news febbraio 2015

Buon Natale Islamico!

Tra domande, perplessità e scoperte

Mi aspettavo di trovare la conferma di quello che di solito pensiamo dei musulmani, in questa festa del Natale islamico a Correggio, celebrato il 25 gennaio.
In realtà le cose saranno un po’ più complesse.
È prevista una lunga assemblea alla palestra Einaudi e poi un corteo che porterà qualche centinaio di persone e decine di bandiere verdi fin davanti al Municipio.
Nel solito deserto domenicale di Correggio, questa gente intonerà i propri canti religiosi e quest’anno lancerà anche, attraverso il megafono, messaggi di pace e di uguaglianza tra gli uomini. Per l’occasione messaggi in italiano, «per farci capire da voi, dopo quello che è successo a Parigi» mi dice un pakistano (i partecipanti alla festa sono quasi tutti pakistani) che faceva il taxista a Islamabad e ora a San Martino lavora come operaio in una fabbrica di stampaggio di materie plastiche. È noto che gli immigrati indiani hanno risolto la scarsità di manodopera in agricoltura e negli allevamenti del Parmigiano Reggiano, i pakistani invece nelle piccole e medie imprese metalmeccaniche.
«Islam significa pace» mi ripete un giovane. A dir la verità Wikipedia precisa che vuol dire «sottomissione a Dio» anche se poi la radice è la stessa di salam che per l’appunto vuol dire pace. Non mi soffermo sui dettagli, anche perché sono solo parole.

E vado al punto che mi sembra decisivo: perché voi musulmani in Francia e in Italia avete rifiutato il messaggio che univa milioni di occidentali in nome della libertà di pensiero, “Je suis Charlie”? «Perché se devo essere qualcuno, io credente posso solo identificarmi col Profeta, je suis Mohammed. Io sono veramente libero nella mia fede che racchiude tutti i valori in cui anche tu credi». Un attimo prima quel giovane aveva giudicato assassini i terroristi e masse strumentalizzate dalla politica quelle che incendiano le chiese in medio oriente, dunque se fosse sincero… Il fatto è che a questa invasività della religione noi occidentali non siamo più abituati da molto tempo, direi da almeno due secoli.
Dal pulpito un imam francese arringa i credenti con voce tonante. «Dice che occorre vivere nel rispetto per tutte le sensibilità religiose» traduce il giovane. Don Giancarlo, intervenuto un momento prima ha sviluppato questo stesso concetto che del resto papa Francesco ha già ripetuto. E in effetti la buona educazione anche in occidente ha sempre escluso la bestemmia.
Parlo con Imram, pakistano di trentotto anni, che a Islamabad ha studiato storia delle religioni. «Tutte, -precisa- e in modo approfondito». Lavora come stampatore di stoffa nella maison di Angelo Marani ed è orgoglioso, mi dice proprio così: “orgoglioso”, come unico straniero della ditta, di preparare i materiali per le sfilate. «Parlo con tutti di religione, della Bibbia, è il mio hobby. Ho trovato da voi molta impreparazione; e anche interpretazioni strane, credo si chiamassero testimoni di Geova».
Il settore femminile è separato da una tenda da quello, molto più numeroso, dei maschi. Mi sembra di tornare all’infanzia quando le classi elementari erano rigidamente divise per sesso. Il reparto maschile è molto serio e compreso del ruolo (poche tuniche, molti jeans e giacche a vento, pochi copricapi). In quello femminile si sprecano i sorrisi e le chiacchiere, i bimbi scorazzano e diverse donne si mettono in posa per farsi fotografare nelle loro vesti colorate.

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