Fisco, un cantiere sempre aperto

Noris Gaccioli ne commenta gli sviluppi

Dal 1° Gennaio 2019 è diventata obbligatoria l’emissione della fattura elettronica per tutti coloro che debbono versare l’IVA; quindi, oltre alla Pubblica Amministrazione, anche i rapporti B2B (gli scambi commerciali tra aziende) sono ora gestiti con l’utilizzo della fattura elettronica.

Quanto alla Flat-tax, le idee non sono assolutamente chiare; ancor meno oggi, dopo gli stravolgimenti politici avvenuti nella calda estate appena trascorsa.
L’argomento risulta sicuramente tecnico e complesso, perciò, partendo da questo presupposto, ho chiesto al Dott. Gian Carlo Noris Gaccioli, commercialista, socio dello Studio S.t.p. Gaccioli e Sacchi Srl, di considerare la ricaduta di questo nuovo strumento fiscale.

 

Ci saranno dei vantaggi per  le imprese? E per i comuni cittadini?
«I numeri sul maggiore gettito fiscale derivante dall’introduzione della fatturazione elettronica (avvenuta, per inciso, ad opera dei governi precedenti il Conte 1) mostrano un risultato inatteso e aldilà delle previsioni. Se il risultato sarà confermato, il Governo a fine anno vedrà raddoppiate le previsioni di entrata connesse alla digitalizzazione delle fatture. Di fronte a un’evasione dell’Imposta sul valore aggiunto che segna un tax gap di oltre 35 miliardi di  euro, si deve, certo, fare di più ma la strada dell’innovazione e della diffusione degli strumenti digitali è quella giusta. A livello più generale ricordiamo che l’evasione fiscale ultimamente è stata quantificata in circa 100 miliardi di euro (M.Baldassarri il 03.09.19): non si tratta, quindi, di una leggenda metropolitana.

L’introduzione della fattura elettronica ha anche creato disagi e difficoltà a tanti operatori economici, quindi occorrerebbe ora “ricompensare” i contribuenti con misure di semplificazione rese possibili proprio dal sistema della fatturazione elettronica (pensiamo, per esempio, ad una semplificazione dei meccanismi dello split payment o del reverse charge).

Farei anche un accenno all’opportunità di un maggior limite al contante: all’interno della zona Euro il limite in Francia e Spagna è a 1000€, 3000 in Belgio, 1500 in Grecia. É una classifica nella quale, tenacemente, riusciamo a non essere al livello più basso. Qualche anno fa si provò ad abbassare tale limite, ma all’opinione italica questa misura apparve letale per la propria libertà e… si rialzò il limite a 3.000 euro».

 

Quali, però, i motivi per un maggior limite all’utilizzo del contante?
«La tutela dei consumatori e delle aziende dal rischio di frodi, la riduzione dei costi di gestione del contante. Soprattutto il contrasto al riciclaggio del denaro e all’evasione fiscale».

 

É una storia infinita quella delle riforme fiscali?
«Sì, è un evergreen. O potrebbe essere un’araba fenice. Sta di fatto che in Italia la messa a punto di un sistema tributario efficiente ed equo è da sempre auspicata dagli economisti, promessa dai politici, desiderata dai cittadini.

Dopo la riduzione a livello di auspicio delle istanze di razionalizzazione fiscale di cui il ministro Vanoni era stato sostenitore alla fine degli anni cinquanta, negli  anni sessanta si incominciò ad elaborare il progetto che portò alla legge di riforma tributaria del 1971. Da allora il cantiere per un sistema tributario che azzeri il divario tra la lettera della legge e la prassi, in breve l’evasione, e che riesca ad equilibrare le imposte sulla ricchezza prodotta, sulla ricchezza posseduta e sui consumi, è sempre aperto. Sull’insegna all’ingresso di questo cantiere spiccano a grandi lettere le parole “equità” ed “efficienza”, ma gli interventi sino ad oggi realizzati risultano assai inferiori agli obiettivi.

Ad aiutare il cammino intrapreso, una stella polare ci sarebbe: l’articolo 53 della nostra Costituzione sancisce che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

É un principio di giustizia che i padri costituenti hanno posto come cardine del nostro ordinamento
tributario e con cui si confronta l’acceso dibattito sulla Flat-tax. “Padri costituenti” non deve apparire un’espressione polverosa o di archeologia istituzionale: rimanda a chi ha architettato un futuro di pace e di giustizia sociale tramite un efficiente sistema di welfare».

La cosiddetta “tassa piatta” deraglia dai binari di questo principio?
«Al riguardo credo opportune alcune considerazioni. Tra le motivazioni addotte dai sostenitori della Flat-tax figura l’aspettativa di un rilevante aumento del gettito fiscale. É un’argomentazione che fa leva su una teoria dell’economista Laffer (il taglio delle imposte produrrebbe, tramite uno stimolo ai consumi e alla produzione, una conseguente crescita delle entrate tributarie) attuata negli anni ’80 da Ronald Reagan e i cui risultati empirici sono stati oggetto di accese discussioni. Ricordiamo solo la posizione assunta al riguardo da Nino Andreatta che osservava (Il Sole 24 Ore, 10 aprile 1996): “poche persone di buon senso ritenevano che un’idea del genere (meno tasse/più gettito) potesse mai essere presa sul serio da una grande nazione progredita. E invece…”.

Credo, però, che non sia fruttuoso fermarsi a una visione esclusivamente ideologica (pur utile per un’impostazione valoriale) di questa proposta di riforma. Il principio della progressività fissato dalla Costituzione implica che chi guadagna di più paga più tasse allo Stato, che poi procede a redistribuire il gettito tra i vari servizi attivati nella Comunità. Su queste basi, se la Flat-tax comportasse l’introduzione di una aliquota unica di tassazione senza altri interventi, risulterebbe palesemente incompatibile con la costituzione in quanto NON progressiva.

Sembra, invece, – e su questi aspetti si è acceso lo scontro politico – che le aliquote di tassazione IRPEF possano diventare due o tre con la contemporanea adozione di misure di semplificazione e razionalizzazione tali da salvaguardare una fascia di reddito mimino (la cosiddetta no tax area) e di un sistema di detrazioni fiscali che “attenui” il gravame fiscale sulle classi di reddito inferiori.

Il punto decisivo per un giudizio sull’introduzione della Flat-tax è proprio questo: occorre non confondere l’esigenza di una semplificazione dell’attuale miriade di detrazioni, deduzioni, crediti di imposta, agevolazioni, esenzioni e l’esigenza di un alleggerimento degli obblighi contabili ed amministrativi attualmente gravanti sulle imprese (ricordiamo che il tessuto economico del nostro paese è costituito in gran parte da piccole e microimprese) con l’introduzione di misure e provvedimenti che in sostanza  sterilizzino la progressività del nostro sistema tributario.

Credo che un efficace intervento di riordino fiscale potrebbe realizzarsi senza creare ulteriori regimi opzionali, trasformando l’IRAP, mettendo mano sulle aliquote di detrazione e sui tetti delle stesse anziché affidarsi ad una retorica da campagna elettorale tale da minare una giustizia redistributiva.
Vorrei condividere un’ultima osservazione: l’attenzione convogliata sull’opportunità della Flat-tax toglie spazio all’esigenza di implementare le misure di contrasto all’evasione, che non deve essere subita passivamente ma affrontata con la consapevolezza che sono possibili misure – quali, appunto, la fattura elettronica – per combatterla efficacemente.

Occorre la volontà politica di rendere operative queste misure inserendole nei nuovi programmi al nastro di partenza. Io questa volontà continuo a sostenerla».

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