Futuro in… CORSO

Il Lombardo Radice pubblica i racconti dei ragazzi del nostro liceo

Come sarà il mondo fra trent’anni? Una domanda che tutti dovremmo porci. Gli studenti del liceo “R. Corso” se lo sono chiesto, e hanno dato 33 risposte diverse. Le risposte, sotto forma di racconto, sono ora disponibili in libreria, nell’opera Futuro in…CORSO, pubblicata dal Centro Culturale Lombardo Radice.
Lucio Levrini, il presidente del Centro L. Radice, afferma che «quei temi sulla Correggio del futuro non hanno terminato la loro vita negli scatoloni, ma sono stati consegnati alla stampa per fare conoscere le idee dei loro autori alla città. In questo modo scuola educante e società educante, in uno scambio virtuoso, possono elevare il livello culturale e civile di un territorio».

Simona Biscione, insegnante di lettere al liceo, mi racconta che il progetto è nato come concorso letterario interno alla scuola, organizzato dal giornalino. Il tema prescelto era il futuro e la percezione che i ragazzi hanno di esso. Dopodiché si è pensato di pubblicarli, perché sono piaciuti. Le storie hanno suscitato un certo interesse, non soltanto nella scuola, ed è nata l’idea della pubblicazione. Cinzia Conti, l’altra docente di lettere, aggiunge: «Io credo che la scrittura sia un momento di raccoglimento. La scrittura è uno che ci mette di fronte a noi stessi: quali sono i momenti in cui nella vita quotidiana in cui un ragazzo può usufruire di momenti di silenzio?».

SE UNA SOCIETÀ NON RIFLETTE SULL’EDUCAZIONE,
NON RIFLETTE SULL’IDEA
DI UN FUTURO DESIDERABILE

 

E quale visione del futuro emerge?
Cinzia Conti: «i racconti hanno poche illusioni, che invece sono tipiche di quest’età. Confrontandomi con i ragazzi ho notato una visione diversa da quella che avevamo noi: loro a diciotto anni non hanno le velleità che caratterizzavano la nostra generazione.
Hanno una visione amara, disillusa.
Per la scelta universitaria più volte sottolineo di pensare a quali siano i loro interessi, però loro mi rispondono: “prof, poi non troviamo da lavorare! Se anche mi impegno mi passa davanti quello con la raccomandazione”. Tutte cose vere, ma che in un certo senso tarpano le ali al loro slancio verso il futuro. Un altro tema che emerge nei racconti è la preoccupazione per quegli aspetti della realtà che limitano l’umanità, cioè lo sviluppo tecnologico, che crea un mondo in cui le relazioni vengono represse, insieme ai sentimenti».
Simona Biscione: «fa riflettere anche noi. Come possiamo aiutarli a trovare gli strumenti per reagire?».

Quali possono essere questi strumenti?
Simona: «La cultura, il senso critico per potersi destreggiare attraverso questi inganni. E poi la fiducia. I ragazzi devono essere accompagnati da adulti consapevoli. Noi ci siamo fatti carico di questo ruolo. Ci auguriamo che trovino sempre figure di riferimento». Cinzia: «Da quando insegno al liceo la riflessione pedagogica si è andata affievolendo. Io mi chiedo: che società avremo? Se una società non riflette sull’educazione da dare ai propri figli, non riflette sull’idea di un futuro desiderabile. Se lo faccio, di conseguenza determino un percorso educativo, per preparare i futuri cittadini ad essere attivi un domani. Io sento un grande vuoto in questo senso, come insegnante, come genitore, come cittadino, come adulto».

Come hanno reagito i vostri studenti di fronte al fatto che i racconti siano stati pubblicati?
Simona: «Non se l’aspettavano, e quindi sono stati doppiamente felici.
C’è stato un grande entusiasmo da parte loro e speriamo che questo entusiasmo si tramuti in qualcosa di concreto, non solo riferimento ai racconti, ma nel prendere in mano la loro vita».
L’entusiasmo dei ragazzi è testimoniato da quattro fra gli autori dei racconti che accettano di rispondere alle domande di Primo Piano: sono Lorenzo Franceschi, Marta Davoli, Elisa Palmieri e Simone Calzolari.

Come sono nati i racconti? Da dove avete preso ispirazione?
Lorenzo Franceschi: «Sono partito da romanzi e film che si immaginano un probabile futuro. Ho preso spunto per creare uno scenario distopico che fosse causato dal comportamento dell’uomo».
Simone Calzolari: «Ho tratto ispirazione da cose semplici: mi sono trovato in stazione, stavo pensando a cosa potessi scrivere sul mio testo e mi sono interrogato sul futuro. Mi sono immaginato una situazione di futuro incerto, ignoto. Poi ho dovuto collegare questo pensiero al luogo in cui mi trovavo e per farlo non ho voluto utilizzare elementi fantascientifici».
Marta Davoli: «Ho pensato alla mia esperienza personale e a quella della mia famiglia. Cosa succederebbe se quello che ho sempre conosciuto fosse capovolto? Io ho vissuto la mia infanzia in un certo modo, i miei cugini più piccoli la stanno vivendo in modo completamente diverso: non sanno cosa siano la fantasia o il gioco all’aria aperta…».
Elisa Palmieri: «Anche io mi sono basata sul presente e su come vedo il futuro, considerando quello che stiamo facendo al nostro pianeta, come sono cambiati i rapporti fra le persone, tutte le cose che sono a portata di mano con internet. Ho voluto riassumere tutto questo nel disegno di copertina [il libro è illustrato da disegni fatti dagli stessi autori ndr] che ho chiamato Armonia e caos. Il futuro può essere in due modi: migliore del presente oppure no, come nel mio racconto. Ho anche disegnato il tempo, che è un elemento ricorrente in tutti gli elaborati. Al centro c’è la madre terra che si sta distruggendo, noi ne prendiamo solo gli scarti (concetto incarnato dal manichino che raccoglie il liquido). L’altra parte è la vita contro la morte. Ho riflettuto sul fatto che negli anni venire si farà un uso sempre più smodato di droghe e farmaci. C’è anche una parte positiva… però è sul retro».

Avete davvero questa visione così negativa del futuro?
Marta: «Io mi auguro che non sia così, ma credo che i nostri genitori abbiano avuto molte più possibilità di noi. C’era meno competizione.
Studiavi, e avevi molte probabilità di avere un lavoro. Con l’avvento della globalizzazione è più difficile entrare nel mondo lavorativo e fare qualcosa che davvero ti piaccia. Oggi c’è troppo di tutto».

Che effetto vi ha fatto veder pubblicare i vostri racconti?
Elisa: «Io amo molto scrivere e vorrei farlo diventare una professione, quindi vedere che il mio lavoro è stato apprezzato da tante persone mi ha fatto un piacere immenso, un orgoglio senza eguali».
Marta: «Per me è anche strano, mi sembra surreale, fino all’anno scorso non avrei mai creduto che avrebbero pubblicato il mio racconto, invece siamo qui… è un’emozione e mi fa pensare di aver detto qualcosa che ha interessato qualcuno».
Simone: «Fin dall’inizio ci speravo perché tutti si sono impegnati, molte persone hanno speso tempo e fatica: vedere che il risultato è stato apprezzato significa che abbiamo fatto qualcosa di utile e tutto questo mi fa diventare più speranzoso».
Lorenzo: «Sono molto contento perché altri ragazzi leggeranno questo libro e vedranno che c’è qualcuno che condivide le stesse paure e le stesse speranze… magari riusciremo ad invertire la rotta».

Perché un lettore dovrebbe leggere il vostro libro?
Simona: «Perché può suggerire spunti di riflessione. Inoltre è una lettura piacevole, è una scrittura fatta da ragazzi e quindi una prospettiva particolare».
Cinzia: «Per scoprire le capacità dei nostri ragazzi. Il nostro lavoro è gratificante perché ogni giorno ti stupisci della profondità dei loro pensieri. Abbiamo bisogno di trovare ogni giorno la motivazione per essere educatori».
Elisa: «Perché è basilare ascoltare cos’hanno da dire i giovani, che sono il futuro della comunità».
Marta: «Noi ci poniamo degli interrogativi che gli adulti non prendono in considerazione».
Simone: «Può essere una spia per capire che stiamo sbagliando: cerchiamo di rimediare agli errori commessi».

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