Con questa filastrocca mia nonna mi introduceva alla sua visione (e)scatologica del mondo.
Devo confessare che sono cresciuto in una famiglia ed casant, contadini senza terra propria, di dodici persone dove c’erano quattro anziani che parlavano solo dialetto.
Tra questi la Sinema, novellatrice gentile, che mi raccontava le favole e la nona (nonna) che aveva una predilezione per al stori melneti (le storie sporche).
Questo mese ho deciso di rendere omaggio a mia nonna trattando un tema che la divertiva molto: la merda.
Prego quindi i deboli di stomaco o i sofisticati di fermarsi qui. Chi conosce la cultura popolare ben sa che i contadini, con la merda, avevano a che fare tutti i giorni, e che l’argomento era spesso trattato con toni ironici e burleschi, diventando un riferimento importante per i modi di dire, le filastrocche e più in generale per le storie popolari.
Nascita
Ha sempre creato una certa sorpresa la scoperta da parte dei giovani inesperti della imprevedibile vicinanza tra al bus ed la pesa e al bus ed la pusa, tra il buco del desiderio e quello dell’evacuazione.
Famose sono le parole pronunciate dall’ingenuo sposo la prima notte di matrimonio:
Ninet, Nineta / Ninetta, Ninetta
a n’ares mai cherdu / non avrei mai pensato
che atach a la ciceta / che vicino alla cicetta
a gh’fus al bus dal cul. / ci fosse il buco del culo
Questa vicinanza ha più volte generato indecisione durante i parti per cogliere la precisa identità del nascituro.
Si racconta per alcune persone sgradevoli, cattive e arroganti che
quand l’è nasu j / quando è nato
l’an tgnu insema al badil per un po’…/ l’hanno tenuto sul badile per un po’
jin saiven mia se tgnirel o caserel via, / non sapevano se tenerlo o buttarlo via,
s’l’era un ragasol o un struns. / se era un bambino o uno stronzo.
Fanciullezza
Nei giochi infantili uno dei momenti più caratterizzanti era la “conta” e cioè la filastrocca che serviva ad individuare, prima dell’inizio del gioco, chi doveva stare sotto. Famosa era quella che faceva riferimento al Ponte di Gavassa:
Sota al punt ed Gavasa /Sotto al ponte di Gavassa
a gh’è un ch’al fa la caca / c’è uno che fa la cacca
a la fa dura, dura , dura / la fa dura, dura, dura
al dutor a la m’sura / il dottore la misura
a la m’sura trentetri / la misura trentatré
a sta fora al più imbambi. / a star fuori il più rimbambito.
Quando nascevano discussioni sulla attribuzione delle colpe per eventuali fatti avvenuti, veniva usato uno stratagemma per riconoscere il colpevole: se uno parlava prima degli altri si riteneva che avesse un peso da togliersi e che quindi fosse il colpevole.
La prema galeina cha canta / La prima gallina che canta
l’è cola ch’la fat l’ov. / è quella che ha fatto l’uovo.
Ovvero: la prima persona che parla è quella che ha commesso il fatto.
A questa attribuzione di responsabilità il sospettato si sottraeva ribaltando la colpa con il dire:
E la seconda l’a caghe. / E la seconda ha cagato (La seconda ha fatto di peggio).
Giovinezza
I giovani, come si sa, devono fare esperienza e maturano conoscenze solamente se hanno l’opportunità di vivere situazioni faticose e difficili che fortificano il carattere. Questi concetti venivano efficacemente espressi da un modo di dire.
Lilò al gh’a bisogn ed magner ed la merda ed sengher./ Lui lì ha bisogno di mangiare della merda di zingaro (di imparare a soffrire).
Probabilmente si pensava che gli zingari, più degli altri, avessero un’alimentazione disordinata e quindi la loro merda rendesse l’esperienza più formativa.
In amore i ragazzi rincorrevano i sogni, inseguivano tutte le ragazze e non sapevano mai decidersi perché la volevano sempre più bella, più gentile, più ricca… ma poi rischiavano di doversi accontentare.
E allora i vecchi saggi ammonivano:
sta ateinti a n’fer la fin ed la mosca d’or / stai attento a non fare la fine della mosca d’oro
ch’la vola, la vola… e po’ la s’pogia insema a la merda./ che vola, vola… e poi si appoggia sopra una merda.
Matrimonio
Con molto entusiasmo i giovani carichi di desiderio arrivavano al matrimonio che era una grande festa per tutta la comunità.
Si mangiava in abbondanza e poi si ballava fino a tardi.
In questo clima allegro e spensierato ci pensavano gli anziani ad abbassare le aspettative:
Al matrimoni l’è na bota pina. / Il matrimonio è una botte piena.
Insema a gh’è tri di ed ciocolata / sopra ci sono tre dita di cioccolata
e po’, fini al dols / e poi, finito il dolce
sota l’è tuta merda. / sotto è tutta merda.
Tradimenti
Nella vita, si sa, si devono vivere grandi disillusioni se non veri e propri tradimenti.
Quando si rimane esterrefatti di fronte a questi avvenimenti imprevisti si usa dire:
Al gh’è armes ed merda. / È rimasto senza parole.
Quando invece una persona viene trattata male:
J l’an trate cme na merda. / L’hanno trattato come una merda (senza nessun rispetto).
Se la moglie tradiva il marito questo veniva fatto oggetto di scherzi e di derisioni anche pesanti.
Non di rado il “cornuto” reagiva con una dichiarazione piena di sottili allusioni e di velenose valutazioni nei confronti delle mogli degli altri.
L’è d’mei na torta in des / È meglio una torta in dieci
che na merda un daperlò./ che una merda da solo.
Ovvero: meglio una bella donna in tanti che una brutta e cattiva da solo.
Lavoro e Affari
Nel lavoro, a volte, si fanno degli errori e non tutte le iniziative vanno a buon fine.
In questi casi si usa dire:
L’a piste na merda. / Ha pestato una merda (Ha fatto un grave errore).
Se poi la persona persevera nell’errore fino ad arrivare a compromettere l’attività e ad essere prossima al fallimento si dice:
L’è in dla merda fin al col. / È nella merda fino al collo (È in grave difficoltà).
Nelle dispute tra soci quando si discuteva di una iniziativa non condivisa dalla quale un socio si aspettava risultati negativi, in tono di sfida, dichiarava:
Sa va bein ch’al lavor lè a magn na merda. / Se quel lavoro va a buon fine mangio una merda.
Per una persona arrogante e cattiva, si usava l’espressione:
L’è una merda. / È una merda.
Rimedi e Consigli
I pasti erano spesso frugali e non di rado si pativa la fame. In occasione delle sagre, delle nozze, delle fiere… si metteva in tavola tutto quello che c’era e si mangiava esageratamente, per dare sfogo ad un desiderio inappagato da mesi.
In queste rare occasioni alcune persone erano soggette a delle congestioni e l’unica terapia conosciuta era: denudare il sofferente e… suplirel in dla masa fin al col / seppellirlo nella concimaia fino al collo. Il calore avrebbe riequilibrato le funzioni corporee e lo schifo avrebbe provocato l’espulsione degli alimenti in eccesso.
Un tempo non vi erano i bagni in casa e i bisogni fisiologici venivano espletati in campagna o in un casotto (al ceso) posto fuori casa sopra al pusot (pozzo nero).
Non esistendo la carta igienica, ci si puliva con pezzi di giornali ritagliati o con foglie rinvenute sul luogo.
Non vi era morbidezza e nemmeno resistenza, per questo si correva sempre il rischio di sporcarsi le mani.
Era utile un antico consiglio:
Al più bel fat dal mond / Il più bel fatto del mondo
l’è spaseres al cul cun un sas rutond è pulirsi il sedere con un sasso rotondo
perché s’te drov na cherta / perché se usi una carta
s’la se s’cianca a t’armagn in man la merda. / se si strappa ti rimane in mano la merda.
Giunti a questo punto, per salutarvi e prendere commiato, concludo con un finale molto caro a mia nonna.
Fola, fuleta / Favola, favoletta
Martin da la rucheta / Martino della rocchetta
sapa e badil / zappa e badile
na merda in boca a chi m’la fata dir. / una merda in bocca a chi me l’ha fatta dire.