Gli accordi inconfessabili, i silenzi, le complicità

Le mafie oggi: parla il giudice Di Matteo

«La lotta alla mafia in questi ultimi decenni ha fatto passi in avanti, ma è ben lontana dal potersi dire vincente.
Ha ottenuto buoni risultati nella repressione dell’ala militare ma moltissimo resta da fare per recidere le relazioni criminali con la politica, l’economia, le istituzioni e il mondo delle professioni, a partire dai loro vertici».

È questo, probabilmente, il passaggio più interessante del discorso fatto dal giudice Nino Di Matteo al teatro Asioli di Correggio lo scorso 15 aprile, in un incontro pubblico voluto da Provincia e Comune, nell’ambito del festival della legalità “Noicontrolemafie”2016.

Lo stesso Totò Riina -ha ricordato Di Matteo- a capo della cupola mafiosa siciliana, in un’intercettazione aveva sostenuto che se non ci fossero stati contatti con i vertici delle istituzioni e della politica, Cosa Nostra col tempo si sarebbe ridotta ad una banda di sciacalli facile da abbattere.
La mafia invece ha sempre cercato di convivere con lo Stato, con i poteri forti dell’economia e della finanza.
Per il giudice, da oltre vent’anni sotto scorta per le minacce ricevute, è sbagliato pensare che l’assenza in questi ultimi anni di omicidi eccellenti e di stragi eclatanti significhi che la criminalità organizzata sia stata sconfitta.
Ha solo cambiato tattica. Si è mescolata con l’economia legale e la finanza internazionale e le grandi ricchezze spesso hanno provenienze sospette.
Berlusconi, ad esempio, non ha mai spiegato bene l’origine delle sue fortune come ha più volte denunciato il giornalista Marco Travaglio.

La presenza delle mafie in Emilia Romagna, secondo Di Matteo, non va poi vista come un fenomeno regionale particolare, ma come un tassello di un problema più ampio che coinvolge ormai tutta l’Italia e che mette a rischio la tenuta della democrazia dell’intero Paese.
La sensazione invece è che manchi nell’opinione pubblica la consapevolezza della gravità del problema.
Troppi ancora i silenzi, le sottovalutazioni, i disimpegni…

Di Matteo, Pubblico Ministero al tribunale di Palermo, ha poi spiegato perché far luce sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, le cui origini paiono risalire addirittura al primissimo dopoguerra con la strage di Portella delle Ginestre del 1° maggio 1947, sia importante.
Soprattutto per capire gli errori del passato, anche recente, che non debbono ripetersi se vogliamo provare a sconfiggere definitivamente il crimine organizzato.
Perché, come diceva Giovanni Falcone, “la mafia è un fenomeno storico e come tutti i fenomeni ha un inizio e una fine”.
Ovviamente se almeno la stragrande maggioranza degli italiani capirà il rischio che corre e agirà di conseguenza.

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