11 maggio scorso nella serata delle premiazioni svoltasi nei locali del circolo. «Per la realizzazione della classifica finale – specifica l’organizzatore del Palio – è stata utilizzata una scheda di valutazione che tiene conto di nove parametri diversi, che interessano gli aspetti visivi, olfattivi e gustativi. Il lavoro di degustazione è stato svolto da due commissioni tecniche, che si sono riunite ben cinque volte per le valutazioni. I confronti sono sempre fatti con un nocino di riferimento scelto dagli organizzatori come prodotto di altissimo livello, con espressioni massime nei tre parametri di valutazione». Folloni si ritiene molto soddisfatto del debutto dell’iniziativa: sono stati presentati quasi sessanta campioni provenienti da produttori locali della nostra pianura, collocabili in un ipotetico raggio di quindici chilometri. L’area di provenienza molto circoscritta garantisce ricette più omogenee e quindi più facili da confrontare.. «L’iniziativa verrà senz’altro replicata il prossimo anno – puntualizza Folloni – cercando anche di consolidare il numero di campioni di nocino conferito e di suscitare sempre tanto interesse. Queste tradizioni devono essere sempre riproposte ed interpretate come qualcosa di grande attualità, da diffondere anche alle giovani generazioni».

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