Gli adolescenti? Soli di fronte al futuro

MATTEO LANCINI, 58 anni, psicologo e psicoterapeuta, è docente alle Università di “Milano Bicocca” e “Cattolica”, nonché Presidente della “Fondazione Minotauro”. Ritenuto uno dei più importanti studiosi dei problemi dell’età evolutiva, svolge un’intensa attività di consulenza; è spesso intervistato da testate giornalistiche e televisive, scrive editoriali su“La Stampa” e ha pubblicato diversi saggi, gli ultimi dei quali sono “Figli di internet” nel 2022 e“Sii te stesso a modo mio” nel 2023. Il sottotitolo di quest’ultimo spiega “essere adolescenti nell’epoca della fragilità adulta”. È stato ospite di PRIMO PIANO nel settembre del 2022 con un’applaudita conferenza dal titolo “Adolescenza, età tradita?”, che potete rivedere integralmente
sul nostro canale Youtube.

Con Matteo Lancini ci sentiamo al telefono. L’agenda del professore non ci dà alternative. Abbiamo selezionato alcuni argomenti riguardanti i ragazzi che sono di grande attualità: gli episodi di giovani o gruppi di giovani che le cronache ci consegnano come violenti e protagonisti di azioni criminali, i casi di stupri e abusi perpetrati sulle ragazze, la conflittualità tra genitori e scuola che a volte arriva fin nelle aule giudiziarie.

La prima domanda che poniamo allo psicoterapeuta è la seguente: quanto c’è di nuovo e cosa invece di amplificato dai media nei comportamenti dei ragazzi che sono protagonisti di storie di violenza gratuita?
«È chiaro che la gente è colpita dai casi delle baby gang o della violenza verso gli altri. In realtà la modalità più diffusa per esprimere il disagio da parte degli adolescenti non è più l’attacco all’altro o il richiamo che esercita la trasgressività, ma l’attacco a sé stessi e al proprio corpo. Ciò che deve allarmare veramente sono il disturbo della condotta alimentare che esprime il disagio femminile, il ritiro sociale dalla scuola e dalla società dei maschi, i tagli al proprio corpo e i suicidi che sono fenomeni in fortissimo aumento. Questa situazione viene raccontata molto meno dalla cronaca, colpita invece dagli episodi di violenza. Gli episodi di violenza in parte ci sono sempre stati, la novità è che sono segnali di una disperazione individuale e profonda, che trova nell’attacco all’altro e nella ripresa con lo smartphone dell’azione violenta una forma espressiva. L’interlocutore, per il bisogno di visibilità e di una qualsiasi forma di successo che attanaglia questi giovani, è la telecamera di uno smartphone, sia nelle espressioni di narcisismo sia nelle violenze delle baby-gang, fino agli stupri. Hanno imparato da noi che se non abbiamo successo e non veniamo riconosciuti dagli altri non siamo nessuno. Qualsiasi azione del disagio giovanile va inquadrata nell’evoluzione dell’intera società verso una sua “pornografizzazione”, dove cioè non esiste più il confine tra un’esperienza intima e una pubblica, dove la ricerca del riconoscimento attanaglia di riflesso anche le nuove generazioni».

Veniamo agli aspetti sessuali. Com’è cambiata la percezione del sesso, e probabilmente anche la narrazione del desiderio, nei giovani di oggi, con episodi inauditi come gli stupri di gruppo?
«Questa è una delle più grandi trasformazioni: la sessualità è sempre meno al centro dell’attenzione delle nuove generazioni. Si parla di “recessione sessuale”, dove conta meno il corpo erotico perché conta “penetrare nella mente dell’altro”: ci si limita al selfie e al sexting (unione di sex e texting, lo scambio di messaggi a contenuto sessuale). I giovani hanno una visione diversa dagli adulti nati e cresciuti con un’educazione sessuofobica e quindi con la fissazione del sesso. A loro interessa essere “visti” e vivere nella mente dei propri interlocutori. A tutto ciò non è estranea la società di internet e del “post narcisismo” e la pornografia digitale, ma anche la procreazione medicalmente assistita o inseminazione artificiale. Non dovremmo mai dimenticare che queste sono le prime generazioni, nella storia dell’umanità, che crescono in una società dove l’atto sessuale non è più necessario alla sopravvivenza della specie. La generatività prescinde dal desiderio e dalla sessualità. Questo modificherà e sconvolgerà progressivamente i concetti di identità, di coppia, di relazione e di genitorialità».

La violenza giovanile attraverso le azioni di gruppo era già presente in passato?
«Mi pare che si tratti di pochi casi, particolarmente drammatici, che sviano l’attenzione dell’informazione e della politica dalle questioni veramente centrali nel rapporto coi giovani. La sottomissione violenta di un soggetto percepito come fragile, presente anche negli episodi di bullismo, che però sono altra cosa rispetto agli atti di delinquenza veri e propri, ha sempre a che fare con un’azione di gruppo. Sono azioni pensate e messe in pratica da una mente gruppale, non individuale. Mettono a tacere la propria fragilità soggettiva attraverso azioni di sottomissioni ad un individuo considerato fragile da sé e dagli altri coetanei».

Non proviamo a chiedere come se ne esce. Ma queste due debolezze che oggi sono scuola e famiglia, di fronte ad una età che evolve in maniera quasi sconosciuta, come possono tornare a fare con efficacia il loro mestiere?
«Prima di tutto smetterla di dire che sono problemi legati solo alla pornografia e a internet. Poi smetterla di pensare che il problema di crisi dell’identità maschile dipenda da forme mentali di patriarcato e di “possesso”. Occorre affermare una nuova forma di educazione affettiva e sessuale. Occorre contrastare l’uso smisurato di internet da parte degli adulti, che ormai vivono e rincorrono il successo in internet, ed insegnarne un uso evolutivo e sociale nella formazione dei ragazzi. Ci vuole educazione alla “saggezza digitale” e non limitarsi a sequestrare i telefonini all’ingresso dell’aula. Bisognerebbe collegare tutte le scuole secondarie di secondo grado a internet. Bisognerebbe che le famiglie usassero un po’ del loro tempo a dialogare coi figli, per monitorare un uso produttivo di internet e per accorgersi se ci sono pensieri suicidali, sempre più presenti nei giovani. Oggi gli adolescenti si fanno carico della fragilità sempre più diffusa dei genitori e tendono a mascherare il proprio senso di fallimento. Molti dirigenti della scuola sanno che la valutazione numerica di per sé non fortifica ma serve alla scuola per far finta di essere autorevole, ma questo va contro la gran parte dell’opinione degli adulti. Insomma, dovremmo far sentire ai giovani che si è al loro fianco nel costruire il futuro e ridurre la sempre più diffusa ansia generalizzata che li attanaglia, generata dall’incapacità degli adulti a dare risposte per il futuro, che è la loro vita, a cominciare dalla crisi ambientale».

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