E a Correggio la libertà fu obbligatoria

Quando Napoleone spodestò il Duca e ci fu il terremoto

Riduzione e adattamento di alcune note della Cronaca di Correggio (1794-1829) di Pietro Vellani, pubblicata in tre volumi dalla Società di Studi Storici nella collana “I Quaderni” n. 4 e curata da N. Benati, G. Fontanesi, V. Pratissoli

 

Ci eravamo lasciati col piccolo falò giacobino e coi tre proclami di tipo politico e amministrativo del 13 ottobre 1796, molto significativi per comprendere cosa intendesse Napoleone per Repubblica; già, perché Correggio ora fa parte della Repubblica Francese.
Nel primo si annullano le carte bollate con le effigi dell’ex Duca, rimarcando comunque la necessità di un bollo legale. Nel secondo si invitano i soldati  fuggiti (del Duca) a tornare a Modena, dove sarebbero stati pagati secondo il loro grado: qualora non avessero fatto ritorno nel giro di 48 ore, sarebbero stati dichiarati disertori. Nel terzo si ode distinta la voce del Generale: guai a chi avesse avuto l’ardire di opporsi alle vittoriose Falangi Francesi, poichè su di lui sarebbe sceso quale angelo sterminatore; beati invece quanti erano stati liberati, che accoglievano la protezione francese e se ne rendevano degni.

 

Intanto, mentre la folla acclama intorno al piccolo falò, il Signor Francesco Guzzoni, il cui nome era scritto nel libro che stava bruciando, arrabbiato, “stava li in mezzo alla gente lamentandosi, per cui fù strapazzato male a proposito da Giuseppe Delfinoni già altre volte mentovato e vero birichino.”
I soldati francesi rimasti a Correggio vengono richiamati e tutti, parroci compresi, sono obbligati al giuramento di fedeltà alla Repubblica Francese.
Qualche giorno dopo, tutti i cittadini dai 18 ai 50 anni si devono recare al palazzo pubblico a dare nome e cognome per formare la guardia civica.
Il 20 Ottobre si diffonde la voce che i Francesi volevano fare “leva” di gente, ma dice Vellani che “il Comitato di Governo, cioè quelli eletti in luogo della Reggenza” smentisce la voce assicurando che “mai i Francesi avrebbero levati con la forza i figli dai padri, ne i sposi dalle spose, ne i capi di casa alla loro famiglia, ma solo avrebbero accettato chi volontario si fosse voluto arruolare.
Molti cittadini oggi si vanno a fare scrivere…”. Vellani non parla di come e quando si fossero tenute elezioni per il Governo, dice invece che una gran folla di persone accorse per l’elezione del Capitano della Guardia Civica. Correggio venne divisa in 2 Centurie dalla strada maestra (attuale Corso Mazzini) cioè da Porta Modena a Porta Reggio, e solo allora entrambe le centurie avrebbero eletto il rispettivo Capitano.
Alle tre e mezza del pomeriggio del 21 Ottobre 1796 o 30 vendemmiaio, le persone iscritte o da iscriversi si riunirono nel palazzo.

 

L’Avvocato Salvioli proponeva di eleggere alla carica solo dei possidenti, ma gli fu risposto che “tutti e non solo i possidenti dovevano servire essendo stati da Bonaparte nominati tutti eguali e ciò fù detto che si facesse”. Vennero proposti i cittadini Giacomo Corradi, già Capitano degli urbani, e Michele Bolognesi. Tutti furono d’accordo eccetto il Borsiani, che voleva fosse eletto uno di un suo gruppo, che si era riunito in privato. Quando Borsiani espresse il disaccordo, “un certo Prospero Gibertoni detto Pittini il Macellajo gli tirò un potente scappolotto e tutti si avventarono contro il Borsiani […]che fuggì facendo gli scaloni in mezzo ai pugni, scoppole e calci.[…]Dopo questa ridicola scena tornarono di sopra ed elessero per Capitani Corradi e Bolognesi.
Questa notte alle ore 4 e ¾ tirò una fiera scossa di terremoto ondolatorio, per cui suonarono gli orologi di Piazza e del Collegio; cascò una quantità di cammini con gran spavento di tutti.”

Così tutti i salmi finiscono in gloria.

Nella lezione tenuta dal Professor Remo Bodei, che ha avuto luogo il 13 marzo scorso sotto l’egida del nostro Circolo Culturale Primo Piano, il filosofo ha chiaramente delineato il significato di rivoluzione: così come in geografia astronomica rappresenta il moto di rotazione che la Terra compie intorno al Sole con una certa orbita in un determinato tempo, anche nella Storia umana le rivoluzioni devono necessariamente compiersi dopo aver terminato il loro giro, che disgraziatamente può fare a meno di un bagno di sangue.
Napoleone è l’uomo che porta alla fine la rivoluzione francese, che riporta l’ordine e un nuovo assetto politico e amministrativo.

Fu lo stesso Napoleone a dire: “Ci vuole più carattere nella pratica amministrativa che nella conduzione della guerra”.
In realtà, nel nostro territorio, importanti cambiamenti erano già avvenuti molti decenni prima, quando terminò l’indolente dominazione spagnola e i Ducati di Modena e Reggio Emilia entrarono nella sfera di influenza asburgica.
Francesco III d’Este si barcamenò tra Francia, Spagna e Impero fino al 1747, quando il ducato gli fu restituito e promosse un lento avvicinamento all’Austria. Con un accordo matrimoniale tra l’unica nipotina a uno dei figli dell’Imperatrice, ottenne la nomina a Governatore di Milano.
Gli anni milanesi furono i più fecondi per l’azione riformista di Francesco, ormai rassegnato all’estinzione inevitabile della casata e all’assorbimento del Ducato sotto il controllo austriaco.
Francesco III, divenuto saggio in età matura, fece del Ducato di Modena uno Stato Illuminato, già molto moderno ed efficiente.
Dopo la morte, avvenuta nel 1780, le sue riforme si intersecheranno con l’89 francese, testimoniando i livelli di progettazione politica dei ceti e degli spiriti più illuminati di quegli anni nel Ducato, tra cui Lodovico Antonio Muratori.

Ma, come abbiamo visto, il Ducato e Correggio vennero travolti e il successore di Francesco, quell’Ercole III che scappava con la cassa, non ebbe scelta alcuna.

FINE

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