Food Porn

Il Nastro Rosso

Nella splendida cornice dell’Art Home, la casa di Antonio Allegri convertita in centro studi sul pittore e in ufficio turistico, ho assistito ad una conferenza brillantemente confezionata, tenuta dalla dottoressa Francesca Baboni domenica 19 aprile.
Il tema, che in questa sede viene trattato da alcuni mesi, era il cibo, analizzato cronologicamente nei suoi mutamenti, anche in vista di Expo.
In questo caso in particolare il titolo dell’incontro era “Pitupitum pa. Cibo e comunicazione di massa tra manifesti d’autore, arte della réclame e social eating”.

Sul finale, due parole hanno catturato la mia attenzione: food porn, che potremmo tradurre come “pornografia del cibo”. Non sapendo di cosa si trattasse ho indagato un po’, scoprendo una cosa che in effetti ho sempre avuto davanti agli occhi ma alla quale non avevo mai dato un nome.
Si tratta di una tendenza, sviluppatasi particolarmente negli ultimi anni grazie ai social network, ma già impiegata dalla pubblicità, che vede la rappresentazione del cibo come allusiva o sostitutiva della sessualità.
Questa novità ha fatto scattare dentro di me un’associazione, dovuta al fatto che oggi, secondo molti, si parli molto più di sesso di quanto non se ne faccia nella pratica.

Penso che questa affermazione possa adattarsi perfettamente anche al cibo.
Quando accendiamo la tv, a qualsiasi ora del giorno, troviamo almeno su due canali diversi persone che brandiscono padelle e pretendono di insegnare come si cucini una pizza buonissima, poco calorica e rapida da realizzare. Siamo un po’ tutti presi da questa mania, ammettiamolo: aprendo le nostre pagine Facebook in genere siamo sommersi da foto di piatti assurdi dei migliori ristoranti o delle ultime prodezze dell’amica che ha provato a fare il sushi in casa.
Tutto questo in generale deriva da un nostro perverso bisogno di approvazione: viviamo iperconnessi e abbiamo bisogno di sentirci apprezzati in ogni cosa che facciamo.
Se non postiamo nulla sui social, è come se non avessimo vissuto: lì poniamo la migliore versione di noi stessi.
Quindi potrò beccarmi trenta like per le lasagne ai funghi fatte con le mie manine, ma magari nella mia vita quotidiana mangio solamente surgelati e uso il forno come ripostiglio per i libri che non leggo più.

In effetti anche nel sesso la dinamica è simile.
Più che parlarne tanto, ne vediamo tanto: nelle pubblicità, nei film, negli annunci di giornali…  Così che alla fine, quando cerchiamo di spiegare a nostro figlio adolescente come dovrà comportarsi con la sua prima ragazza, scopriamo che lui è molto più avanti di noi e conosce almeno quattro siti porno.
Ecco, siamo arrivati al punto: pornografia del cibo e pornografia del sesso. La nostra società è riuscita a far diventare i due più grandi bisogni del corpo umano (mangiare ed essere amati, o se preferite mangiare e procreare) un prodotto pubblicitario e una pratica che solamente le persone belle e muscolose possono fare, possibilmente con una telecamera accesa.
Questo non significa che io voglia demonizzare le persone che pubblicano foto delle loro cene su Instagram, le ditte che producono cibi precotti o l’industria del porno.
A volte però dovremmo ricordarci di esibire un po’ meno e di fare attivamente un po’ di più. Il sesso ed il cibo dovrebbero essere due elementi naturali nel nostro vissuto quotidiano, gioiosi e semplici al massimo.
Perché invece ci ostiniamo a renderli entrambi pubblici, fruibili a tutti, mentre nel nostro privato non concediamo a nessuno dei due la giusta attenzione che meritano?

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