Come sempre, tutto parte dall’infanzia: cosa ci può essere di più bello di un paio di pattini a rotelle per un bimbo vivace e robusto come Mattia Carboni? Niente.
Infatti lui si appassiona a quelle scarpe con le ruote sotto, tanto da farne il suo passatempo preferito
e all’età di 5 anni decide che lui correrà e giocherà con i pattini, un bastone e una pallina: che hockey
a rotelle sia.
Comincia a gareggiare: prima allievi, poi junior e diventa campione italiano; poi under 21 e diventa campione italiano; poi under 23 e come sopra eccetera. Fino all’Europa: 2 bronzi europei, poi la coppa latina e così via.
Gli anni passano e da atleta diventa allenatore e riporta la propria squadra, sempre l’Hockey Correggio, dalla A2 alla A1.
Dopo 25 anni sopraggiunge una saturazione da hockey e gli “girano“ le rotelle di 360 gradi.
Lasciato lo sport di squadra passa al più individuale dei cimenti, il triathlon: nuoto, bicicletta e corsa, è di queste 3 specialità che si compone il triathlon, compiute una dietro l’altra senza interruzione, metti le scarpette e via.
Mattia ora, alla “veneranda” età di 35 anni e felicemente sposato, si misura con una disciplina durissima alla quale si è avvicinato per curiosità, senza allenamento, tanto è un atleta da sempre.
Partecipa, per invito di amici, in quel di Novellara, ad un triathlon sprint (del tipo di quello che verrà inserito probabilmente nelle prossime olimpiadi): 700 metri di nuoto, 30 km in bicicletta e 4 km di corsa. È una faticaccia ma anche amore a prima prova.
Quali sono le emozioni che ti riserva la pratica di questo sport?
«Misurarsi con se stesso per saggiare i propri limiti, andare oltre i dolori e gli inviti a fermarsi
che la propria mente e il proprio corpo invia di continuo al cervello, alzare continuamente l’asticella
per cercare di avvicinare l’obiettivo massimo per chi pratica il triathlon: partecipare ad un Ironman».
Puoi spiegarmi di cosa si tratta?
«L’Ironman (letteralmente “uomo di ferro”) è la prova regina di chi pratica questo sport.
Il circuito più famoso è Kona, alle isole Hawaii, dove attualmente si disputano i campionati mondiali, ma ce ne sono tanti altri in giro per il mondo e anche in Italia. Sono le solite tre prove di cui si compone il triathlon ma col massimo coefficiente di difficoltà: 3,9 km di nuoto in oceano, 180 km di bicicletta, 42,2 km di corsa (una classica maratona).
Io, dopo aver fatto la maratona di Milano come test per il mezzo Ironman di Rimini a maggio,
mi “accontenterei” di fare quello di Francoforte il 9 luglio prossimo per testare se sono in grado
di affrontare la prova regina di Kona».
Parlami degli allenamenti: come si svolgono, con chi, quando?
«Per chi lavora, come me, bisogna programmare gli allenamenti nei momenti liberi, di sera, durante
i weekend, che piova, nevichi o faccia bel tempo.
Fortuna ha voluto che durante le mie prime esperienze abbia conosciuto uno dei migliori atleti e tecnici del settore, David Morelli, l’eleganza atletica fatta persona, il quale mi ha aiutato ad impostare tutti tipi di preparazione allenandosi con me diverse volte, e che mi ha dato le basi e le motivazioni per proseguire in questa avventura sportiva estrema.
Ho conosciuto David Morelli, grande triathleta oggi 46enne, già nel lontano 1989, sul podio in un Ironman olimpico junior nel 1990.
Dal 2000 è coordinatore federale e per giunta è correggese di adozione per aver sposato una nostra compaesana.
Con lui ho sempre discusso di come sia indispensabile allenare intensamente anche il cervello, oltre agli altri organi, negli sport di durata. Sono importanti gli stimoli esterni, come la famiglia, gli amici, altri triathleti amici, per essere sempre concentrati ed essere sempre “sul pezzo”.
La famiglia è determinante per la tranquillità, gli amici perché non ti inducano in tentazioni goderecce
di qualsiasi natura. Mentre ci si allena bisogna abolire anche la musica, perché devi essere solo con te stesso, sentirti, testarti, pensare come resistere a sforzi che raggiungono anche le 11/12 ore ininterrotte, trovare energie nei più reconditi anfratti del tuo corpo e della tua mente; e qui diventa indispensabile sapersi alimentare, sapersi gestire, avere sotto controllo il proprio corpo con gli strumenti
che la tecnologia ci mette a disposizione, perché in gara raccogli quello che hai seminato durante
gli allenamenti: nel triathlon non si bleffa come si può tentare di fare nei giochi di squadra».
Esco dal suo ufficio e, prima di fiondarmi nel mio Mini Bar per reintegrare gli zuccheri consumati solo
ad ascoltarlo, saluto Mattia Carboni, e lo vedo diverso da quando sono entrato: mi sembra veramente
un “uomo di ferro”, anzi di più, un super ironman.