Ecco a voi, i Blanc Noise

La giovane band correggese all’uscita dell’ultimo disco

I Blanc Noise sono un quartetto Rock Emiliano Dipendente (nel senso che dipende dal momento), composto da Samuel Pietri (batteria), Alessandro Bevini (basso), Filippo Guizzetti (chitarra) e Matteo William Salsi (voce).

Vincitori dell’Avis Factor nel 2012, della diciannovesima edizione del premio Augusto Daolio nel 2013 e della 4° edizione dello Sputnik Rock Contest nel 2014, il primo album, “E incubi annessi”, viene pubblicato nell’aprile del 2013; il secondo esce il 13 febbraio 2015, autoprodotto e reperibile in streaming su soundcloud: “Mar dei Mai” è immenso, impietoso, splendido.

Una sconfinata massa informe e mobile, in perenne divenire, che ingurgita nei suoi abissi i relitti di tutti i nostri propositi spezzati dal vento contrario o da una marea troppo rapida per capirla.

Chi sono i Blanc Noise e come avete “capito” che la musica era la vostra strada?
«Guardarsi da dentro è sempre un bel casino: per trovare una formula semplice senza perdere la sostanza direi che siamo quattro amici conosciutisi in spazi e tempi abbastanza diversi per cause ingenue e mirabolanti.
Crediamo in quello che facciamo e crediamo che abbia un senso, che possa lasciare qualcosa.
Abbiamo iniziato a praticare musica intorno ai 10 anni, e che questa sia la nostra strada non lo sappiamo ancora e allo stesso tempo ne siamo assolutamente certi».

Blanc Noise, nome curioso: come è nato?
«Credo fossimo partiti leggendo qualche vecchio testo in inglese poi, come spesso ci capita, abbiamo cercato di complicare la faccenda: è un suono contemporaneamente visivo, mezzo in francese e mezzo in inglese, perché giustamente quando cerchi il nome del tuo gruppo ci devono stare dentro almeno cinque o sei mondi».

La genesi di un nuovo pezzo?
«Generalmente cominciamo dalla musica, e spesso partiamo da un’intuizione che viene elaborata.
Le cose migliori vengono se non le stai cercando.
I testi invece sono scritti principalmente da Matteo e Filippo.
Il messaggio cambia da canzone a canzone ma quello che speriamo di comunicare è uno sguardo sincero su noi stessi e quello che ci circonda».

Ascoltando i vostri album si nota un miscuglio ben riuscito di varie correnti musicali: da un groove tipicamente anglosassone fino a cenni di un prog per nulla borioso di terra nostra.
State sperimentando in cerca di una vostra “nicchia” o è semplice coerenza verso “Rock Emiliano Dipendente”?
«Bellissima descrizione, ci ritroviamo molto: la ricerca è continua e incessante, e penso che essa sia proprio l’ossatura del nostro stile.
Ci ispiriamo a tantissimi artisti, da De Andrè agli Incubus, passando per Lindo Ferretti: la nostra eterogeneità sfocia sicuramente in gran parte da questo.
Abbiamo un approccio istintivo, non ci siamo mai preoccupati molto di appartenere a un genere».

Epoca di talent show musicali: un buon modo per fare successo o semplice svendita mercenaria?
«È una scelta molto netta quella di partecipare ad un talent, dice molte cose di te. Non ci abbiamo mai trovato interesse.
Una cosa è fare musica, un’altra è creare un prodotto di marketing facilmente vendibile.
Non è nemmeno lo stesso sport».

Il vostro rapporto con internet è idilliaco: pensate sia l’inizio di una rivoluzione del “fare ed ascoltare musica”?
«Lo è già da un po’! Internet è un’arma incredibile e ovviamente a doppio taglio.
Pensiamo sia importante interpretare nel modo più veloce ed elastico possibile i metodi di comunicazione in voga, a patto che la tecnologia sia un mezzo per far nascere qualcosa e non il fine».

Progetti futuri? Volete tentare il “colpo grosso”?
«Per un po’ saremo impegnati a “portare in giro” il nuovo album.
La musica è sempre stata vitale e vitale è stato svolgerla liberamente, senza pensare al giudizio del mercato.
Penso che se iniziassimo a cercare il “colpo grosso” perderemmo istantaneamente molto del senso che ha per noi fare musica».

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