Con la nuova azienda unica, migliori prestazioni sanitarie

Fausto Nicolini spiega i vantaggi per i cittadini

L’organizzazione della sanità provinciale cambierà nei prossimi mesi. A partire dal mese di luglio non esisterà più una doppia azienda sanitaria, quella provinciale e quella del Santa Maria Nuova, come è stato per più di vent’anni, ma un unico soggetto deputato all’amministrazione della sanità.

Le aziende sanitarie sono nate in Italia nel mese di luglio del 1994, grazie al decreto legislativo 502/92. Da qui, poi, le sei unità sanitarie locali della provincia di Reggio, sono diventate una sola. Il 1 gennaio 1995, grazie ad una legge regionale, è stato scorporato l’Ospedale Santa Maria Nuova dal resto della sanità locale, con il conseguente sdoppiamento dei direttori generali.

Quest’anno, sempre a seguito di un provvedimento regionale, assisteremo al passaggio inverso: al rientro dell’ospedale del comune capoluogo nella sanità provinciale. Operazione possibile perché il Santa Maria non è una clinica universitaria. Da due direttori generali si tornerà ad uno solo e sarà il dottor Fausto Nicolini che già dirige la sanità che fa capo all’AUSL reggiana a ricoprirne la carica.  Per meglio capire quanto avverrà con questa scelta, parliamo direttamente con lui.

«Vent’anni fa c’erano buone motivazioni perché il Santa Maria fosse autonomo. Oggi ci sono diversi buoni motivi per fare il contrario. -ci spiega- Il caso della fusione tra aziende sanitarie in provincia di Reggio non è una novità. A livello nazionale si sono già registrati fenomeni di questo tipo. Tengo, però, a sottolineare che quella di Reggio non è una scelta legata a motivi di carattere economico-finanziario né è il risultato di un’imposizione dall’alto ma una scelta politica locale.

Progetti di collaborazione tra ospedali se ne stanno già facendo da tempo. La fusione delle aziende sanitarie non fa altro che dare forza a questo percorso».

In pratica, ciò che si fonde, sono due ospedali: il Santa Maria e l’insieme di tutti gli altri. Ne nascerà un unico presidio che potrà fare conto su millecinquecento posti letto, settemila dipendenti, cui si aggiungono cinquecento medici convenzionati, per oltre un miliardo di euro di fatturato.

Ogni struttura manterrà una propria vocazione. Correggio, ad esempio, continuerà ad essere un punto di riferimento per la riabilitazione. «Strutture e professionisti apparterranno ad un’unica azienda -prosegue Nicolini- e ciò farà sì che la qualità delle prestazioni sia la stessa su tutto il territorio.

Non si tratta, quindi, di un risparmio ma di una riallocazione delle risorse. Le medesime équipe di medici potrà intervenire su più sedi con un molteplice risultato: garantire che più ospedali abbiamo la dotazione tecnologica adeguata, offrire la medesima prestazione, in termini di qualità, in tutte le strutture e, di conseguenza, fare spostare i cittadini nel modo giusto. Da ciò deriverà anche un abbattimento delle liste d’attesa per interventi e prestazioni mediche».

A Correggio, ad esempio, sede operativa del servizio di oculistica, si assiste già a questo processo: la medesima équipe svolge interventi anche in altri ospedali, consentendo ai pazienti di poter scegliere la struttura più vicina al luogo di residenza e garantendo gli stessi standard qualitativi.

Altro esempio, la chirurgia senologica. Una volta si faceva in un unico ospedale. D’ora in poi, la stessa équipe che opera al Santa Maria Nuova potrà farlo anche negli ospedali di Guastalla o Scandiano.

«Dovremo arrivare a cambiare il modo di concepire la sanità locale -aggiunge il dottor Nicolini- non più come una gerarchia di ospedali ma come una rete composta da varie strutture. Penso che si debba pensare ad un percorso organizzato di cura, per guidare i cittadini nella scelta migliore, in base al tipo di patologia, che non è detto che trovi risposta nell’ospedale sotto casa.

Gli stesso medici saranno chiamati ad una nuova organizzazione del lavoro, fatto che porterà un cambiamento notevole anche per loro.

Ciò che potrà essere decentrato lo sarà, ciò che non potrà essere tale resterà in un’unica sede. A tale proposito si potrebbe aprire un capitolo per riflettere su ciò che significa salute e ciò che significa sanità. Nel primo termine metterei tutte le buone pratiche che ogni cittadino può adottare autonomamente in termini di prevenzione delle malattie, che vanno ad integrare il lavoro dei medici».

 

Una rivoluzione a trecentosessanta gradi, quindi, nell’ottica di un miglioramento delle prestazioni sanitarie, in una realtà che già vanta delle eccellenze. Il modello reggiano è stato argomento di indagine anche per l’università “Bocconi” di Milano. Il centro di riabilitazione di Correggio è, da tempo, un punto di riferimento a carattere nazionale; stessa sorte sta avendo il nuovo CoRe, il centro di ricerca onco-ematologico reggiano, grazie ad una politica di ricollocamento delle risorse economiche, in un quadro, non si può nasconderlo, di risorse economiche calanti.

A Fausto Nicolini, chiamato a dirigere la nuova unita sanità reggiana, non mancano certamente l’esperienza e la conoscenza per affrontare un percorso che, per quanto riporti ad una situazione conosciuta, presenta tutte le incognite della novità.

«Tutta la mia carriera professionale si è svolta a Reggio Emilia» conclude.

«Essere dirigente dell’azienda sanitaria locale del luogo in cui vivi, da un lato responsabilizza, perché si tratta dello stesso servizio cui ti rivolgi per te stesso e per i tuoi familiari, dall’altro è una tensione continua perché non si è mai finito di lavorare. È, comunque, una grande opportunità per contribuire a migliorare il servizio sanitario pubblico. Non credo si possa pensare alla sanità come ad un’azienda che ubbidisce alle regole del mercato. Un tempo sono stati fatti tentativi in questo senso, tutti falliti. L’azienda sanitaria, pur definita tale, è una cosa a sé.

L’impegno sarà tanto, ma sono ottimista perché la sanità reggiana vanta una grossa ricchezza: avere medici che sono fortemente attaccati ai loro ospedali ed al loro lavoro».

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