Cittadini del mondo

L'esperienza di due giovani correggesi in cerca di futuro

500.000 nostri connazionali, quasi tutti giovani, negli ultimi anni sono andati, per scelta o per forza, a cercare lavoro all’estero (molti di più di quanti siano stati gli immigrati in Italia).
Anche da Correggio alcuni giovani se ne sono andati. Abbiamo posto qualche domanda a due di loro: due ragazzi che, fin da prima di espatriare, si sentono “cittadini del mondo”.
Certo la scelta di provarci aiuta ad affrontare il futuro a viso aperto, senza piangersi addosso o giocare sempre in difesa.

Nicolò Galantini
«Ho deciso di partire per Stoccolma, in Svezia, a settembre del 2011 dopo essermi laureato in Lingue e culture europee presso l’università di Modena e Reggio Emilia.
La motivazione più forte che mi ha spinto a lasciare l’Italia era quella di provare a crearmi un futuro più stabile e di mettermi in gioco.

I primi sei mesi sono stati abbastanza difficili perché, trovare una sistemazione a lungo termine a Stoccolma non è facile, neanche per gli svedesi.
In più non basta sapere l’inglese perfettamente: aiuta a trovare dei lavori comuni come cameriere, nanny o barista, ma di certo non è sufficiente se ci si vuole inserire mercato stabile del lavoro.
A parte ciò, ho notato che il mercato del lavoro svedese è molto più aperto verso i giovani, anche per quelli appena usciti dall’università senza alcuna esperienza lavorativa significante.
Qui lo Stato punta molto sui giovani.
Se non si cerca un lavoro nel settore informatico o delle telecomunicazioni, la conoscenza della lingua svedese (anche basica) fa però la differenza.
Per esempio, all’inizio della mia permanenza a Stoccolma ho fatto lavori come il cameriere, per cui la conoscenza della lingua inglese era più che sufficiente; ma una volta acquisita una discreta padronanza della lingua svedese ho potuto trovare lavoro come insegnate in una scuola internazionale bilingue inglese/svedese (dove tuttora lavoro). 

Di certo il clima nordico non è dei migliori, d’inverno fa molto freddo e buio. Anche da un punto di vista sociale gli svedesi sono un popolo riservato e individualista quindi è molto difficile relazionarsi e creare nuove amicizie. 

A parte questi “svantaggi”, dopo quattro anni di permanenza, posso dire che con un salario medio qui si può vivere benissimo da soli, pagare tutte le spese e non arrivare a fine mese con l’acqua alla gola.
Per il futuro prevedo di prendere una seconda laurea (dopo un Master di due anni frequentato qui) perché in Svezia l’educazione scolastica è gratuita anche per i cittadini dell’Unione Europea.
E poi, eventualmente, aprire in futuro la mia scuola bilingue.»

Matteo Bagni
«Da quando ho iniziato a girare l’Europa, ho sempre sognato di poter un giorno provare anche a vivere in un paese straniero.
Finché finalmente ho deciso che c’erano buoni motivi per farlo: curiosità, voglia di cambiamento, noia, ambizione…  
Fortunatamente Internet fornisce tutte le informazioni di cui si possa aver bisogno, nonché la possibilità di ottenere on line i documenti necessari per l’Australia.
Superata la fase burocratica (poche ore) è bastato buttare qualche maglietta in uno zaino comodo.
Il primo impatto è stato meravigliosamente positivo, difficile da descrivere a parole cosa si prova atterrando a Sydney a febbraio, 30 gradi, l’aria leggerissima, spiagge affollate.
Ci sono molte differenze rispetto alla situazione italiana.
Il sistema sociale sembra funzionare bene.
È relativamente facile trovare lavoro, perché gli australiani guardano al valore della persona piuttosto che al solo guadagno che può generare.
La burocrazia è paurosamente efficiente e veloce.
I servizi pubblici sono di qualità. Gli stipendi sono 2 – 4 volte superiori rispetto a quelli italiani.
Ho avuto occasione di provare una buona gamma di lavori, tra cui lavapiatti, giostraio, operaio in una ditta manifatturiera e poi in un’azienda vinicola, e infine vari lavori agricoli per il periodo necessario all’estensione del visto.
Solo in minima parte anche ciò per cui ho studiato. Penso che l’inserimento nella realtà australiana sia facile per chiunque abbia voglia e disponibilità.
Chiunque sia dotato di un minimo di testa (e di inglese) può trovare uno spazio dignitoso, in cui fare un’esperienza professionale apprezzabile, risparmiare, arrivare a sera col sorriso.
In conclusione, non posso che dare una valutazione positiva, un’esperienza che consiglierei a tutti quelli che intorno ai 20 anni vogliono sul serio espandere la conoscenza del mondo e di quello che offre.
O anche solo per godere dei fenomeni, naturali e umani, in cui ci si trova immersi.
Per questo spero di poter ripetere questa mia esperienza anche in futuro».

 

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