A livello nazionale, il Comitato per il Sì ha raccolto 600mila firme valide, mentre sono circa 300mila quelle del Comitato per il No.
È il risultato raggiunto dai due fronti referendari, che depositeranno in Cassazione le firme dei cittadini (soglia prevista 500 mila) per chiedere il referendum sulla riforma della Costituzione.
La raccolta di firme non era in realtà necessaria, essendo il referendum già stato richiesto dai parlamentari, ma i due comitati avevano già deciso di coinvolgere i cittadini.
A Correggio il Comitato per il Sì si è costituito la sera del 16 giugno a Villa Gilocchi, con una trentina di partecipanti. In quella occasione Francesco Cottafavi, è stato scelto come coordinatore del Comitato.
Il 24 giugno, il Comitato ha tenuto la sua prima uscita pubblica in Piazza Mazzini, con la presenza di Salvatore Vassallo, docente universitario e già parlamentare del PD.
A Francesco Cottafavi, ventiquattrenne correggese studente di Giurisprudenza all’Università di Firenze, abbiamo rivolto alcune domande.
Qual è il motivo che ti fa sostenere con tanta convinzione la riforma?
«Più che un motivo singolo, è il senso complessivo di questa riforma a renderla necessaria.
Il nuovo bicameralismo, il Senato delle regioni, i processi normativi semplificati, la riforma del Titolo V e l’implementazione degli strumenti di democrazia diretta non sono formule astratte: al contrario, impatteranno nella vita quotidiana di tutti noi.
Accantoniamo finalmente il bicameralismo perfetto e mettiamo la parola fine all’estenuante (e costoso!) ping-pong tra Camera e Senato: starà alla Camera la funzione legislativa; il Senato rappresenterà gli enti territoriali e eserciterà la funzione legislativa solo in alcuni ambiti, di particolare importanza o strettamente legati al territorio.
Mettiamo mano al Titolo V e riaffermiamo in modo netto quali sono le competenze dello Stato e quali quelle delle regioni, eliminando le materie di competenza concorrente e di conseguenza tutte le lungaggini, gli addebiti di responsabilità e le querelle tra Stato e enti territoriali. Investiamo nella democrazia partecipativa, potenziando le proposte di legge di iniziativa popolare e lo strumento referendario.
Infine mettiamo mano ai costi: viene abolito il CNEL, i Senatori passano da 315 a 100, e non percepiranno indennità.
Sono vietati i rimborsi in favore dei gruppi consiliari regionali, e l’indennità dei consiglieri non potrà superare quella del sindaco del capoluogo di regione: sono misure di giustizia sociale».
I detrattori della Riforma dicono che prefigurerebbe l’uomo solo al comando. Tu non vedi il rischio dell’autoritarismo in questo testo?
«La riforma non è perfetta, sono molte le critiche mosse, e alcune le condivido io stesso.
Quella dell’autoritarismo è però un’accusa priva di fondamento, e assume caratteri grotteschi se proviene da alcuni professori universitari, che facendosi scudo con la propria presunta autorevolezza, agitano lo spettro del regime.
Invece non è prevista nessuna super-delega per il Presidente del Consiglio, non è toccato il meccanismo di “check and balance”, il Parlamento rimane (anzi, potremmo dire “torna ad essere”) la sede deputata alla legislazione e le garanzie costituzionali vengono potenziate.
Non l’autoritarismo, ma la semplificazione dei processi normativi e la maggior efficienza della macchina-Stato sono gli elementi che spaventano i professionisti dell’immobilismo e dei diritti acquisiti».
Anche nel PD, che l’ha votata in Parlamento, c’è una minoranza che non vuole il combinato disposto tra la riforma costituzionale e la riforma elettorale, il cosiddetto Italicum.
Tu che ne pensi? C’è un legame perverso tra le due cose che rende indigeribile il sì?
«Di perverso ci sono solo gli scontri correntizi all’interno del partito, le piroette di alcuni democratici e la costante lotta intestina alla conquista della Ditta.
E mi rivolgo a tutti. Chi, del Partito Democratico, ha voluto fare una battaglia nel merito, ha avuto tempo e spazi: nei circoli, in direzione nazionale, nelle commissioni e in parlamento.
Battaglie non condotte invano, ma che hanno inciso significativamente nell’impianto della riforma.
Perciò mi fa un po’ sorridere chi, dopo mesi di discussioni e dibattiti, si fa scudo della legge elettorale per non votare la riforma costituzionale, cercando di nascondere la tattica politica dietro i nobili ideali dell’uomo di Stato.
Tra l’altro, è bene ricordare che l’Italicum non è scritto nella Costituzione e non sarà parte del “pacchetto” su cui ci esprimeremo a ottobre: riforme e legge elettorale sono due cose separate».
Il partigiano Germano Nicolini ha detto che la Costituzione deve essere aggiornata alle esigenze odierne. Ma l’ANPI, l’associazione dei Partigiani, invece si è dichiarata per il no alla riforma della Costituzione più bella del mondo… Tu che sei un giovane, vedi un divorzio tra i valori fondanti della nostra democrazia e la modernità con le sue esigenze dinamiche?
«La presa di posizione dell’ANPI mi sorprende e mi rattrista, ma non mi preoccupa più di tanto.
Se fossero stati migliaia di iscritti a chiedere all’associazione di schierarsi in modo netto contro la riforma, mi sarei interrogato e avrei tenuto in seria considerazione il posizionamento dell’ANPI.
Ho avuto l’impressione, invece, che il “no” alla riforma sia stato il frutto di un ragionamento verticistico con uno scarso coinvolgimento della base.
Sono dispiaciuto comunque per i tanti amici iscritti, che vivono con disagio la crociata nel quale si è buttata l’associazione.
Per il resto, non entro nella querelle dei partigiani della prima e della seconda ora: è una discussione che mi appassiona poco; mi limito a dire che sono fiero che Germano Nicolini abbia avuto il coraggio, anche questa volta, delle proprie idee.
Quello del divorzio tra i valori fondanti della nostra democrazia e la modernità con le sue esigenze dinamiche è un tema che non esiste, nel senso che i valori fondanti della nostra democrazia non sono minimamente toccati dalla riforma costituzionale.
La riforma modifica articoli della seconda parte della costituzione, quella sull’ordinamento, lasciando inalterata la prima parte, quella sui principi fondamentali e diritti e doveri dei cittadini, che la rende la Costituzione “più bella del mondo”.
Espressione, quest’ultima, che purtroppo è stata abusata, svuotata di significato e infine eretta a fronte, dietro il quale si riuniscono tutte quelle forze conservatrici – da destra a sinistra: il vero partito della Nazione! – che temono ogni forma di cambiamento».
Come vi muovete come comitato? Come la vedi qui a Correggio?
«Il nostro obiettivo è entrare nel merito della riforma, informando i cittadini e mettendo da parte ogni forma di personalizzazione o di politica spicciola: stiamo parlando della nostra Costituzione, e non c’è metodo più efficace, per convincere al sì, di quello di spiegare bene in cosa consiste la riforma.
È per questo che abbiamo inaugurato il comitato con un’iniziativa in piazza, in mezzo alla gente, con la competenza di Salvatore Vassallo, professore di scienze politiche all’Università di Bologna.
Continueremo la nostra opera di informazione, tramite iniziative pubbliche, banchetti, porta a porta. Come la vedo qui a Correggio?
Sono ottimista ma… aspetto l’intervista di settembre!».