I giorni della gioventù: oltre la paura verso la speranza

La bellezza della giornata mondiale della gioventù a Cracovia

Istanbul, Dacca, Baghdad, Dallas, Nizza, Monaco. Le prime settimane del mese di luglio sono state un’escalation di violenza e follia che sembrava essere senza fine. No, non siamo partiti per la Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) con l’animo serenissimo; ma rimanere a casa sarebbe stata una sconfitta nostra e una vittoria della paura che si respirava in quei giorni.
Cos’è questa GMG, per cui giovani e giovanissimi si mettono in viaggio da ogni parte del mondo, sfidando la scarsità dei propri risparmi, mezzi di trasporto a basso grado di comfort, ansie di mamma e papà? Dai telegiornali probabilmente se ne ha notizia per lo più il sabato e la domenica finali dove il Papa partecipa ad una veglia. Ma questo, anche se chiaramente è l’appuntamento culminante, non rende pienamente l’idea di quello che questa esperienza intensissima rappresenta per chi vi partecipa.
La GMG è prima di tutto incontro, con giovani che vengono da molto vicino e da molto lontano. Con ognuno di loro condividi la fatica di quei giorni, il doversi adattare a distanze, cibo e altre dinamiche non sempre molto confortevoli. La GMG è una festa, dove veramente ci si diverte, con musica, balli e tutte le cose che rendono bella una festa; non è quindi un raduno di bigotti che fanno maratone di preghiera. Tutta gente normale, che frequenta la scuola, che si può trovare all’università, in discoteca, in fila alla cassa al supermercato o dalla parrucchiera. Questa GMG poi è stata espressione di una genuina e impressionante accoglienza da parte del popolo polacco: mentre nelle precedenti edizioni la maggior parte dei pellegrini è sempre stata alloggiata nelle palestre e scuole a disposizione, in Polonia quasi tutti siamo stati accolti dalle famiglie. Quando varie nazioni del mondo si affrettano a costruire muri, gente comune si affrettava ad aprire la propria porta di casa a giovani sconosciuti.
Nei giorni che abbiamo passato in Polonia, alternando momenti di catechesi a momenti di festa, tra la visita a luoghi forti come Auschwitz e Birkenau e la visita alla città di Cracovia, in ogni cosa abbiamo vissuto la bellezza di condividere (per esempio anche con giovani siriani) la ricerca di senso profondo, la paura di fronte ad un mondo che sembra impazzito e la gioia nel riconoscere il bello che c’è nelle nostre vite.
Negli ultimi due giorni poi Papa Francesco ci ha spronati a scommettere sempre sulle nostre vite, sui nostri sogni, fuggendo la divano-felicità, una ricerca della felicità che si risolve in ricerca della tranquillità. Tanti sono stati i richiami ad essere “giovani con le scarpe”, giovani che lottano per difendere la propria libertà con coraggio, sapendo che Dio chiama ognuno di noi a lasciare un’impronta nella Storia dando il meglio nella nostra storia.
Non so che impressione possano fare questi discorsi a leggerli qui sulla carta, forse qualcosa di molto astratto ed utopistico. Ma sentire queste parole là, con altri tre milioni di giovani in assoluto silenzio, ci ha veramente riempiti il cuore di una speranza vera e raggiungibile. È con questa speranza che torniamo a casa, nella nostra Correggio, alla nostra vita di sempre, cercando di non cedere alla cultura della divisione e della “divano-felicità” nelle nostre realtà quotidiane.

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