Il Kiwi è un frutto invernale, poichè viene raccolto ad inizio novembre. Quando fu introdotto in Italia. circa 50 anni fa, nessuno avrebbe osato immaginare un successo così grande della sua coltivazione: l’Italia è divenuta infatti il più importante produttore mondiale di questo frutto, superando addirittura la Nuova Zelanda dalla quale lo abbiamo importato. All’inizio degli anni ’70 anche il territorio correggese non si sottrasse alla sperimentazione che, peraltro, pur non diffondendosi, riscosse comunque un discreto successo. All’epoca a frenare gli entusiasmi furono soprattutto i timori per la rigidità dei freddi invernali (per contrastare i quali dopo ogni raccolta si rivestivano i fusti delle piante di paglia) oltre che il rischio delle brinate primaverili.
Oggi le cose sono cambiate da diversi punti di vista e l’interesse di mercato per la coltura continua a restare elevato. Va preso atto che le aree più vocate a questa coltivazione (le più vicine a noi sono il veronese e la romagna) già da alcuni anni stanno facendo i conti con il problema della batteriosi che ne causa la morìa, rispetto alla quale non sono ancora state trovate soluzioni se non quella della dislocazione degli appezzamenti. Per questo motivo le coltivazioni si stanno spostando in aree limitrofe vergini, ovvero zone nella quali la coltura non è mai stata molto diffusa.
Anche in considerazione dell’evidente cambiamento climatico che il territorio ha conosciuto negli ultimi 50 anni, le prospettive della nostra agricoltura potrebbero spostarsi a favore di questa coltura, che ha sempre attratto i nostri produttori: oggi potrebbe essere interessante non solo dal punto di vista del reddito ma anche premiante per il modesto impatto ambientale che comporta, in virtù della minima necessità di interventi di difesa fitosanitaria che la pianta necessita. Unico neo resta quello della richiesta di manodopera per la potatura e per la raccolta, che deve essere necessariamente manuale. In un periodo nel quale la viticoltura è contingentata dai diritti di coltivazione e la pericoltura sta conoscendo una crisi senza precedenti, questa potrebbe essere un’interessante alterativa all’arboricoltura locale, soprattutto per i giovani. A conferma del forte interesse che ruota attorno a questo frutto, solitamente noto per la sua polpa verde vivace, è l’intenso lavoro in corso ormai da tempo sulla selezione, che ha già portato sul mercato nuove varietà come quelle a polpa gialla, già presenti da un po’, e quelle a polpa rossa, la novità del momento. In ogni caso non si dimentichi che servono almeno due piante di kiwi per iniziare la produzione: essendo una pianta dioica esistono le piante maschio e le piante femmina, che devono incontrarsi per generare i frutti. Possono essere utilizzate anche per realizzare un gazebo in giardino, sfruttando il portamento lianoso dell’Actinidia ed il forte potere ombreggiante delle grandi foglie.
Proviene dalla Cina questo frutto buono, bello e salutare.
Il Kiwi, ed il suo nome botanico Actinidia Chinensis lo rivela inequivocabilmente, è una pianta originaria della Cina con caratteristiche rampicanti abbastanza simili a quelle della vite, pur se decisamente più vigorosa. Si tratta di un frutto particolarmente ricco di vitamina C tanto che, a parità di peso di parte edibile confrontata, ne contiene il 70% in più dell’arancia. L’Italia è il principale paese produttore di Kiwi del mondo e con i suoi 25.000 ettari produce ogni anno 442.000 tonnellate di frutti, che rappresentano il 35% della produzione globale; seguono la Nuova Zelanda con il 27% ed il Cile con il 13%. L’Emilia Romagna produce l’11% dell’Actinidia italiana, preceduta solo dal Lazio (26%) e dal Piemonte (19%).