Il futuro della finanza alla luce della pandemia

Fausto artoni: ma la vera sfida sono le politiche fiscali

Economia reale e piazze finanziarie non sincronizzate. Così il coronavirus ha fatto precipitare il mondo intero in una crisi generalizzata: dopo quella sanitaria anche quella economica non ha tardato a nascere. Da una parte c’è il mercato del lavoro, le esportazioni e il PIL che faticano a riprendersi e dall’altro le principali piazze finanziarie che, dopo un vero e proprio terremoto, sembrano aver recuperato il terreno perso.

Come spiegare questa divergenza? Ne abbiamo parlato con il dott. Fausto Artoni che, dopo varie esperienze in importanti istituti finanziari e venti anni passati nel gruppo Azimut con incarichi dirigenziali, è stato tra i fondatori, nel 2018, di IMPact sim, in cui ricopre il ruolo di Presidente del Consiglio di Amministrazione.

IMPact è una società di gestioni patrimoniali e di fondi comuni di investimento, sia direttamente che in delega per case terze tra cui Azimut e Banca Generali. Le masse in gestione diretta e in delega superano i 3,5 miliardi di euro. Di recente è stata creata la IMPact Foundation, alla quale vengono conferiti per statuto il 50% degli utili d’esercizio.
Il dott. Fausto Artoni è originario di Boretto, lavora a Milano ma da molti anni frequenta Correggio, dove ha molti amici e ne apprezza la qualità della vita materiale e culturale.

Fausto, dopo l’esplosione della pandemia da Covid i mercati finanziari hanno visto un crollo rapido e forte. Gli operatori finanziari sono stati spiazzati? Perché?
«I motivi del crollo sono giustificati dall’improvviso blocco delle attività economiche globali. Dal 20 febbraio al 15 marzo abbiamo visto la più veloce e forte caduta di sempre delle principali borse mondiali. In quei pochi giorni l’indice S&P americano ha perso il 35%, il Nasdaq il 30% e la borsa italiana il 45%. La vera sorpresa è stato il rimbalzo dei mesi successivi. A fine agosto, da quei minimi, l’indice Nasdaq (dominato dal settore tecnologico) è salito del 70% toccando i nuovi massimi assoluti, toccati anche dall’indice S&P (che rappresenta l’economia americana) che dai minimi è rimbalzato di oltre il 50%. La borsa italiana, come le altre borse europee, è rimbalzata dai minimi recuperando però solo la metà delle perdite precedenti.
La volatilità (che misura i rischi dei mercati) è stata estrema. Il forte rimbalzo dei mercati è dovuto al fatto che la ripresa dell’attività produttiva è stata molto più rapida del previsto. I settori ancora in forte sofferenza sono quelli legati alla mobilità e al turismo. La vera incognita che indicherà il futuro prossimo dei mercati è legata ai consumi dei privati, che stanno crescendo ma meno della ripresa delle attività produttive».

 

Oro, petrolio, beni rifugio, borse, obbligazioni: facciamo un breve panorama?
«In questo periodo l’oro ha toccato i nuovi massimi: in periodi di incertezza spesso si rivela il bene rifugio per eccellenza. I tassi vicini allo 0% rendono le obbligazioni poco interessanti (ad eccezione di quelle più rischiose). Sul petrolio siamo prudenti: quasi tutto il mondo si sta orientando verso un contesto più “green” e con un controllo delle emissioni sempre più forte. I consumi sono destinati a ridursi strutturalmente. Le azioni sono interessanti, ma occorre distinguere: alcuni settori come la tecnologia e il settore biotech hanno raggiunto valutazioni da bolla finanziaria vera.
Altri, invece, esprimono valutazioni e dividendi estremamente interessanti. Un piccolo esempio: Tesla, che produce meno di 500.000 auto elettriche all’anno, capitalizza circa 350 miliardi di euro (quasi 1 milione per auto prodotta!). Il gruppo Volkswagen, che produce circa 11 milioni di auto, in borsa vale 75 miliardi di euro, ed il rapporto prezzo/utili è 15 contro un 220 di Tesla. Nel mercato azionario troviamo anche dividendi molto interessanti, con attività sottostanti relativamente stabili e visibili. In Italia, per esempio, Enel, Snam Rete Gas, Terna, Italgas hanno tutte rendimenti del dividendo superiore al 4%».

 

Una strategia finanziaria globale per uscire dalla crisi è possibile, oppure i sovranismi nazionali lo impediranno?
«Le banche centrali (Federal Reserve e Banca Centrale Europea) hanno svolto il loro compito: tassi di interesse molto bassi e liquidità abbondante. La vera sfida sono le politiche fiscali dei governi: riforme strutturali, investimenti in infrastrutture, digitalizzazione, economia verde e sostenibile. In Europa il Recovery Plan è una novità assoluta e promettente: mette a disposizione cifre enormi (per l’Italia oltre 200 miliardi di euro) per rilanciare le economie, parte a fondo perduto e parte con debiti a tassi zero per lungo termine.
Per finanziare in parte questi interventi il Consiglio Europeo emetterà obbligazioni: sarà la prima emissione di debito pubblico europeo ed è davvero rivoluzionario. Ora toccherà ai governi dei singoli Paesi membri evitare di disperdere questo patrimonio: evitare l’assistenzialismo a pioggia e investire sul futuro. Distinguere sempre, come di recente ci ha suggerito Mario Draghi, il debito buono (investimenti) da quello cattivo (assistenzialismo e mance elettorali)».

 

Che riflessione strategica si impone al mondo finanziario? Non si è troppo staccato dai bisogni dell’economia reale? Come ritornare ad una finanza meno speculativa e più vicina a chi rischia capitali per far crescere l’occupazione e il bene comune?
«Credo che in situazioni come questa ognuno debba fare la sua parte. La finanza è vicina all’economia reale se investe nelle imprese e ne agevola l’accesso ai mercati finanziari.
Questo è il lavoro che ho sempre fatto. Ora stiamo andando verso una nuova frontiera: alle aziende nelle quali investiamo chiediamo non più solo una attenzione totale agli “shareholders” (gli azionisti), ma vogliamo informazioni del rapporto con gli “stakeholders”. Questi ultimi sono il mondo che gravita intorno ad una azienda: i dipendenti, le comunità locali, l’attenzione alla sostenibilità, una governance aziendale sana».

 

Warren Buffet dice che il peggio sui mercati deve ancora avvenire. La pensi così anche tu?
«Ho troppo rispetto per Warren Buffett per pensare di contraddirlo: d’altronde il mercato americano è sui massimi storici e dai minimi del 2008 il suo valore è triplicato…».

 

Si legge di un recupero dei social bond, legati a progetti di sviluppo di valore sociale. Un segno della rivalutazione della finanza sostenibile? Il ruolo della finanza etica e degli investimenti green sta assumendo un’importanza sempre più rilevante nelle scelte degli operatori?
«Credo che etica e sostenibilità siano gli argomenti dei prossimi decenni, sia per la finanza che per chiunque faccia impresa. C’è un altro concetto che deve emergere sempre più chiaramente ed è quello della condivisione: occorre essere coscienti che tutte le attività devono avere come obiettivo, oltre la ricerca del profitto per garantire crescita e lavoro, la possibilità di “restituire” parte del valore creato agli “stakeholders”: dipendenti, comunità locali, progetti per il terzo settore.
Poco fa avete citato Warren Buffett: da tempo ha annunciato che oltre il 90% della sua enorme ricchezza sarà destinato ad attività filantropiche. IMPact SpA, la società di gestione che ho creato due anni fa, ha nello statuto un vincolo molto forte: la metà dell’utile netto è destinato ad attività filantropiche in materia di ricerca scientifica, lavoro giovanile e aiuto al terzo settore. Tutti interventi dove cerchiamo di misurare l’impatto che andiamo a creare».

 

Il risparmiatore, con i tassi negativi perduranti, deve rimettere i liquidi sotto il materasso?
«È fondamentale che il risparmiatore abbia conoscenza di quello che compra. Con i tassi a zero non conviene tenere troppa liquidità. Come dicevo prima, le azioni possono dare valore aggiunto. Diverse realtà hanno buoni dividendi, buona governance aziendale e buoni modelli di business.
Il consiglio che mi sento di dare è essere coscienti di cosa si compra e non rincorrere le mode. E dare valore al tempo: un buon investimento si riconosce nel medio termine. Non farsi prendere dal panico quando i mercati scendono e non esaltarsi quando salgono. Su questo la “finanza comportamentale” ha molto da insegnarci».

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