Eravamo quattro amici al bar

Voglia di divertirsi e di donare: la filosofia vincente di Prato in balla

Con la bella stagione la nostra provincia comincia ad animarsi di feste e sagre.
Una delle prime ha luogo proprio nel nostro Comune: sto parlando di Prato in balla, festa della birra che quest’anni si è svolta dal 5 al 14 maggio.

Mi colpisce, nell’arrivare alla festa, l’atmosfera che si respira: siamo in una piccola frazione, eppure nonostante sia presto vedo già raccolti tanti ragazzi venuti per mangiare o bere in compagnia.
A farmi da guida in questo piccolo universo oggi c’è Massimo Tirelli, che fece parte del gruppo storico dei ragazzi che organizzarono la prima Festa. «Siamo partiti nel 1999, parlando al bar, semplicemente per la voglia di divertirci e stare insieme. Eravamo tutti amici: Massimo Soncini, Marco Sacchetti, Gianni Munari, Andrea Salvarani, Lauro Tampelloni, tutti appassionati giocatori di calcio, e la festa della birra era un modo per sovvenzionare le nostre attività sportive.
Ci appoggiammo immediatamente al Circolo ARCI Dribbling. In verità, i primi due anni commettemmo alcuni errori e la festa non andò benissimo. Con il tempo siamo diventati esperti, e oggi la festa registra dalle 1000 alle 3000 presenze a serata».
Uno dei primi errori commessi fu quello di organizzare la festa in luglio, ponendola in concorrenza con quella di Casoni, che si svolgeva nello stesso periodo. «Certo, una festa in maggio è sempre molto condizionata dal tempo: con il freddo e la pioggia della scorsa settimana, la gente ha fatto fatica ad uscire di casa». Ma i buoni motivi per venire a Prato non mancano, clima a parte: l’offerta gastronomica con il tempo si è ampliata, includendo diversi primi e anche piatti per vegetariani.
Anche in questo caso, l’intento dell’inizio fu quella di animare più che mai la frazione: «Abbiamo sempre cercato di privilegiare aziende e produttori locali».

Una delle particolarità di Prato in balla è poi uno spiccato senso di comunità: «Da anni devolviamo il nostro incasso in beneficienza, trattenendo solamente una parte per pagare le spese e una parte da destinare al Circolo per le sue attività». Quest’anno, ad esempio, l’incasso aiuterà la scuola elementare e alla scuola materna della Frazione, con donazioni non di denaro ma di materiale di vario genere.
Anni fa la donazione dello stand di gnocco e tigelle (gestito dalla moglie di Massimo, Monia Togni) era stata destinata invece ad A.I.S.EA, associazione che si occupa di malati di emiplegia alternante.

Negli anni sono subentrati i giovani, con il classico passaparola fra amici: «Mio figlio, che ora è in Erasmus, ha chiamato i suoi compagni, che ancora oggi sono qui e fanno parte degli oltre 120 volontari che mandano avanti la festa». Da queste nuove leve, che incontro brevemente e che trovo già indaffaratissime, ci si aspetta tanto: «Anni fa facevo quindici giorni dentro alla festa.
Adesso è venuto il tempo di tirare i remi in barca e lasciare spazio ai giovani: nel tempo abbiamo cercato di dar loro sempre maggiori responsabilità». Questo bisogno, insieme alla difficoltà di trovare un ricambio, è avvertito anche da Dino Bussei, classe 1934, Presidente del circolo, una delle tantissime persone che intervallano le mie chiacchiere con Massimo per raccontarmi aneddoti. «Precisando il fatto – conclude Dino – che se mi buttassero fuori ci rimarrei molto male!»

Condividi:

Leggi anche

Newsletter

Scroll to Top