Un incontro intenso, profondo, partecipato, a tratti commovente, quello tra Gioia Bartali, nipote del grande ciclista Gino Bartali, e gli studenti delle classi terze della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo Correggio 2, nell’ambito delle iniziative promosse dalla scuola stessa per la Giornata in memoria dei Giusti dell’umanità.
L’evento, tenutosi il 9 marzo scorso al Centro Sociale 25 Aprile e patrocinato dal Comune di Correggio, è stato aperto dai saluti del sindaco Ilenia Malavasi e della dirigente scolastica Paola Incerti, che hanno esortato il giovane pubblico a difendere in ogni tempo e in ogni luogo i valori della verità e dei diritti umani.
Un messaggio forte che ha assunto maggiore significato con le parole spontanee ma incisive di Gioia Bartali, che ha raccontato ricordi e aneddoti della vita del nonno, delineando il ritratto di un uomo che non è stato solo un famosissimo campione sulla bicicletta, ma anche un campione di umanità.
E proprio la bicicletta ha fatto di Gino Bartali un uomo giusto, che durante la Seconda Guerra Mondiale ha lottato, rischiando in prima persona, contro il razzismo e l’intolleranza voluti dai regimi totalitaristi dell’epoca.
Infatti, se tutti lo conoscono per le sue numerose vittorie al Giro d’Italia e al Tour de France, ancora pochi sanno che il ciclista fiorentino ha salvato la vita a ottocento ebrei condannati alla morte in un campo di sterminio.
«Il nonno – ha esordito Gioia Bartali – era intimo amico del cardinale Andrea Costa di Firenze, il quale gli chiese di entrare nell’organizzazione che stampava e distribuiva documenti falsi per gli ebrei. In sella alla sua bicicletta apparentemente si allenava, percorrendo le strade italiane che conosceva in lungo e in largo, ma di fatto trasportava i documenti di importanza vitale per gli ebrei, nascondendoli nel manubrio o sotto la sella stessa».
La nipote ricorda che il nonno era un uomo di grande fede e di straordinaria umiltà, due doti morali che ha mantenuto durante tutta la sua esistenza. «Il nonno era devoto alla Madonna e a Santa Teresa a cui nella sua casa di Firenze aveva dedicato una cappella. Pregava tanto e non si sentiva diverso dagli altri perché era un campione sportivo.
Ripeteva spesso che coppe e trofei sono di questo mondo, ma lui avrebbe voluto meritare gli onori del Cielo». Infatti Bartali non si disperò quando il fango della piena dell’Arno del 1966 entrò nel suo garage e gli sottrasse tutti i premi che aveva faticosamente conquistato.
L’umiltà di Bartali è stata ricordata anche da Danilo Barozzi, ex ciclista professionista di Bagnolo che con il campione ha condiviso tante gare e momenti di svago: «la prima volta che vidi Gino – ha ricordato Barozzi – lo chiamai signor Bartali. Lui si voltò e, con la gentilezza che lo ha sempre contraddistinto, mi disse che lì eravamo tutti uguali, non c’era nessun signore perché lui era semplicemente Gino».
L’incontro si è concluso con domande degli studenti sul rapporto tra nonno e nipoti. Gioia ha ricordato quando da ragazzina salì in auto con il nonno, che guidava veloce ma sicuro perché era abile anche alla guida di autoveicoli.
Attualmente ci sono mostre commemorative della figura di Gino Bartali in numerosi paesi del Mondo, dall’Argentina agli Stati Uniti d’America, dove Bartali sarà ricordato nella giornata dei Giusti nel marzo 2020. Inoltre, dal 2012 è onorato nel Giardino dei Giusti di Gerusalemme presso il Mausoleo Yad Vashem, il luogo della memoria della Shoah.