C’è poco lambrusco nei ristoranti locali

Il vino buono è quello che sulla tavola finisce per primo. Non esiste un metro di valutazione più sincero e realistico di questo. I recenti giorni di festa sono stata una importante occasione per dimostrare che il Lambrusco da questo punto di vista non teme confronti. Il nostro vino, lo sappiamo, è un vino che piace anche se potrebbe essere molto più presente nella ristorazione locale. Nel cuore del territorio in cui il Lambrusco viene prodotto di questo vino ce n’è troppo poco. Poco nel senso che nella maggioranza degli esercizi, bar o ristoranti che siano, è molto raro poter scegliere fra più di tre etichette di Lambrusco quando se ne potrebbero proporre a decine e varrebbe sicuramente la pena di creare una vera e propria “carta dei Lambruschi”.

Questo anche in virtù della varietà di tipologie, non solo di cantine. Una sconfitta per tutti. Per i produttori che pur essendo stati protagonisti di una forte crescita qualitativa dei loro prodotti non hanno saputo capitalizzare questo traguardo con una capillare presenza delle loro bottiglie nei locali. Siamo maestri a produrre ma non a promuovere. Sconfitta per la ristorazione che sembra non credere e non dare valore alla forza della tipicità dei prodotti locali, nella gamma e nella storia che ogni bottiglia può raccontare.

E questo in un momento in cui i consumatori sono sempre più attenti ed informati dal punto di vista enogastronomico e particolarmente attratti dai vini che hanno un legame con il territorio. Agli occhi di chi viene da fuori, per turismo ma soprattutto per lavoro, ne esce sconfitto anche il territorio che non riesce a mostrare una propria personalità quasi fosse il primo a non credere in se stesso. Proviamo ad andare in un’altra importante regione viticola d’Italia a vedere se riusciamo a non bere un loro vino tipico. Non si tratta di un fattore economico, la produzione vinicola locale è talmente tanta che non potrà mai essere venduta tutta sul territorio, si tratta d’orgoglio. Non ci sono giustificazioni. Indipendentemente da quanto sia dispendiosa una rete commerciale che permetta di essere presente in modo capillare nei ristoranti locali o da quanto sia difficile raccontare al consumatore le differenze fra varie tipologie di Lambrusco. Sembra quasi che ci si vergogni di uno dei vini più conosciuto ed esportato al mondo, e questo proprio nel suo territorio di origine. Da questo punto di vista dobbiamo ancora crescere parecchio. L’importante è iniziare da subito.

Se tutta la produzione di uva della nostra provincia venisse imbottigliata, rossissimo compreso, genererebbe più di 160 milioni di bottiglie. Vale a dire che ogni famiglia reggiana ne avrebbe a sufficienza per stappare oltre 700 bottiglie di Lambrusco ogni anno o che tutti i bar e ristoranti dell’Emilia Romagna potrebbero servire, ognuno, 20 bottiglie di Lambrusco ogni giorno dell’anno. Questo senza dimenticare che oltre confine la provincia di Modena, che dal puto di vista della quantità della produzione è nostra gemella, ha esattamente lo stesso potenziale produttivo. È quindi evidente che vendere una bottiglia in più nei ristoranti locali non potrà mai stravolgere il mercato e l’economia del Lambrusco ma è allo stesso modo vero che se i Lambruschi presenti sulla carta dei vini fossero almeno 10 o 15 l’immagine che daremmo di noi sarebbe ben differente.

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