Una quinta ondata del Covid-19 è sicura ed è già in atto: affligge la mente. Per psichiatri e psicologi il lavoro è letteralmente esploso: secondo la Società Italiana Neurospicofarmacologia, la pandemia ha portato ad un aumento del 26% dei casi di depressione e del 28% dei disturbi d’ansia. Questi dati sono in linea con quelli registrati sul nostro distretto dai servizi dell’AUSL (Centro di Salute Mentale, Servizio delle Dipendenze Patologiche, OpenG-Consulto psicologico della fascia di età 14-28). Lo conferma il dottor Roberto Euticchio, lo Psicologo Psicoterapeuta che da un anno è responsabile del Servizio delle Dipendenze Patologiche di Correggio. «La condizione generale di allarme e l’isolamento collettivo – precisa il dottor Euticchio – hanno provocato un aumento dello stress e dei disturbi ad esso correlati: disturbi d’ansia derivanti principalmente dalla paura del contagio e dalla perdita di autonomia decisionale e di spostamento; depressioni reattive alla perdita di autonomia, di speranza ed in alcuni casi la paura della morte o della malattia grave invalidante. Abbiamo registrato un aumento delle Sindromi da Disadattamento, legate sempre alle reazioni a gravi stress; pensiamo alla difficoltà di adeguarsi a modalità e di mansioni lavorative nuove e ai ruoli e rapporti familiari stravolti dalla pandemia».
Ad essere maggiormente colpiti, naturalmente, sono i soggetti deboli, cioè chi soffriva già di ansia e depressione, a causa del più difficile accesso alle cure e per l’impossibilità di frequentare famigliari o amici fonte di sollievo. A risentire degli effetti dell’isolamento poi sono stati anche i giovani adulti e gli adolescenti, che hanno visto ridursi drasticamente le possibilità di contatto sociale diretto. Un altra categoria a rischio dal punto di vista psicologico sono i malati oncologici. Lo ricorda Ivanna Gasparini, Psicologa Psicoterapeuta del Servizio Oncologia Area Nord dell’AUSL: «Con la pandemia ciò che solitamente è protettivo diventa immediatamente qualcosa da cui difendersi e proteggersi: l’abbraccio, la vicinanza, il contatto sono stati sostituiti da distanza e isolamento. Anche nei luoghi di cura, nei momenti più significativi come la comunicazione di una diagnosi, o di una recidiva, il paziente si trova da solo in luoghi più spogli e asettici in cui è costretto a sperimentare un senso di depersonalizzazione e smarrimento».
Da una situazione come questa non si esce da un giorno all’altro. Secondo David Lazzari, presidente del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi, lo strascico del disagio psicologico che si è determinato in questi due anni ce lo porteremo dietro come un’onda lunga che imporrà anche una riorganizzazione dei servizi di salute mentale . «La nostra AUSL – spiega il dottor Euticchio – sta collaborando con l’Università di Modena e Reggio con un programma di percorsi di formazione universitaria degli operatori, che permetterà di coordinare e fare crescere l’offerta dei servizi di salute mentale sul nostro territorio».