Martedì 14 febbraio il pubblico del teatro Asioli è stato testimone di un grande evento: la prima nazionale di “Azul, gioia, furia, fede y eterno amor”. Lo spettacolo, scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca, ha segnato il ritorno sul palco del bolognese Stefano Accorsi, personaggio al quale noi correggesi, tra l’altro, siamo legati già dal tempo della sua magica interpretazione del protagonista di Radio Freccia, il film di Luciano Ligabue che nel 1998 l’ha lanciato come attore.
Se l’apertura della pièce, che vede Accorsi seduto su una sedia che parla con se stesso della genesi della vita, fa pensare ad un monologo, la prosecuzione della spettacolo prende tutta un’altra direzione. La narrazione, infatti, che si trova posta a metà tra sogno e realtà, pone al centro la passione per il calcio e l’amicizia che lega i quattro protagonisti.
Sulla scena, accanto ad Accorsi, troviamo gli attori Luciano Scarpa, Sasà Piedepalumbo e Luigi Sigillo, mentre al centro della storia ci sono le vite di quattro amici: vite di gente semplice, che condivide passati alle volte burrascosi, segnati da grandi gioie e altrettanto grandi dolori. Si tratta di persone diverse tra loro, che hanno però in comune una passione, la quale diventa allo stesso tempo febbre e follia: quella per il calcio. Il titolo dello spettacolo, Azul, rievoca proprio il colore della maglia della squadra per la quale i protagonisti, la domenica allo stadio, si fanno conquistare da una furia che li investe, travolgendoli.
A mio parere, tuttavia, ciò che coinvolge lo spettatore non è tanto questo amore sfegatato per la squadra del cuore, quanto il genuino e credibile legame che unisce Pinocchio, Golem, Adamo e Frankenstein, ossia una di quelle amicizie che permette alle persone di parlare di tutto oppure di niente, di fare scherzi e battute sciocche o di perdersi in vagheggiamenti filosofici, di ricordare ciò che è stato o di trovare insieme la forza per dimenticarlo, di ridere a crepapelle per un nonnulla senza sentirsi stupidi o di piangere privi del timore di essere compianti. E, nella vita, avere qualcuno con cui condividere un sentimento così genuino e autentico non è cosa da poco!
E così quando gli amici tifosi si abbracciano al centro del palco alla fine dello spettacolo, saltando e urlando sotto una pioggia di coriandoli, ciò che scalda e sconquassa i cuori di chi li guarda non è tanto il clima festoso da stadio, ricreato tra l’altro in modo davvero credibile grazie ad un’abile scenografia, quanto il calore di quel legame che alle volte, come per magia, nasce tra le persone e le tiene unite, le sorregge, offrendo a ognuno il confortante appoggio dell’altro.
Credo che l’applauso finale, in questo caso, nasca proprio nell’intimo di ciascuno dei presenti: è impossibile non essere trasportati dalle emozioni suscitate dall’interpretazione magistrale di una storia che riesce a rendere la straordinarietà del quotidiano, in cui tutti possono ritrovare una piccola parte di sé.