Il credo di Gino Strada, di una drammatica attualità

Presentato da Primo Piano il libro postumo del fondatore di Emergency

Abolire la guerra non è un’utopia. È una scelta da compiere come umanità.

Affonda le radici nella realtà la convinzione che Gino Strada ha maturato nella sua vita di chirurgo, le cui mani hanno cucito e rappezzato migliaia di corpi dilaniati dalle bombe. Dire che si deve abolire la guerra è dunque dire una verità basata sulla concretezza, sull’esperienza di quel medico (e di altri come lui) che, in destinazione ostinata e contraria, hanno cercato e cercano di arginare le guerre.

Questo “credo”, che Emergency continua a portare avanti ad un anno dalla morte del fondatore, si ritrova nel bellissimo libro “Una persona alla volta”, edito postumo da Feltrinelli: Primo Piano l’ha presentato ai correggesi il 5 luglio scorso a Palazzo dei Principi, in una serata con Simonetta Gola, moglie di Gino e curatrice del libro, ed il giornalista Gad Lerner.

Gino Strada è stato «la dimostrazione che l’utopia non è ingenuità, ma fede creatrice», ha detto di lui Gad Lerner. Lo testimonia innanzitutto l’organizzazione a cui ha dato vita: medici e operatori presenti in otto paesi in guerra, che dal 1994 hanno curato dodici milioni di persone e costruito ospedali di eccellenza difendendo, in primo luogo, il diritto universale alla salute.

“Un buon posto dove diventare grandi” Gino Strada lo aveva avuto e aveva plasmato il suo cuore. Era figlio di una famiglia di operai di un popolare quartiere di Sesto San Giovanni, la “Stalingrado d’Italia”, dove respira i valori del lavoro, della dignità, della solidarietà. È il primo della famiglia a laurearsi. “Sono un chirurgo”, così inizia il libro. Un chirurgo di talento, ha una brillante carriera davanti, ma la prima, causale, esperienza di chirurgo d’emergenza, con la Croce Rossa, lo porta su una strada senza ritorno.

È l’Afghanistan ad aprirgli gli occhi – “cosa ci fanno dei bambini negli ospedali di guerra?” – poi gli altri paesi a seguire, Perù, Somalia, Bosnia, Etiopia. “È con le mani sul corpo dei feriti che Gino ha iniziato a farsi delle domande su quello che vedeva”, scrive Simonetta nella postfazione del libro. “La principale: che cosa c’entrano i civili con la guerra? Al pronto soccorso incontrava vecchi contadini, donne ferite mentre tornavano dal bazaar, bambini che stavano giocando in strada prima di essere colpiti da un proiettile o da una scheggia. L’esperienza quotidiana di quello strazio lo aveva reso insofferente ai giochi di parole che propagandavano la guerra come giusta, addirittura umanitaria. La guerra uccide esseri umani e se uccide esseri umani allora è illogico, e stupido, pensare di fare la guerra per portare-difendere-restaurare diritti. Oltre a essere brutale e contraddittoria, la scelta della guerra è anche inutile”.

Parole che rendono impossibile giustificare qualsiasi guerra, compreso quella in corso in Ucraina, dove Emergency si sta mobilitando per i civili. Ed è stato infatti per prestare soccorso alle popolazioni civili che la ONG è nata, dalla volontà ferrea di Gino Strada con la moglie Teresa, e i primi strettissimi amici cofondatori. Rispetto ai mille dubbi e ai potenziali rischi, Strada scelse la strada più pragmatica, anche questa volta, quella del “proviamoci”.

Con il tempo e le esperienze, la scelta si è fatta sempre più forte e politica, engagé, rifacendosi anche al manifesto di Albert Einstein e altri politici e intellettuali contro le guerre. «Se il novanta per cento delle vittime e dei feriti di guerra sono dei civili, allora vuol dire che i civili sono l’obiettivo» dice Simonetta Gola, riprendendo le parole di Gino Strada, che sempre di più, negli anni, ha denunciato “la grande ipocrisia della guerra”, non volendo più partecipare a discussioni sulle cause e le ragioni ipotetiche dei conflitti: “Non sono pacifista, sono contro la guerra”, diceva. Gli orrori incontrati in questi anni, sempre di più e di peggio, sono custoditi negli archivi di Emergency. «Abbiamo una carpetta di immagini con scritto: “Non usare”», racconta Simonetta, che è responsabile della Comunicazione della ONG. »Abbiamo scelto di salvaguardare la dignità del paziente e di mostrare solo la cura – prosegue – Me lo chiedo tutti i giorni: e se non vedere l’orrore fosse un impedimento a capire?»

“Cessate il fuoco” è la prima parte del libro, strettamente connessa alla seconda, “Il diritto alla salute”. Un diritto negato in larga parte del mondo e le profonde disuguaglianze sono apparse palesi con la distribuzione dei vaccini contro il Covid. Anche nel nostro Paese le disuguaglianze non mancano, nonostante si tratti dell’unico diritto che, nella nostra Costituzione, viene definito come “diritto fondamentale dell’individuo”, restituendo così un significato di universalità. Le disuguaglianze del degrado urbano, quelle dei profughi e migranti, quelle dei malati che il Servizio sanitario pubblico non intercetta abbastanza. Da qui l’impegno di Emergency all’hub di Milano nel primo periodo pandemico, la gestione di un reparto Covid a Bergamo, poi l’ambulatorio per i lavoratori migranti a Castel Volturno, e molte altre esperienze in corso e in via di realizzazione.

La riflessione aperta da Gino Strada è forte e si sviluppa, infine, come critica rispetto al rischio di privatizzazione e di mercificazione del diritto alla salute da parte del Sistema sanitario nazionale, lasciando oneri in capo allo Stato e cedendo profitti al privato, rendendo la possibilità di curarsi un privilegio di classe.

“Non è una questione di risorse che mancano, ma di scelte che non si fanno – scrive Strada – È arrivato il momento di decidere che priorità ci diamo come società: la vita delle persone o la guerra? Salute, istruzione gratuita, un lavoro dignitoso e protezione o fame e sofferenza per molti? Non è troppo tardi per andare in una direzione più giusta. Non è troppo tardi per far sentire la nostra voce di cittadini del mondo”. La voce di Gino Strada ci incalza ancora ed è questo l’appello che lancia la seconda edizione del Festival Emergency a Reggio Emilia il 2, 3 e 4 settembre, a tema “La scelta”.

La presentazione a Palazzo Principi, organizzata da Primo Piano, si è tenuta con il patrocinio della Città di Correggio e gli sponsor Isiplast, Rossi fratelli caseificio, Conad Correggio e Studio professionale Manzini e soci.

Condividi:

Leggi anche

Newsletter

Torna in alto