Come per tutti i cittadini, il 23 febbraio scorso il mondo si è “capovolto” anche per la nostra amministrazione: stavamo verificando le nostre strutture a seguito della leggera scossa di terremoto del giorno precedente quando sono arrivate le prime direttive di contenimento della diffusione del virus, con cui si disponeva la chiusura delle scuole e di molti altri luoghi pubblici.
Da allora è stato un susseguirsi di decreti e ordinanze, alle quali il nostro Comune, così come gli altri, è stato chiamato a far fronte. La quotidianità e le iniziative che avevamo in cantiere ne sono risultate completamente stravolte; abbiamo dovuto fermare tutto.
Il primo pensiero è stato organizzare al meglio nuovi servizi rivolti ai cittadini, in particolare per le persone più in difficoltà, anziane, sole o senza reti famigliari a supporto, necessità che è divenuta ancora più urgente alla luce della successiva quarantena. Una tra le prime decisioni adottate è stato il taglio delle rette di frequenza delle nostre scuole. Subito dopo, tramite i servizi sociali e altri servizi comunali, abbiamo messo in campo le consegne domiciliari di farmaci e di generi alimentari e, allo stesso tempo, abbiamo promosso tramite i nostri canali di comunicazione una rete di esercizi commerciali correggesi in grado di garantire consegne a domicilio. Inoltre, abbiamo chiesto ai nostri servizi culturali ed educativi, tra i primi ad essere stati chiusi, di continuare a mantenere un rapporto con gli utenti e il pubblico, tramite ogni forma di possibile intrattenimento a loro possibile per non lasciare sole le famiglie in questo momento di difficoltà.
Come la storia ci insegna, la nostra è una comunità che non si spaventa davanti alla necessità di fare, di rimboccarsi le maniche: l’arrivo di questa inattesa difficoltà – legata a qualcosa di invisibile, che va a minare proprio il concetto di socialità e di condivisione, caratteristiche peculiari della nostra tradizione – ci mette ulteriormente alla prova, dato che qui non siamo “chiamati a darci una mano”, ma principalmente a restare in casa. Devo sottolineare, una volta in più, l’emergere della grande solidarietà e del “cuore” di Correggio, costituito dai tanti straordinari volontari – dalla Protezione Civile alla Croce Rossa, da Auser ad Avo e tanti altri – dai nostri dipendenti e dai lavoratori correggesi che si sono messi a disposizione; dalle forze dell’ordine, chiamate ad un grande e impegnativo lavoro, dalle aziende e dalle attività commerciali che, pure in un momento di grande difficoltà, non hanno mancato di far pervenire il loro sostegno alla nostra sanità pubblica.
Nessuno di noi era preparato o avrebbe mai pensato di dover affrontare una situazione del genere, eppure l’abbiamo fatto e lo stiamo facendo, insieme a tutte le altre Istituzioni, seguendo le istruzioni che ci vengono date, informando i cittadini e mantenendo l’operatività dei nostri uffici nelle loro funzioni essenziali.
Oltre ad una grande vicinanza alle famiglie che stanno affrontando la malattia o anche il lutto per la scomparsa di un proprio caro o amico, non nascondo che vedere le nostre strade vuote, le nostre aree verdi chiuse, procura una grande amarezza perché non è questa la realtà cui siamo abituati, non è questa la “nostra” Correggio. E se da un lato tutto ciò è assolutamente necessario e doveroso, nel momento in cui ne siamo stati privati occorre riconoscere le tante cose belle, le molteplici possibilità e occasioni che fino al mese scorso avevamo a disposizione e che forse, nella quotidianità di allora, sottovalutavamo o davamo per scontate. Sono certa che, restando uniti, usciremo anche da questa situazione e sarà ancora più bello riprenderci la nostra città, ritrovare il senso di comunità, fatto di sorrisi, abbracci, generosità e voglia di incontrarci.
Una delle parole più utilizzate in questi giorni è “prossimità”, intesa in relazione ai divieti: il nostro obiettivo è, superata l’emergenza, farci nuovamente “prossimi”, gli uni agli altri, come del resto abbiamo sempre fatto.