Pensiamo al dopo, alle donne del mondo, a formare coscienza

Dacia Maraini, è autrice di romanzi, racconti, opere teatrali, poesie, saggi, tradotti in venti Paesi. Ha vinto il premio Campiello con “La lunga vita di Marianna Ucrìa”, il premio Strega con “Buio” e il premio Campiello alla carriera. I suoi ultimi romanzi sono “Tre donne” e “Corpo felice”, editi da Rizzoli. Cura la rubrica “Il sale sulla coda” sul Corriere della Sera.

«Un affettuoso saluto a tutti voi correggesi»: attacca così Dacia Maraini, dopo l’annullamento dell’incontro “Il tempo delle donne” con lei protagonista (insieme ad Agnese Pini ed Alessandra Faiella) che Primo Piano aveva organizzato nel Teatro Asioli l’11 marzo scorso. «Spero che questo terribile coronavirus ci consenta presto di recuperare la libertà di movimento, per rivederci da voi, con tanto piacere», aggiunge la scrittrice.

Conversiamo al telefono. Risponde da casa, a Roma, dove vive. Per adesso ci accontentiamo di questo piacere, che ci riserva tanto gentilmente.
Prima di tutto le chiedo come sta. «Sto bene grazie. Sono abituata a vivere da sola, non va male. Avendo dovuto annullare tutti gli impegni esterni, ho tanto tempo per scrivere e leggere, le mie passioni di sempre. Mi manca però la frequentazione del teatro, del cinema, degli amici. Ma il sacrificio dello stare in casa servirà a vincere questa dura guerra al virus, ne sono certa. E ce la faremo. E spero sia anche l’occasione per uscirne… migliori di prima!». In che senso? «All’inizio le misure di contenimento del virus mi erano sembrate un po’ troppo poliziesche, troppo lesive di fondamentali libertà personali. Poi, devo dire che vedendo respirare la città di Roma, molto meno assediata da polveri sottili, auto che urlano, gas di scarico, veleni vari, mi viene da pensare che, chissà, questa del virus potrebbe essere l’occasione per rivedere alcune nostre abitudini di vita basate sulla velocità, sullo scontro, sulla competizione continua. Non è che questo mi porti a benedire il virus, no certo. Non vorrei essere fraintesa: è terribile e mi fa paura. Però in questi giorni rallentati prendiamoci il tempo di riflettere sul nostro modo di vivere sempre così stressante, frammentato, tutto fatto di corsa. Ecco l’occasione a cui mi riferivo».

Saremo capaci di fare tesoro di questa esperienza? «Me lo auguro. D’altronde perché si sta chiusi in casa? Perché il virus richiede uno sforzo da parte di tutti. Siamo tutti legati da una rete profonda, e non penso a quella di Google: una rete di idee, di sentimenti, di relazioni, coincidenze, progetti comuni. Mi auguro che questa prova di solitudine in casa diventi una spinta a ritrovare e a condividere un pensiero, un sentimento comunitario. Con la fine delle ideologie abbiamo finito per abbandonare l’idea di creare e ritrovarci in progetti comuni, che sono quelli che uniscono le persone.
Ecco, uscire da questa emergenza con un sentimento comunitario è cosa buona».

“Donne mie” è una sua bellissima poesia del 1974. Un accorato appello alle donne ad essere sé stesse, a confidare nel proprio talento, a non soggiacere a ricatti e paure. Mezzo secolo dopo, come vede la condizione femminile? «Credo che la battaglia delle donne e il femminismo abbiano avuto una grande capacità di cambiare le leggi e il costume. Penso al nuovo diritto di famiglia, all’aborto, al divorzio, al delitto d’onore o al meno noto “ius corrigendi”, quella vergogna di riservare al marito o al padre la facoltà di punire una donna disobbediente. In Europa e in Occidente si è fatta molta strada. Oggi le donne hanno acquisito posizioni di primissimo piano nelle Istituzioni e nella società. Però non possiamo disinteressarci di quanto avviene altrove. Penso al mondo orientale, dove le donne debbono stare coperte anche in volto, dove non possono uscire da sole, accedere a professioni, ereditare, vestire come credono. Siamo in tempo di globalizzazione, di movimento dei popoli. Le “donne mie” di quella poesia sono tutte le donne del mondo. Non può non essere così. E la strada della affermazione dei loro diritti è ancora lunga».

Nel panorama letterario italiano di oggi ci sono ormai tante donne scrittrici, di valore. Che ne pensa? «Mi pare un momento buono e fertile. Tante giovani donne scrivono bene, con sapienza, conoscono la letteratura, dimostrano una bella maturità espressiva. Ne sono molto contenta. Restano purtroppo due problemi per il mondo della scrittura. Il primo è lo strapotere di Amazon nel mercato dei libri, che uccide tanti poveri librai, il cui ruolo è importante nel trasmettere e orientare l’amore per la scrittura. Il secondo è la cifra modestissima, sconfortante di quanti leggono libri nel nostro Paese. Il cellulare in tasca a tutti ha prodotto una notevole espansione dell’informazione e della sua accessibilità. Ma poi scopri molta superficialità. La lettura, invece è formazione e va in profondità. I libri di scienza, storia, filosofia e i romanzi aiutano a formare consapevolezza e responsabilità, sono la nostra ricchezza».
Grazie Dacia, a presto speriamo. E a Correggio, naturalmente.

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