Regia Roberto Valerio
Teatro Asioli
lunedì 12 gennaio 2015
«…ma questo protagonista della storia, questo Leone Gala, che dice di aver capito il gioco, questo famigerato “Gioco della vita” lo aveva poi veramente capito?»
Umberto Orsini
Mi aspetto grandi emozioni dallo spettacolo, perché il testo e una rilettura di un’opera di Luigi Pirandello, autore che apprezzo per la capacita di scandagliare le lacerazioni presenti nell’interiorità dell’animo umano, e Umberto Orsini, arrivato al traguardo dei sessant’anni di teatro, “giuoca” la parte del protagonista.
All’apertura del sipario la scenografia mi inquieta: alte pareti bianche simili a griglie e un letto di metallo posto al centro della scena evocano una stanza di ospedale, o di una prigione.
Diventa presto chiaro che nemmeno il protagonista, Leone Gala, si sente a proprio agio rinchiuso tra quelle mura, seduto su di una sedia a rotelle e, soprattutto, schiavo di una costrizione psicologica ancora più che fisica.
Egli, infatti, si trova a rivivere continuamente il giorno nel quale la moglie Silia si presenta nel suo appartamento raccontando di essere stata oltraggiata da signori ubriachi e pretendendo che lui, in quanto marito, la difenda sfidando a duello uno dei molestatori.
Leone, che apparentemente accetta di fare ciò che gli viene chiesto, in realtà spinge l’amante della moglie a combattere un duello nel quale trova la morte.
Leone sopravvive agli eventi, ma Silia e Guido si ripresentano per ricondurlo allo stesso medesimo giorno nel quale egli continua a decidere che direzione dare alla propria vita rifiutandosi di impersonare il ruolo di marito che vorrebbe imporgli la moglie.
È proprio attraverso le pareti bianche sulle quali si è aperta la scena che i pensieri/personaggi si insinuano sul palcoscenico e nella mente/giornata del protagonista.
Quelle mura, infatti, non sono costruzioni immobili, ma fragili impalcature, e non fanno che scivolare l’una sull’altra schiudendo imprevisti passaggi.
Mi domando: è a causa della libertà che il protagonista si perde nei confronti di un destino che altri vorrebbero scrivere a modo loro, se egli si ritrova, inquieto e senza pace, beffardamente costretto a vivere e rivivere lo stesso momento?
E quelle mura in perenne movimento simboleggiano forse i limiti incerti tra chi è, chi vorrebbe essere, e chi gli altri vorrebbero che fosse? Durante la visione una frase, che l’autore siciliano fa dire al Vitangelo Moscarda di Uno Nessuno Centomila, mi risuona nella mente:
«Che per noi non sia vero, gli altri se ne ridono. È vero per loro.
Tanto vero, che può anche capitare che gli altri, se non vi tenete forte alla realtà che per vostro conto vi siete data, possono indurvi a riconoscere che più vera della vostra stessa realtà è quella che vi danno loro».
A fine spettacolo io applaudo ad un formidabile Leone Gala che ha combattuto una estenuante battaglia contro coloro che tentavano di imporgli una realtà più forte di quella che lui stesso si è data.
Due domande a… Sara Rasori responsabile per ERT del Teatro Asioli
Nei cartelloni teatrali è spesso presente una rappresentazione tratta da un’opera di Pirandello.
Credi ci sia un motivo particolare per il quale i registi continuano ad apprezzare i suoi testi?
Al di là del fatto che Pirandello è un autore ormai entrato tra i classici, studiato a scuola e noto a tutto il pubblico e quindi in grado di attrarlo, probabilmente, a livello di regia, sulla scelta dei suoi testi influisce anche il fatto che, non essendo questi più soggetti al diritto di autore, offrono la possibilità di fare adattamenti e riletture.
Delle rappresentazioni basate sulle opere di Pirandello che sono andate in scena all’Asioli, quale è quella che ti è piaciuta di più?
Beh, forse proprio questa de Il giuoco delle parti.
Penso che il lavoro fatto sul testo l’abbia reso più fruibile.
La storia scivola via e questo contribuisce a renderla più vicina al pubblico.
Inoltre, l’elevata qualità attoriale degli interpreti ha appassionato gli spettatori con un finale di rara intensità emotiva interpretato dal grande maestro Orsini.