I bitcoin, affare o truffa?

Gabriele Bellelli ne svela il mistero

A Correggio ci sono risparmiatori attirati dagli strampalati profitti che ha consentito la moneta elettronica chiamata “Bitcoin”. Un Bitcoin valeva 4.600 euro nel 2019, oggi vale circa 47.500 euro, ma viaggiando continuamente sulle montagne russe.

Ne è passata dell’acqua sotto il ponte ed Mareina da quando il principato di Correggio fece definitivamente bancarotta, intorno al 1630, per le frodi della locale zecca sul contenuto d’oro con cui venivano coniate le sue monete che avevano circolazione nei territori dell’Impero. Dall’Ottocento in poi, nelle economie che si espandevano, l’utilizzo della “banconota” svincolò definitivamente il “valore legale” della moneta dal suo “valore materiale”: la garanzia del “valore nominale” (quello impresso su ogni esemplare) era fornita dalla banca centrale dello Stato che le emetteva e che deteneva una riserva d’oro e di monete di riferimento (sterlina o dollaro) equivalente al circolante stampato. Ma da tempo anche quest’ultimo riferimento reale è venuto meno. Così adesso la nuova frontiera sembra essere la moneta immateriale, come il “Bitcoin”, oggetto misterioso che si è apprezzato a ritmi incredibili.

Chiediamo di spiegarci come funziona al dott. Gabriele Bellelli, analista, educatore finanziario indipendente, investitore e apprezzato saggista della nostra città. «Il tema delle nuove monete virtuali divide l’opinione pubblica. Ci sono gli “smanettoni” che le adorano; ci sono gli scettici che parlano di truffa; e poi ci sono le persone pragmatiche che cercano di comprendere il fenomeno. Il Bitcoin viene creato con un processo chiamato “mining” (estrazione) attraverso l’utilizzo di tanti computer che elaborano complesse operazioni di calcolo e che assicurano il corretto funzionamento di questa moneta virtuale. Ogni “minatore” riceva una sorta di remunerazione per il suo lavoro, ogni 4 anni la remunerazione viene dimezzata e sarà azzerata nell’anno 2140. I Bitcoin sono un bene finito, ossia è stabilito un numero totale massimo circolante di Bitcoin: 21 milioni di unità (fino a questo istante sono stati “estratti” circa 19 milioni di unità)».

 

Affare o truffa, secondo lei?

«Il mondo delle criptovalute è vasto, il Bitcoin è sicuramente la moneta più famosa ma non ne mancano altre di successo, come ad esempio Ethereum o Cardano. Ovvio che ci siano anche truffe, in particolare quando vengono proposte nuove valute. Inizialmente il Bitcoin è nato come strumento di pagamento online tra privati, senza passare attraverso l’intermediazione di una banca ma in completa sicurezza. Successivamente si è ampliato l’utilizzo da parte di negozianti, liberi professionisti e aziende. Non è un caso che negli Usa il gigante dei pagamenti online, Paypal, abbia da poco attivato la possibilità di effettuare pagamenti tramite questa valuta virtuale. Il fatto più vistoso è che il Bitcoin, da strumento di pagamento, è diventato anche uno strumento di speculazione finanziaria: nel 2017 il Bitcoin è sbarcato a Wall Street con il primo scambio di un contratto “future”, cioè è stato istituzionalizzato da una delle massime autorità borsistiche. L’estrema variabilità delle sue quotazioni nasce da un mix di fattori, tra cui quello che viene negoziato 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno. Può essere che la quotazione attuale del Bitcoin sia frutto di una “bolla speculativa”, il che non vuol dire che sia una “truffa” ma che corre gli stessi rischi di tutti i prodotti finanziari giovani (possono sgonfiarsi o al contrario evolvere in ulteriore crescita: pensiamo ai titoli tecnologici)».

 

Ci parli un po’ dei pregi e dei difetti del Bitcoin.

«Tra i pregi: è uno strumento di pagamento non gravato dai costi del sistema bancario, ma con un elevato grado di sicurezza; è legale; è un bene finito per cui potrebbe proteggere dall’inflazione. Tra i principali difetti: è uno strumento finanziario ancora non ben compreso; l’oscillazione delle quotazioni rimane elevata; non si sa come i governi e le banche centrali andranno in futuro a normare queste criptovalute».

 

Infatti, essendo private, le valute elettroniche sfuggono al diretto controllo della politica monetaria, ma anche legale e fiscale, degli Stati. Alcuni Paesi, come l’India, cominciano a progettare una propria criptovaluta di Stato.

 

E un risparmiatore come dovrebbe comportarsi?

«Il Bitcoin è quotato in un mercato regolamentato, quindi può essere negoziato sia in ottica di breve periodo che in ottica di investimento. Però sarei molto cauto, a causa della sua attuale volatilità, nel considerare il Bitcoin come un bene rifugio o come uno strumento per diversificare il portafoglio. Il risparmiatore deve valutare se ha una elevata propensione al rischio ed è pronto a sopportare notevoli oscillazioni di prezzo. Il secondo aspetto riguarda gli strumenti finanziari con cui eventualmente negoziarlo: a fianco dell’acquisto del vero e proprio Bitcoin in Internet sugli appositi siti, è possibile farlo tramite la propria banca all’interno di un ETN, uno strumento finanziario ben regolamentato. Il terzo aspetto riguarda il peso che può avere nel portafoglio di un risparmiatore: in base a numerosi test è stato calcolato che un peso congruo dovrebbe oscillare tra lo 0,50% e il 2%, mai oltre il 5%. Il quarto aspetto riguarda una possibile strategia operativa da adottare in ottica di medio-lungo periodo: un piano progressivo di accumulo o, per i più esperti, essere pronti a vendere e riacquistare in base alle oscillazioni di mercato».

Ringrazio Gabriele per le sue valutazioni. Per parte mia, concludo con il consiglio di Bill Gates a chi è rimasto abbagliato dall’enorme investimento in Bitcoin fatto dal miliardario Elon Musk: «Se non avete i soldi che ha Elon Musk, evitate di comprare Bitcoin».

 

Il “Bit-coin” (o, tecnicamente, BTC) è una procedura informatica creata nel 2009 da un anonimo: è una “moneta virtuale” o “cripto-valuta”, cioè non fisica ma emessa da una procedura digitale; la “proprietà” di una somma di denaro viene garantita non da una banca, ma da un algoritmo noto solo al proprietario, che ne detiene la “chiave” di decifratura. I BTC sono codici che vengono generati da un computer secondo algoritmi codificati dall’inventore della procedura. La “zecca” è costituita da migliaia di centri informatici privati, che partecipano alla rete mondiale coi propri megacomputer: ognuno stabilisce autonomamente il prezzo di vendita dei propri BTC e ne segue la circolazione. La “quantità di circolante” dipende dalla generazione dei codici, fino a un massimo di 21 milioni di unità. Il “valore di scambio” è determinato esclusivamente dalla domanda di BTC.

L’uso di questa moneta virtuale, negli esercizi commerciali che l’accettano, avviene semplicemente attraverso un QR-code generato dalla catena di algoritmi. La complessità della rete, che segue e valida tutte le transazioni (cambio di proprietà del BTC), e le sue procedure crittografiche di sicurezza richiedono enormi capacità di calcolo e di raffreddamento delle macchine, e quindi di energia elettrica. Per questo i maggiori aggregati di megacomputer partecipanti alla zecca sono concentrati soprattutto dove l’energia costa meno (Cina, Usa, Islanda), ed hanno un crescente impatto ambientale (si calcola pari, già oggi, all’energia consumata da un paese come la Nuova Zelanda).

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