I dialoghi della bocciofila

Negli anni ’60 il centro di Correggio era pieno di “caffè” dove gli avventori di tutte le età si trovavano per passare ore in compagnia.
Chiacchieravano molto di sport e di politica, giocavano alle carte, al biliardo…

Dopo hanno cominciato ad affermarsi i “bar di passaggio” senza sedie e tavolini, dove si consumava in piedi.
Era cambiato il mondo: da una società con tempi lenti si era passati ad un mondo di corsa, una società più veloce fatta di persone che “dovevano scappare” dietro i loro affari.

Adesso il modello di riferimento è diventato il “bar per colazioni e aperitivi”, sono ricomparsi i tavolini ma il locale è frequentato prevalentemente da giovani, e a metà mattina compaiono anche signore libere da impegni occupazionali. Così gli unici esclusi sono i vecchietti. Quelli più nostrani, meno di tendenza.

Allora non resta che la Bocciofila, unico baluardo di un mondo che fu, di un bar che non c’è più.
È un luogo rituale di incontro, gli anziani hanno bisogno di mantenere delle abitudini e delle certezze, poter condividere tempi ed interessi.

Appena arrivati si passa dal banco per un caffè, per un bianchino o per tutti e due e poi si fa un giro per controllare chi c’è.
Qualche “portoghese” fa finta di niente, passa e non consuma.
Se proprio ha sete va in bagno e si beve un sorso d’acqua dal rubinetto.
Gli altri guardano malevoli, e sorridono tra loro trovando conferma per lo scutmai che gli hanno affibbiato: “Acquabona” /Acquabuona.

Come dicevamo, la prima attività è la verifica dei presenti. Se qualcuno manca ci si comincia a preoccupare, è un segnale inquietante. 

Queste assenze introducono alla trattazione del primo argomento: Et vest chi è mort? / Hai visto chi è morto? 

Un anziano informato che vuole stare al passo con i tempi, prima di tutto passa dalla colonna dei mortori.
E allora si discute di età, di parenti, di malattie..
.

Espletate le formalità di rito e verificata l’effettiva consistenza dei presenti, si iniziano ad affrontare temi più scottanti di attualità: la politica, l’economia, la cronaca… Le stesse notizie ognuno le ha intese a modo suo. Questa marcata differenza di “interpretazione e di pareri” scatena animate discussioni perché non si conosce bene né l’argomento, né l’accaduto e si genera una confusione di nomi, di tempi…

Tutto però si ricompone su alcune fondamentali certezze che tutti condividono: 

Jin tut di leder. / Sono tutti dei ladri.

An s’pol più fideres ed nisun. / Non ci si può più fidare di nessuno.

J disen… j disen, mo jin tut cumpagn. / Dicono… dicono, ma sono tutti uguali.

Affrontati i temi più scottanti e impegnativi e condiviso l’assoluto stato di degrado della società attuale, si pratica un po’ di nostalgia dei tempi andati:

L’andeva d’mei na volta: / Andava meglio un tempo

a gh’iven gnint mo a seren cunteint. / non avevamo niente ma eravamo contenti.

Mo a gh’metiven ed la sburla, / Ma ci mettevamo dell’impegno,

a salteven i fos a la lunga! / saltavamo i fossi per il lungo!

Rassicurati da queste affermazioni si passa oltre con delle burle sui temi più ricorrenti.

Uno di questi è la “fessa”. 

È indubbiamente un mistero irrisolto il perché i vecchi dimentichino sempre la “fessa” aperta.
Molto si sa invece sull’ironia con la quale affrontano ripetutamente questa incresciosa consuetudine al punto tale da aver codificato dei dialoghi. 

Il dialogo è una strana forma di narrazione, presente anche nella cultura popolare, dove domanda e risposta assumono valenza universale e vengono ripetute immutate, prevalentemente con tono ironico, al ripetersi di eguali condizioni. 

Sono ormai diventate dei giochi di parole con doppi sensi, barzellette raccontate come storie vere. 

-Te gh’è la fesa avirta, / Hai la patta aperta
sta ateinti ch’at vola via l’usel. / stai attento che ti vola via l’uccello.

-An gh’è perecol, an gh’a più a gl’eli. / Non c’è pericolo, non ha più le ali.

-Te gh’è la butega avirta… / Hai la bottega aperta…

-Se… ma an gh’o gnint da vender./ Si… ma non ho niente da vendere.

Gh’oia la fesa avirta? / Ho la patta aperta?

No! / No!

Alora a pes po’ d’man. / Allora piscio domani.

Altro tema ricorrente e scottante sono le difficoltà necessarie per trattenere l’emissione di maleodoranti effluvi.

-T’è scurse!? / Hai scoreggiato!?

-L’et sintuda? / L’hai sentita?

-Se! / Si!

-Met al nes d’in du l’è gnuda! / Metti il naso da dove è venuta!

-Scolta, mo na scuresa pesla? / Ascolta, ma una scoreggia ha un peso?

-No! / No!

-Alora, vol dir ch’am sun caghe ados! / Allora vuol dire che mi sono cagato addosso!

A volte la Bocciofila diventa un vero e proprio “luogo di perdizione” non solo linguistico e non solo metaforico ma nel vero senso della parola: qualcuno si perde, fatica a ritrovarsi… nei discorsi e nei luoghi.

Anche perché negli ultimi tempi girano “strani discorsi” che non tutti riescono a comprendere e che insinuano pensieri e riflessioni non facili da decifrare.

Per fortuna è ormai diventata stabile la presenza di un gentile personaggio che, all’interno della bocciofila, propone ai più smarriti vecchietti gratuitamente le sue prestazioni.
Spinto dalle teorie di marketing, che richiedono di vendere dove c’è il bisogno, offre ad ognuno… una verifica gratuita dell’udito.
Così, tutto ritorna ad essere chiaro.

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