I numeri sono quelli di una guerra. Nell’ultimo anno, su 444 mila posti di lavoro persi, 300 mila sono donne dice l’Istat. È uno dei riflessi della pandemia e l’8 marzo 2021 deve essere letto anche sotto questa luce.
Dacia Maraini scrive nel libro con Chiara Valentini “Il coraggio delle donne”: “C’è una questione di genere da tenere presente in questa pandemia? Io credo di sì”.
«Pandemia e lockdown hanno avuto un effetto inedito anche nei rapporti tra le persone e all’interno delle famiglie – afferma Ilenia Malavasi, la nostra Sindaca – La chiusura di scuole, spazi ricreativi, servizi agli anziani e la sospensione del lavoro e delle attività hanno cambiato le abitudini di vita e ristretto gli spazi di libertà individuale. Questo ha sicuramente inciso, tanto che il contesto famigliare ha a sua volta denunciato o accentuato delle fragilità». Una condizione che ha anche avuto ricadute di violenza domestica. «Nel primo semestre 2020 – continua la sindaca – a livello regionale, reggiano e a Correggio, abbiamo assistito a un calo dei contatti ai centri antiviolenza, oltre che a una significativa riduzione degli ingressi nelle case-rifugio». Un dato da leggere in controluce: «A fronte di questo, sono triplicate le chiamate al numero verde antiviolenza, il 1500, e le richieste di aiuto a forze dell’ordine e associazioni. I servizi del distretto hanno preso in carico 45 donne vittime di violenza, l’84% di queste residenti tra Correggio e San Martino in Rio. Quindi sì, la pandemia ha avuto sicuramente effetti drammatici anche rispetto a questi temi».
Riguardo il lavoro, la sindaca Malavasi ricorda che «il quadro è impietoso per le fasce più deboli, donne, giovani e lavoratori precari. A livello regionale, il tasso di disoccupazione femminile nel 2020 si è alzato dal 6 all’8%, rispetto al 5% generale. Le donne occupate hanno pagato il prezzo più alto passando dal 63% al 61%, quando la ripresa economica fino almeno al 2019 era guidata, in larga misura, dal lavoro e dall’imprenditoria femminile». A tutto ciò «si affianca la scandalosa questione dei salari, il cosiddetto “gender pay gap”, con 2.700 euro lordi in più per il collega uomo. Resta poi assai problematica la presenza femminile sulla scena pubblica, ma devo dire che nella realtà correggese, negli ultimi anni, si è assistito a un deciso cambio di rotta e oggi abbiamo una significativa presenza di donne ai vertici di istituzioni, aziende sanitarie e altri ruoli di responsabilità pubblica. Il cammino è lungo, ma i primi passi sono stati mossi».
Davanti a una sofferenza dei servizi pubblici nella pandemia, come hanno reagito le cittadine di Correggio?
«I miei concittadini, uomini e donne, hanno reagito in un modo che mi ha molto colpito: ci siamo resi conto, cioè, che i buoni servizi di cui possiamo godere rappresentano una grande conquista e vanno difesi perché costituiscono la vera forza, la vera ricchezza del nostro territorio. Ho avuto modo di constatare la passione e l’amore verso i nostri servizi, la scuola, i luoghi di cultura ancora purtroppo chiusi. Ho accolto, restando in ascolto, le critiche mosse a certe decisioni per contenere l’epidemia, soprattutto sulla chiusura delle scuole, e mi sono confrontata volentieri con i ragazzi che, davanti al Municipio, hanno manifestato per il diritto alle lezioni in presenza. Dobbiamo continuare a garantire il diritto allo studio coniugandolo, con intelligenza e coraggio, al diritto alla salute».
In questo contesto, cosa dire alle concittadine, in particolare alle più giovani?
«Le cose che vorrei dire, le riassumo nella parola coraggio» risponde la sindaca. «Coraggio nell’affrontare la situazione attuale e le sfide di domani. Penso al lavoro, ai diritti e ai doveri e a quel senso di comunità, quel tessuto nel quale le donne sono fondamentali. Coraggio, per le donne, significa anche saper proporre le proprie capacità, la propria intelligenza, la propria cultura in un contesto non facile, ma che ha bisogno di loro come protagoniste e non schiacciate da un certo populismo che propone modelli sbagliati di subalternità. Questo è un compito che mi sta a cuore e che porterò avanti nel mio mandato amministrativo. Essere la “prima cittadina” è per me un grande orgoglio. Sono qui per merito di chi, prima di me, ha lottato per i diritti delle donne e oggi tocca a me lottare a favore delle donne di domani».
Sempre dalla nostra città la voce e la testimonianza di due donne impegnate nel sociale. Maria Paparo, oltre che una storica collaboratrice di Primo Piano, è vicepresidente della coop sociale Ambra, che gestisce, tra i servizi, la RSA “Le Robinie”: «Spesso si dimentica il ruolo che le donne hanno nella società. Nella pandemia è emerso con ancora più chiarezza il loro carico complessivo. Al netto di padri attenti e disponibili, è ricaduto all’80% sulle donne il carico di lavoro e di cura, per esempio nel seguire i figli nella didattica a distanza». La cooperativa è presente nei servizi educativi e per anziani, con personale prevalentemente femminile. «Alla casa protetta, le lavoratici hanno dovuto affrontare una guerra esplosa all’improvviso. La nostra coordinatrice dice che in questa pandemia si sente una “nuova partigiana”, pensando soprattutto all’inizio tra scarsi mezzi, paura e non conoscenza». «Ora – afferma Maria – occorre ragionare su misure strutturali e cambiamenti culturali, per esempio che permettano di considerare la maternità anche come un fatto sociale, della comunità». Intanto, davanti a queste fatiche, alle violenze domestiche, «è importante scatti la solidarietà tra le donne».
“La sorellanza” è l’esperienza del Centro Donne del Mondo di Correggio e ha retto anche durante la pandemia, dice la presidente Gianna Radeghieri. Il Centro, frequentato da 15 anni da donne italiane e di origine straniera, ha dovuto restare chiuso. Nonostante questo, «grazie ai legami costruiti nel tempo, queste donne si sono prese per mano». «Certo, nelle donne lontane dalla loro famiglia di origine ho visto molta paura e un rispetto assoluto delle regole – racconta Gianna -: la paura di ammalarsi ed essere lontano dai propri cari, la paura che i genitori lontani si ammalassero, senza poter far nulla. Ero presente quando una delle donne del Centro ha ricevuto la notizia della morte della madre dall’altra parte del mondo: è stato straziante». «Il Centro è stato un punto di riferimento – conclude Gianna – e, quando è lecito, sono le donne che lo frequentano ad aprire le porte e a tenere viva la sorellanza, un’esperienza di cittadinanza, per un riconoscersi nella comunità in cui viviamo».