Emergenza clima, che fare?

L'allarme sul futuro del pianeta tra correggesi

All’inizio del mese di agosto il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (Ipcc) delle Nazioni Unite ha divulgato il rapporto sul clima, nella cui introduzione si ribadisce che: “Il peggio deve ancora venire e a pagarne il prezzo saranno i nostri figli e nipoti, più che noi stessi”.

Nonostante l’incipit allarmistico, il processo di cambiamento climatico in atto non è irreversibile.

La ricetta per riportare il termometro in equilibrio consiste nel dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 e portarle a uno zero netto entro il 2050. Gli scienziati avvertono che se non si inverte la rotta, nel 2030 potremmo arrivare ad un aumento di 3 gradi e nel 2.100 fino a 4, con conseguenze molto pesanti anche sull’economia e sugli equilibri sociali del pianeta, come ebbe a dire anche Luca Mercalli a Correggio nel novembre 2019, al convegno organizzato da Primo Piano. Nel rapporto sono contenute indicazioni per i politici dei paesi più industrializzati che si riuniranno a Glasgow a novembre.

Abbiamo raccolto alcune opinioni tra i correggesi, a proposito dei mutamenti climatici. Tra riflessioni, racconti di impegno quotidiano alla riduzione dei rifiuti e raccomandazioni ai potenti, ecco i loro pensieri.

Barbara Purpura (impiegata, 46 anni) dice: «Mi sembra evidente che ci sia un cambiamento in atto e che ci sia tanto lavoro da fare. Non credo che, da parte dei Governi nazionali ci sia indifferenza perché le opportunità di confronto, come i diversi G20 che periodicamente si tengono ed i protocolli che ne sono conseguenza, testimoniano. Penso, però, che si potrebbe lavorare maggiormente a livello locale, nelle scuole, ad esempio, dove le iniziative che si propongono sul clima possono coinvolgere sia i ragazzi sia le loro famiglie. Probabilmente si dovrebbe lavorare di più sull’informazione e sulla comunicazione riguardo il tema del clima che cambia.

Nel nostro piccolo, cerchiamo di fare scelte che non vadano ad impattare sull’ambiente. Ad esempio, cerchiamo di acquistare meno plastica possibile: dai cotton fioc con bastoncini degradabili alle bottiglie in vetro, privilegiando i prodotti senza o con pochi imballaggi.

Certo che siamo preoccupati dalle notizie sui disastri ambientali di cui leggiamo sempre più di frequente perché sono calamità che possono colpire tutti».

Vanni Cigarini (musicista, 57 anni) afferma: «Penso stia cambiando un po’ tutto. Che sia per via di un processo evolutivo in atto o che sia per mano dell’uomo è difficile da stabilire. Tuttavia penso che il tema dei cambiamenti climatici e della tutela dell’ambiente sia diventato urgente e che occorra prendere dei provvedimenti significativi, a breve termine, per la salvaguardia del territorio, ad esempio, puntando sulle energie rinnovabili.

Nonostante i problemi da risolvere siano tanti, credo che la soluzione migliore sia quella di affrontare un tema per volta. Si potrebbe cominciare da quello della qualità dell’aria e della riduzione delle polveri sottili che stanno creando problemi di salute seri. Poi si potrebbe passare alla battaglia contro la politica dell’usa e getta che sta causando una produzione smisurata di rifiuti e di plastica.

Le persone esperte e competenti a dare soluzioni ai problemi dell’ambiente ci sono ma non si sa come possano fare valere il loro lavoro senza l’appoggio delle multinazionali. Al giorno d’oggi, se un potente del mondo volesse compiere un gesto eclatante, che lo consegnasse alla storia, dovrebbe fare qualcosa che andasse in controtendenza rispetto alla solita produzione di telefonini e automobili. Investire sul pianeta potrebbe essere una buona idea».

Francesco Ombrini (impiegato, 61 anni) dice: «É un problema in atto da anni. Possiamo ormai dire che la frase: “Non ci sono più le mezze stagioni” sia una verità, non più un luogo comune.

Alla situazione di emergenza sanitaria è stata data una risposta obbligata, che ha avuto un impatto molto forte, cui si sono attenuti tutti. Sul clima si fa più fatica perché si trovano sempre delle scuse per rimandare, per non prendere una posizione netta. “E’ colpa della natura”, si sente dire.

Eppure gli effetti del cambiamento sono sotto gli occhi di tutti e possono avere conseguenze pesanti. Se, ad esempio, si prosciuga un lago che era la fonte di sostentamento della comunità locale, accadrà che quella popolazione sarà costretta a cercare altrove un modo per sopravvivere ed emigrerà.

Trovo che, di fronte a questi eventi, la politica faccia solo delle chiacchiere. Abbiamo assistito al fenomeno di Greta Thunberg ma non è abbastanza. Serve che le persone dedichino più attenzione adesso a quel che succede, non che pensino che sarà un problema solo delle generazioni future, in maniera molto egoistica, o che l’uomo riuscirà comunque a tenere testa alla natura. Gli eventi climatici estremi sono fenomeni che passano e che destano poca attenzione finché riguardano gli altri.

Non ci si rende conto che il clima che cambia ha degli effetti anche sugli equilibri tra le popolazioni e penso che non vada molto lontano dal vero chi afferma che gli effetti degli scompensi ambientali saranno la causa dello scoppio della terza guerra mondiale, se non si prendono dei provvedimenti seri, adesso».

Edoardo Masoni (pensionato, 73 anni) afferma: «Secondo me è un problema che esiste ed è molto serio. É da affrontare perché riguarda il futuro di tutti noi.

Il cambiamento del clima colpisce soprattutto le zone più povere del pianeta, nelle quali la popolazione ha scarsi mezzi per fare fronte a mutate condizioni ambientali che influiscono sull’economia locale. Penso che i paesi più industrializzati dovrebbero fare maggiori investimenti su questo tema e che dovrebbe muoversi di più la politica ad alti livelli.

Occorrono delle azioni strutturate, di ampio respiro perché, anche se è utile che tutti noi siamo responsabili dei gesti che compiamo, nei confronti del rispetto del pianeta, è la politica nazionale ed internazionale che può fare qualcosa di incisivo».

 

Che sia dovuto alla condotta dell’uomo o ad una fase evolutiva della Terra, un cambiamento rispetto al clima che abbiamo conosciuto fino a trent’anni fa è sotto gli occhi di tutti.

Se si ripensa ai mesi del lockdown dell’anno scorso, quando in tutto il mondo è stata frenata l’attività dell’uomo per contenere il dilagare dell’infezione da coronavirus, vengono in mente le immagini degli animali a spasso per le vie delle città, la bioluminescenza marina lungo le coste americane e messicane del Pacifico, i dati sul miglioramento della qualità dell’aria in Pianura Padana. Fenomeni che, forse, fanno pendere la bilancia della responsabilità del cambiamento climatico dalla parte in cui sta l’uomo, piuttosto che da quella delle fasi evolutive che, nel tempo, si sono succedute.

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