Bruto Terrachini, artista estroso e originale

Il caricaturista scomparso cinquant’anni fa

Esattamente cinquant’anni fa, il 5 febbraio del 1972, moriva Bruto Terrachini. Era nato a Rio Saliceto il 10 agosto del 1891.
Il padre Pier Giacinto è stato un uomo vulcanico: ingegnere, architetto, geometra. Ha realizzato diverse abitazioni e architetture di pregevole fattura. Era dotato di qualità artistiche che ha trasmesso ai due figli, Bruno e Bruto. Fu fondatore della prima cooperativa enologica d’Italia e sindaco socialista di Rio Saliceto. La madre era la contessa reggiana Maria Teresa Malaguzzi Valeri.
Bruto frequentò da ragazzo la scuola d’arte di Reggio Emilia “Gaetano Chierici”, ma non aveva la pazienza e il rigore per svolgere gli studi con continuità. Abbandonata la scuola iniziò una vita errabonda. Inforcata la bicicletta, cominciò a vagare per l’Italia e per l’Europa inseguendo il suo bisogno di conoscenza e la sua curiosità. Gli venivano assegnate commesse per eseguire fregi in cotto o in cemento, utilizzati per decorare le abitazioni. Realizzato il lavoro e ricevuto il compenso ripartiva: Germania, Austria… dai più svariati luoghi inviava lettere e cartoline alla moglie e alla sorella.
Ha eseguito anche diversi lavori in zona che testimoniano le sue indubbie capacità esecutive e creative come le decorazioni del Torrione, l’edificio progettato e costruito dal padre sulle mura del bastione di Carlo V°, o le centine in cotto del cornicione e delle finestre del Palazzo dei Principi, gli ornati di molte ville e case della zona, i busti di personaggi illustri ad ornamento di edifici e cancellate.
Col passare degli anni i suoi lunghi viaggi si diradarono, fino a cessare quasi completamente: si ritirò a vivere a Correggio. Nella sua casa di Via Marconi, dotata di un giardino su Via Cesare Battisti, si dedicò alla attività che più gli piaceva e che lo rese famoso. Bruto ritraeva i personaggi, prevalentemente correggesi, con bassorilievi in creta; poi, con dei fili di ferro, li appendeva in giardino dando vita ad un originalissimo museo open air.
Bruto dedicava tutto il suo tempo a questa attività, andava a prendere la creta nella fornace di Mandrio, plasmava ogni giorno nuove formelle (faciot, come lui li definiva), le faceva essiccare e poi le portava alla fornace per la cottura. Era molto orgoglioso del suo lavoro e diceva: “i miei sono veri e propri ritratti”. A volte a fianco della figura scriveva il nome della persona o una battuta che la caratterizzava. In alcuni suoi bassorilievi aveva inciso: Bruto Terrachini caricaturista.
Gli piaceva bere a casa e all’osteria “Bar Sole” dove, in attesa del pranzo, faceva schizzi sui tovaglioli o sulle carte del menù. Amava il lambrusco, che prendeva in bottiglioni da 2 litri, e ancora di più la grappa. A chi gli chiedeva da cosa nascesse questa sua passione, raccontava di “essere stato cresciuto col pane intinto nel vino”. Portava sempre la cravatta rossa da Socialesta ed Prampulein e in testa il purillo.
Alle sue opere si interessarono diversi artisti tra cui il bolognese Cleto Tomba; gli furono dedicati diversi articoli di giornale e un servizio televisivo di “Cronache Italiane”. Bruto esprimeva spesso il desiderio che i suoi lavori potessero essere ammirati da molti visitatori, attratti dalla bellezza dei suoi ritratti in creta e dalla originalità della esposizione.
Dopo la sua morte i parenti hanno donato le sue opere alla Amministrazione Comunale affinché potessero essere esposte nel Museo che era in allestimento. Gli sono state dedicate diverse mostre temporanee ma non si è mai trovata una sistemazione definitiva e strutturata del suo ampio lavoro. Un vero peccato, perché è stato artefice di un’esperienza artistica assolutamente originale. Con ironia e leggerezza ha ritratto in terracotta le persone che lo circondavano o lo interessavano, cogliendo i tratti essenziali della loro identità senza distinzioni di classe, di età, di sesso. Era affascinato dalla gente e dalla possibilità di poterla plasmare con il suo personale stile ed esporla nel suo originalissimo giardino-museo personale.
È probabilmente giunto il momento di abbattere alcuni steccati, come quello tra “cultura alta” e “cultura popolare”, e di superare il concetto pomposo di “Museo”… Sarebbe opportuno dare vita ad una serie di musei minimi o ancora meglio a luoghi meravigliosi: scenari informali, capaci di accogliere queste espressioni artistiche preziose e interessanti.

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