Dagli applausi sul palco ai like su youtube

SILVIA e la bella BAND dei DEJABLUES

Negli ultimi tre anni è nata una band particolare, sofisticata direi, che ha ottenuto un riscontro molto positivo sul proprio canale YouTube arrivando addirittura nel Natale 2019, con un riarrangiamento di “Santa Claus is coming to town”, ad ottenere oltre 7.000 visualizzazioni.

Loro sono i Dejablues: Francesco Mantovani alle tastiere, Massimo Colla e Luca Porfido alle chitarre, Nicola Ibattici al basso, Paolo De Caroli alla batteria e Silvia Bartolotta alla voce. Band di musicisti al maschile ma capitanati da una voce calda come il velluto e suadente come quella di una sirena, la voce della giovane correggese Silvia Bartolotta. Proprio lei risponde alle domande della mia intervista.

 

Quando sono nati i Dejablues?
«Il progetto nasce nel 2015 da un gruppo di ragazzi della provincia di Reggio Emilia che intendevano suonare blues, genere non così diffuso in Italia. Oggi è mutato il progetto e c’è stata un’apertura verso il soul, il rhythm and blues con contaminazioni dal new soul e anche dal funk. Il nome lo abbiamo tuttavia conservato, perché intendiamo sottolineare comunque la nostra appartenenza e derivazione dal genere blues. Tutto parte da lì dal punto di vista musicale».

Come sei approdata nella band?
«Ho conosciuto il tastierista, Francesco Montanari, mentre suonavo e cantavo in un duo. Insieme a lui abbiamo fondato un gruppo e successivamente, quando i Dejablues hanno cambiato formazione, hanno invitato me come cantante».

É evidente a tutti la tua bravura, quali studi hai seguito?
«Principalmente nasco autodidatta, ma ho studiato musica (violino e pianoforte), poi ho fatto due anni di canto a Correggio tra la scuola Erato e il Cepam con Alessandra Ferrari e Rossella Tranchida, poi un anno di pianoforte complementare al canto con Paolo De Matteis ed ho continuato prendendo lezioni private. Tra le esperienze di studio che ho fatto, più belle in assoluto, ne ricordo due dello stesso anno: il laboratorio di Correggio Jazz con Cristina Renzetti e il corso alla Fonoprint di Bologna, che è lo studio di registrazione di Lucio Dalla (per entrare alla quale ho fatto un provino che ho vinto) dove ho avuto come insegnante Laura Valente, moglie di Mango, ex voce dei Matia Bazar».

Come mai una giovane ragazza come te si appassiona a questo tipo di musica?
«La famiglia è stata fondamentale: in casa abbiamo sempre ascoltato tantissimo jazz e blues oltre al cantautorato italiano. La prima impronta è venuta da lì. É un tipo di musica che come si dice oggi ti fa provare delle “vibes”. Mi sento avvolta da queste tipologie di suoni: soul, rhythm and blues, fino ad arrivare al new soul. Mi piacciono le voci black, molto calde».

Cosa stai studiando in questo periodo?
«Jamie Cullum, artista inglese contemporaneo perché mi piace tantissimo la capacità di arrangiamento che ha dei pezzi. Lavora come noi Deja: scrive pezzi suoi ma riarrangia anche cover per poi cantarle».

Quale vostro concerto ti è rimasto maggiormente nel cuore?
«Sicuramente il Porretta Soul Festival. Siamo stati chiamati per esibirci in questo festival internazionale pazzesco dove si è totalmente immersi in una varietà di culture straordinarie. Abbiamo eseguito qualche pezzo ed io tremavo!».

In un anno terribile come quello appena trascorso, come avete vissuto l’assenza del pubblico?
«Partiamo dal presupposto che esibirsi dal vivo è essenziale, ma questa chiusura forzata ci ha consentito di sperimentare qualcosa di nuovo. Abbiamo cominciato a fare dei video autoprodotti (dalle riprese al mixaggio), che poi abbiamo pubblicato e abbiamo riscontrato un forte gradimento di pubblico».

Progetti futuri?
«Un disco di inediti in italiano. Ci saranno anche pezzi in inglese perché il genere in realtà lo richiede».

Preferisci cantare in italiano o in inglese?
«Bella domanda! Tempo fa ti avrei detto in inglese, perché cantare in italiano ti espone completamente. Ci possono essere parole o frasi nel testo che, se non sei nel mood giusto, poi quando canti si sente. In inglese no, mi sento più a mio agio. Però forse mi emoziona di più l’italiano».

Meglio scrivere canzoni o cantare?
«Cantare ciò che si scrive».

 

Parlando con Silvia, ragazza dalle basi molto solide, sorriso smagliante e grande tenacia, ho avvertito la sua, e cito testualmente, “urgenza espressiva” di chi intende non fare musica ma vivere di musica. E badate bene: ciò che intendo non è il mero guadagno ma far sì che la propria vita, il proprio percorso artistico e personale sia permeato da quelle calde note che raccontano e diventano storie. Lunghe o brevi, faticose o felici, comuni o straordinarie ma comunque mai, mai banali. Come il jazz, come il soul, come Silvia e come i Dejablues.

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