Dove c’era un falegname, ora c’è casa

Simone Testi, architetto: progettando, sogno la città ideale

Travi a vista, parquet industriale, doppia altezza. E un soppalco senza muri per la notte. A Correggio una falegnameria trasformata in casa di famiglia. Nel segno dell’informale”.
Inizia così un articolo del 4 marzo 2017 su “IO DONNA”, settimanale del Corriere della Sera. L’intervento edilizio di cui si parla è opera dell’architetto Simone Testi, un giovane professionista correggese. Siamo nel tratto porticato di via San Francesco, dove la storica falegnameria di Eliseo è diventata l’abitazione di una giovane famiglia di quattro persone, che si sono affidate all’estro creativo del loro amico Simone.
Anch’io sfrutto l’amicizia con lui e, spinta dalla curiosità stimolata da quell’articolo, vado a trovarlo nel suo studio in Corso Mazzini, per due chiacchiere “nel segno dell’informale”. Simone ha quarantacinque anni, si è laureato nel 1998 al Politecnico di Milano ed esercita qui a Correggio la libera professione, dopo aver fatto varie esperienze tra Modena e Reggio.

L'architetto-Simone-Testi_copiaCosa ti ha ispirato l’occasione di mettere mano a questo particolare lavoro sulla falegnameria?
«Dal fascino della vecchia falegnameria erano nate alcune idee di condivisione, insieme agli amici, dell’originario spazio di lavoro; poi l’opportunità di acquistarla e l’emozione all’idea di abitarla, hanno spinto ad ipotizzarne la trasformazione nella loro casa. Il progetto – continua Simone – è impostato per tenere visibile tutta l’altezza di questo grande vano, pur inserendovi un soppalco che ne faciliti l’uso; si è così deciso di trasformare la vecchia falegnameria, cercando di rispecchiare il più possibile la vecchia funzione. Entrando hai la percezione dello spazio originario della vecchia falegnameria, vivendola hai la percezione intima di una casa, unita a prospettive e sguardi nuovi sullo spazio, che prima non avresti mai potuto avere».
Chiedo a Simone come vede il look di Correggio e cosa si può fare per migliorare la bellezza della nostra città. Mi spiega, in premessa, di sentire la necessità che si lavori per sensibilizzare le persone ad acquisire una maggiore cultura architettonica. Sarebbero utili assemblee pubbliche per discutere dell’ambiente che circonda ognuno di noi, coinvolgendo i cittadini e i professionisti che, in questo modo, sarebbero portati a prendersi maggiori responsabilità. «Potrebbe – mi dice – essere organizzato un premio annuale indetto dall’Amministrazione da assegnare ai progetti di architettura e urbanistica meritevoli, in modo da coinvolgere la città ed entrare così in una sorta di circuito virtuoso permanente, per scambiarsi le idee».

Credi che negli ultimi anni, gli interventi realizzati abbiano migliorato la vivibilità di Correggio, con la sua accezione di incontro e di percezione identitaria della città?
«Non hanno dato, come avrebbero potuto, una visione più contemporanea dell’ambiente correggese, ma non ne hanno neppure rispettato appieno la storicità. Vi sono poi zone di Correggio ancora trascurate, tra le quali ex-aree industriali, che andrebbero valorizzate e che darebbero un gran beneficio a tutti, nella prospettiva di un miglior rapporto ambiente-cittadino. Dovremmo impostare le ristrutturazioni di vie e piazze dando assoluta priorità a pedoni e ciclisti. In questa Correggio virtuale sarebbero così probabilmente le auto ad avere rispetto dei pedoni, consentendo di riconquistare lo spazio pubblico alla vita di relazione. Una sorta, insomma, di città ideale, che rende piacevole l’uso di spazi pubblici da godere in modo prolungato senza pericoli, fastidi, rumori».

Come vedi il nostro centro storico?
«La diffusione sempre più capillare ed apprezzata di centri commerciali con una veste apparentemente storica e ampie aree pedonali sicure, in modo da evocare un centro storico di paese, fa riflettere. Un centro storico di dimensioni contenute come il nostro potrebbe offrire la stessa fruibilità, arricchita da uno spazio realmente storico e denso di vita, non solo commerciale ma anche culturale. Lo vedo come luogo di vita quotidiana per i residenti, che permetta un più sicuro utilizzo degli spazi comuni per il gioco quotidiano di bambini e ragazzi e un più accogliente spazio pubblico per anziani, che si riapproprierebbero di spazi ora difficilmente godibili».

Ma come fare per arrivarci? Hai qualche idea?
«Potrebbe essere un’idea incentivare eventi anche molto locali, interni a cortili privati, per lo più sconosciuti alla cittadinanza. Diventerebbero teatro di eventi puntuali, più concentrati e meno rumorosi che inducano una viabilità ed una socialità trasversali, ormai difficili e dimenticate. Bisogna che le ristrutturazioni creino spazi dove si possa stare bene di giorno e di sera, con relazioni sociali vive. Si dovrebbe anche poter intervenire più liberamente su tutti quegli edifici del centro storico già pesantemente compromessi da ristrutturazioni datate e obsolete, per consentirne una completa ristrutturazione in chiave contemporanea».

Non è una terapia troppo radicale? A morte il restauro conservativo?
«In verità penso a ristrutturazioni che diventino occasione di confronto, di dialogo tra il tessuto storico, da rispettare con grande cura e sensibilità, e interventi contemporanei che rendano la città storica più vicina alle esigenze moderne dell’abitare. Non sono necessarie demolizioni complete, ma può essere opportuno ed interessante misurarsi con la libertà d’intervenire, aprendo varchi e nuove prospettive».
Mi congedo da Simone ringraziandolo per le stimolanti riflessioni e augurandogli un futuro pieno di nuove idee e nuovi progetti che speriamo di vedere realizzati a vantaggio del re-styling di una Correggio sempre più amichevole e bella.

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