Tra poche settimane il mandato da Sindaco di Ilenia Malavasi arriverà a scadenza.
L’abbiamo incontrata per ripercorrere questi cinque anni da Prima Cittadina di Correggio.
Quando, nel giugno del 2014, fu eletta Sindaco, il maggior elemento di incertezza consisteva nel debito lasciato dal fallimento di En.Cor. Come l’avete gestito? A che punto siamo con il pagamento del dovuto?
«Tutto il mandato è stato caratterizzato dalle conseguenze della vicenda En.Cor., una vicenda che siamo riusciti a gestire correttamente con impegno e responsabilità, senza penalizzare la città, così da lasciare ai prossimi amministratori la possibilità di pensare al futuro, non al passato.
Nel Gennaio del 2014, all’epoca del fallimento di En.Cor, il debito potenziale era di poco superiore ai trenta milioni di euro. Siamo stati coinvolti in tre sentenze di risarcimento nei confronti di altrettante banche: Banca Nazionale del Lavoro, Banca Popolare e Banca San Felice. La giustizia è stata piuttosto veloce, nel nostro caso: Banca San Felice e Banca Popolare sono arrivate a sentenza nel giugno del 2016, mentre Banca Nazionale del Lavoro ad ottobre 2017. Il consiglio comunale è stato chiamato ad approvare i debiti fuori bilancio e, allo stesso tempo, il piano di copertura del debito nell’arco massimo dei 3 anni concessi agli enti locali. Siamo riusciti, dunque, ad evitare la procedura di predissesto, una misura che impone di innalzare al massimo le tasse per 10 anni allo scopo di coprire le passività del Comune. Tale provvedimento avrebbe penalizzato fortemente i cittadini, in un contesto economico già reso difficile dalla crisi. Noi abbiamo, invece, optato per il negoziato con gli istituti di credito, ottenendo così un accordo che ha ridotto le spese del 30%, portando il debito a poco più di ventuno milioni. In cambio della certezza del pagamento del dovuto, siamo riusciti a diventare anche creditori del 98% del passivo del fallimento, subentrando proprio ai 3 istituti di credito.
Alla fine di dicembre del 2018 abbiamo già pagato diciassette milioni e 450mila euro. Nel corso del 2019 resteranno da pagare gli ultimi quattro milioni, già coperti nel bilancio di previsione approvato a dicembre 2018.
Inoltre, stiamo riacquisendo i beni che il Comune di Correggio aveva in buona parte trasferito ad En.Cor: i terreni (circa 500.000 metri quadrati), la centrale Eva, una centrale a olio, l’impiantistica, i pannelli fotovoltaici, etc… Il nostro obiettivo è quello di riportare a casa tutto il patrimonio mobiliare ed immobiliare di En.Cor, per restituirlo alla comunità correggese. Diciamo che sono fiduciosa. Abbiamo attraversato momenti di grande preoccupazione, ma non avevamo altre alternative per tutelare la città, i posti di lavoro dell’Ente ed i servizi che, infatti, sono rimasti inalterati. Abbiamo mantenuto un alto livello di iniziative culturali, alla cui riuscita hanno contribuito anche tanti sponsor privati: penso, ad esempio, ai concerti, al cinema in piazza, al teatro, ma anche ai tanti progetti di valorizzazione della musica, nella speranza che questa divenga l’elemento caratterizzante di Correggio.
Tutto ciò significa che nel prossimo mandato si libereranno risorse importanti per finanziare i servizi, nuovi progetti, per ridurre le tasse, oltre che per nuovi investimenti».
Questi ultimi sono stati gli anni dell’accoglienza di migranti, profughi e rifugiati. Com’è stata gestita la situazione?
«A Correggio ne abbiamo accolti quaranta, provenienti soprattutto da paesi africani. Il territorio provinciale ha pensato di gestire il loro arrivo non attraverso la creazione di “ghetti”, ma con un progetto di accoglienza diffusa, in cui sono stati coinvolti tutti i Comuni: ciò ha permesso di favorire una maggiore integrazione. Tutti i migranti sono in grado di parlare italiano, grazie ai corsi di alfabetizzazione che vengono organizzati nei territori e questo ha dato loro la possibilità di essere coinvolti in varie attività, dal volontariato alla formazione lavorativa. Alcuni di loro lavorano già. Per conoscere meglio loro e le loro storie, li abbiamo invitati e di recente incontrati in Municipio. Hanno molta voglia di raccontare e di farsi conoscere. Mi ha colpito quello che ha detto uno di loro: il loro obiettivo è stare bene nel paese che li ospita, ricambiando l’accoglienza con pace e amore.
È ancora presto per vedere gli effetti del cosiddetto “Decreto Sicurezza”, ma molti di loro sono preoccupati perché, non potendo rinnovare il permesso di soggiorno per motivi umanitari, rischiano di andare incontro alla clandestinità, quindi alla marginalità e alla mancanza di diritti.
Penso che sia giusto richiamare l’attenzione dell’Europa sul tema dell’immigrazione e sulla piaga della compravendita degli esseri umani, ma non credo lo si possa fare negando i diritti».
La maleducazione ed il poco rispetto della “cosa pubblica” sono peggiorati nel tempo, secondo lei?
Che cosa è stato fatto e cosa c’è in programma per il futuro?
«Ho anche io questa impressione, tuttavia non credo sia da imputare all’amministrazione pubblica. Penso che si debba fare un discorso più ampio sulla volontà di rispettare le regole, un comportamento che pare sempre più difficile da mettere in pratica e che non riguarda solo i ragazzi. La cultura diffusa dell’individualismo non trasmette messaggi positivi ai più giovani: basti pensare che il maggior numero di multe per i rifiuti abbandonati sono comminate ad adulti italianissimi.
L’educazione coinvolge vari soggetti: dalla famiglia alla parrocchia, passando per le associazioni di volontariato e le società sportive. Lo sport può essere un buon ambiente dove imparare il rispetto delle regole e del prossimo, anche quando si tratta dell’avversario. Anche per questo abbiamo lavorato per sottoscrivere, insieme a numerose società sportive, la “Carta Etica dello Sport”. Sarebbe bene imparare anche che non tutto è dovuto solo perché si pagano le tasse. Occorre fare la propria parte attivamente se si vuole contribuire al benessere della città».
Come si è organizzato il Comune di Correggio per fare fronte alla povertà in tempo di crisi economica?
«Il Comune di Correggio assiste oggi milleduecento persone, il 5% circa degli abitanti.
A differenza del passato, penso che oggi ci siano diverse forme di povertà: quella economica, cui diamo una risposta per far sì che le persone tornino a camminare con le proprie gambe, senza scadere nell’assistenzialismo, e quella delle relazioni. Avverto molta solitudine: ci sono persone che, pur in situazioni di bisogno, non ricorrono ai servizi.
Per dare una risposta a queste richieste abbiamo partecipato a diversi bandi regionali, abbiamo lavorato a progetti locali con cui, ad esempio, creare delle antenne sociali, una sorta di rete fatta di individui al centro di luoghi di interesse, che possono intercettare situazioni di bisogno. Ad esempio il fornaio, la parrucchiera, il volontario “sociale” che si reca a casa di un assistito.
Insieme a Federconsumatori abbiamo organizzato un piccolo corso per la gestione del bilancio domestico ed abbiamo abbattuto le rette dell’asilo per le fasce più fragili, in modo da non fare pagare ai bambini il peso della crisi. Ne hanno beneficiato circa il 60% delle famiglie con un investimento di circa 110.000 euro. Oltre a questo abbiamo attivato un servizio sperimentale, qualche pomeriggio la settimana, per i bambini di 5 anni che non hanno mai frequentato la scuola dell’infanzia, per aiutare le famiglie più in difficoltà e supportare l’inserimento di questi bambini nella scuola dell’obbligo».
È stata proficua la collaborazione con gli assessori ed i consiglieri comunali? Quanto sono serviti i social per avvicinare i cittadini?
«Sono molto orgogliosa del gruppo che siamo riusciti a costruire e del lavoro che abbiamo fatto: mi sono sempre sentita supportata ed incoraggiata, anche nei momenti di maggiore difficoltà.
In consiglio comunale, nel confronto con gli altri partiti, abbiamo sempre lavorato per cercare di fare prevalere il bene della città, ma non ci siamo sempre riusciti, non avendo sempre trovato la stessa disponibilità tra i diversi esponenti dei gruppi di opposizione.
L’ascolto e l’incontro con le persone sono importantissimi. Tuttavia, nel mondo d’oggi, non si può pensare di fare a meno dell’aiuto del social network per comunicare.
Nel corso del mandato abbiamo ricevuto 10.331 segnalazioni, in vari modi, anche attraverso il canale Whatsapp. È un dato importantissimo perché ci aiuta a capire quel che succede, oltre che a mantenere il legame con i cittadini».
All’inizio del suo mandato pendeva su Correggio la spada di Damocle di En. Cor. Dopo cinque anni, come le sembra il futuro?
«Decisamente migliore. Lasciamo un Ente con i conti in ordine e con la possibilità di fare investimenti su traffico, mobilità, sostenibilità ambientale. Va ripensata la viabilità, che necessita di essere potenziata, per alleggerire il centro storico, poiché in certe fasce orarie il traffico risulta congestionato, servono nuove rotonde e un nuovo piano dei parcheggi, tanto per fare alcuni esempi. Occorre non dimenticare inoltre la riqualificazione dell’esistente: il centro storico, la zona artigianale e quella industriale, in un percorso partecipato che deve ridisegnare lo sviluppo urbanistico di Correggio nei prossimi 20 anni».
Che cosa ricorda di brutto di questa consiliatura? E di bello?
«Fra le negative, il mese di Giugno del 2016 e le prime due sentenze del processo En. Cor. Inoltre ricordo la nevicata eccezionale del Febbraio 2015, a pochi mesi dalla nostra elezione e l’episodio della Casa Protetta, una vicenda umana che ha ferito profondamente tutta la città. Ecco forse quest’ultima è stata la vicenda più dura da affrontare, poiché i debiti si possono pagare, ma certe ferite restano insanabili.
Di positivo c’è l’energia che mi trasmettono i bambini. Sono la mia passione e tutte le iniziative che abbiamo fatto con loro e per loro mi hanno dato una grande soddisfazione».
Infine, una riflessione a carattere più ampio. Cinque anni fa il Partito Democratico trionfava alle europee, oggi è quasi sparito dai radar. Come fa i conti, da amministratore locale, con questa crisi nazionale del partito?
«Ho sempre avuto un atteggiamento positivo di confronto con gli organi dirigenti, locali e nazionali, del partito, che mi hanno sempre supportata. Tuttavia, penso che negli ultimi anni si sia perso il contatto con gli ambienti che ci hanno sempre sostenuto: lavoratori, sindacati, pensionati.
Nonostante tutto, il Sindaco, invece, rimane la figura di riferimento per il territorio.
Alla luce della vicenda di En.Cor, in questi anni siamo andati ovunque, abbiamo incontrato e parlato con tantissime persone per cercare di ricucire la frattura che si era creata.
Penso quindi che il partito debba ricominciare a parlare con quei mondi che, da sempre, rappresentano il nostro punto di riferimento».