Attualmente gestisce una rivendita multimarche di capsule per macchinette da caffè espresso, ma per gli addetti ai lavori Lorenzo Cavallini è il giocatore di pallavolo più famoso di Correggio. Ha giocato a livello nazionale per moltissimi anni: ben 11 campionati da A1 e 5 di A2 in società che hanno lottato anche per vincere lo scudetto, come Piacenza, e vincendo una coppa europea nel 2005/6, la Top Team Cup, sempre con la Copra Piacenza.
Giocava nel ruolo di “centrale” e forse fu uno dei primi a sfiorare i 2 metri di altezza in quel ruolo. Attualmente coltiva la sua passione come allenatore e dirigente della Società Correggio Volley.
Lorenzo, come sei arrivato al professionismo? Che pallavolo era quella che hai vissuto da protagonista, tecnicamente ed economicamente?
«Sono partito tardi, verso i 18 anni, nella parrocchia di S. Biagio di Correggio giocando con amici; ho continuato poi presso la squadra amatori evoluti di Correggio allenata da Sandro Maselli, ex giocatore della famosa Panini Modena; poi, per la mia altezza allora inusuale, nel giro di 4 anni sono approdato in A2, nell’allora Latte Giglio di Reggio Emilia; infine arrivò il professionismo in squadre di seria A di altissimo livello, dove erano presenti campioni super pagati che contribuivano indirettamente anche a elevare il compenso degli altri giocatori un po’ inferiori. Erano i tempi dell’Italia di Velasco, campione d’Europa ‘89 e del mondo ’90; posizione che io ho solo sfiorato partecipando a stage con i campionissimi Giani, Zorzi, Bernardi, e poi giocando nella squadra B le Universiadi in Giappone, dove ci classificammo terzi».
Che differenza vedi tra la pallavolo che hai lasciato già da alcuni anni e quella attuale a livello professionistico?
«Ti porto solo un esempio. Ho esordito che ero il centrale forse più alto d’Italia; ho finito la mia carriera che ero il più piccolo. Oggi altezza e forza fisica sono preponderanti. Ma mentre quando giocavo io la pallavolo era uno sport in evidenza, con sponsor molto importanti, oggi non ha più la visibilità di allora, arranca, anche se i risultati di club non mancano a livello europeo».
Il rientro nella quotidianità, il distacco dal mondo professionistico ti ha pesato? Quali le cause? Speri di ritrovarlo da allenatore un domani?
«Ritrovare la quotidianità è stato molto difficile. Passare dal ritmo frenetico dell’attività sempre con la valigia in mano e sempre in palestra alla tranquillità della vita di tutti i giorni di Correggio non è stato semplice. Fra l’altro, sono stato uno dei giocatori più nomadi del panorama nazionale, cambiando 12 squadre in 16 anni di attività».
Che percorso hai intrapreso e quale è stata la molla che ti ha portato alla decisione di fare l’allenatore?
«Possiedo tutti i titoli per poter fare l’allenatore e quest’estate ho lavorato con la Nazionale femminile. Ma non so se ho ancora lo spirito per tornare a rimettermi in gioco, tornare ad una vita sul filo del rasoio, dell’esonero se va male, dei palazzetti urlanti. A Correggio sto trovando molte gratificazioni; se arrivasse la proposta irrinunciabile ci penserei, ma non credo avverrà».
Domanda delle “cento pistole”. Per allenare bisogna essere anche psicologi esperti?
«Bella domanda, talmente vera e attuale che dopo alcuni anni che allenavo ho sentito il bisogno di iscrivermi ad un corso di Educatore Sportivo per approfondire e aprire i miei orizzonti, lavorando molto su me stesso per essere più ricettivo alle esigenze e alle nuove forme di comunicazione che intercorrono tra loro e me. Io rappresento in qualche modo l’autorità, e si sa come questa venga vissuta ai nostri giorni. È necessario trovare empatia senza prevaricare, dialogare entro paletti prefissati: è un compito difficile ma affascinante».
Mi sembra che tu abbia anche incarichi organizzativi all’interno della Società Correggio Volley. Come riesci a conciliare gli impegni dell’attività commerciale che hai avviato e fare l’allenatore e dirigente di società sportiva?
«Sono partito come factotum in stretto contatto con il presidente Fornaciari, facendo di tutto, dal magazziniere al tecnico, a gestire il sito Web della società. Poi col tempo altri dirigenti sono entrati e il mio impegno per la Volley Correggio è rientrato entro parametri gestibili. La Correggio Volley è cresciuta in numero e qualità di giocatori praticanti e di dirigenti attivi: ora gestiamo circa 160 atlete suddivise in diverse fasce di età, partecipiamo a 11 campionati di cui uno a livello regionale e gli altri provinciali, abbiamo ottenuto quest’anno il certificato di qualità “argento” dalla federazione pallavolo (siamo solo in 3 a livello provinciale a fregiarsi di tale qualifica su ben 55 società) riconoscimento che ci inorgoglisce moltissimo. Lasciami aggiungere una gratificazione personale: il 17 marzo ho ricevuto l’attestato di benemerenza al merito sportivo da parte del CONI che mi ha reso molto felice e riconoscente».