Virgilio nel primo secolo a. C. già scriveva di “dolce mosto cotto e schiumato nella gorgogliante caldaia”.
Il padre di Matilde di Canossa poi, tale Bonifacio, ne donò nel 1046 una botticella a Enrico II e nel 1500 l’Ariosto ne cantava in versi le eccellenti qualità.
Per secoli i “vaselli” con l’Aceto compaiono nei testamenti come preziosi beni di famiglia.
Finalmente nel 1986 all’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia è riconosciuta la denominazione di Origine Controllata e nel 2000 diventa di Origine Protetta (DOP).
Le bottigliette di Reggio Emilia vanno per il mondo e si fregiano di tre bollini: Aragosta, Argento, Oro, che ne certificano le diverse caratteristiche.
Questa delizia per i cultori del gusto matura nelle botti di legno (batteria) poste negli areati sottotetti reggiani (e modenesi).
Esposte alle calde estati e ai rigidi inverni, nelle botticelle avviene la fermentazione, la concentrazione e l’invecchiamento del mosto delle nostre uve: Trebbiano, Occhio di Gatto, Spergola, Berzemino e tutti i vitigni iscritti per la produzione di Lambrusco Reggiano D.O.C. La cottura del mosto deve avvenire quasi contemporaneamente alla pigiatura.
Il mosto viene cotto per diverse ore “a fuoco diretto e a vaso aperto” fino a raggiungere una prima concentrazione intorno al 50%.
L’invecchiamento avviene per almeno dodici anni in serie di botticelle, di solito cinque, di legni diversi e di volume decrescente.
Con la particolare tecnica dei travasi la botticella più piccola regala ogni anno un po’ del suo prodotto a quella successiva.
Balsamo o condimento? Di colore bruno trasparente intenso, il suo sapore agrodolce e corposo e i suoi profumi speziati, armonici e persistenti rendono l’aceto un balsamo, quasi fosse rimedio contro il dolore, conforto e sollievo, consolazione più che condimento. Perché condimento è: per risotti, formaggi, carni rosse e pesce, ricotta, frutta, gelato.
Siamo saliti nel sottotetto del sig. Emilio Maioli dove il tempo non ha fretta e le stagioni indugiano su questo rito saporoso e profumato. L’acetaia, contraddistinta dal numero 125 e ben areata, presenta diverse “batterie” e da qui poniamo al proprietario alcune domande.
Come e quando è nata questa passione?
«La passione mi è derivata da un amico, che già produceva balsamico; parliamo degli anni ‘83-‘84. Sono partito con tre barili, poi ho continuato e tutti gli anni ho aumentato le botticelle. Poi nell’ ‘86 è nato il Consorzio».
Siete in tanti nel Consorzio?
«Più di settanta sono gli iscritti, poi ci sono molti appassionati che sono fuori Consorzio, che è a Reggio e da Via Cafiero si è trasferito in Via Tito Broz. A Correggio siamo iscritti in pochi: c’era Morani, c’è Lini che ha una bellissima acetaia, la più vecchia è quella dei Santini e dei Cottafavi. Poi c’è il dott. Lasagni, che ha rinnovato la sua bella acetaia».
Cosa ci dicono questi bollini di diverso colore?
«Col minimo dei dodici anni di invecchiamento siamo al bollino Aragosta, raggiunti i vent’anni il bollino è argento, oltre i venticinque Oro».
Col sig. Maioli ci soffermiamo a parlare dei legni delle botti: rovere, ciliegio, gelso, acacia, ginepro (da usarsi con prudenza perché ha profumo intenso) e proseguiamo parlando dei profumi, del sapore, del colore e delle alchimie necessarie per raggiungere queste eccellenze e guadagnare i molteplici riconoscimenti, i premi e gli inviti per tante dimostrazioni.
Nel fine settimana sarà a Comacchio per una manifestazione; le anguille saranno felici di sposarsi a tanta bontà!
Infine lo assaggiamo: divino…
“Qui in misteriose soffitte vivono gli ultimi alchimisti che distillano l’ambrosia degli dei e una goccia di aceto balsamico cicatrizza le ferite del cuore!”
(Giorgio Celli, Elogio della Bassa)