D – Stronzo!
R – Come si permette? Guardi che potrei spianarla come una sfoglia per tagliatelle!
D – No, io dicevo…
R – Allora preferirebbe essere appeso come una coppa?
D – No no, mi scusi, è che…
R – Che fa, insiste? Ma cosa vuole da me?
D – Lasci perdere. La volevo solo avvisare che stava per pestare una smisurata cacca di cane, spiaccicata lì proprio davanti al negozio dell’iridologo. Ma, ora che ci ha sguazzato dentro, non ha più nessuna importanza
R (su tutte le furie) – Chi è quello stronzo che porta sotto i portici il maledetto cane e non raccoglie le sue cose?!
Lo lascio che cerca di pulirsi le suole strisciandole con vigorosi colpi d’anca e disegna arabeschi marròn sul marmo rosa.
Cammino per i portici di corso Mazzini per svoltare in via Antonioli e poi in corso Cavour: destinazione, i contenitori del rusco in via del Principato, dove opera la raccolta differenziata in versione creativa. Il vetro e i barattoli dentro a robuste borse di plastica; i cartoni abbandonati se appena un po’grandi; la plastica che esonda da un cassonetto, due passi prima di un altro desolatamente vuoto. Questo percorso dovrebbe consentirmi di incontrare qualche “barbaro” da intervistare. Primo Piano ha deciso di compiere un’indagine sul mancato rispetto delle regole da parte di alcuni residenti. Non tanto per denunciarne il comportamento (ci ha già pensato il Comune con editti, multe e tremendi supplizi) quanto per sondare la psicologia, cogliere il pensiero, scoprire la filosofia di questa varia umanità.
Ecco che due ragazzi passano in bicicletta sotto il portico, dopo aver razionalmente scelto la scorrevolezza del marmo di Verona alla scomodità dell’acciottolato della piazza. Dalla parte opposta arriva una donna, sempre in bicicletta, e dal bar esce proprio in quel momento la barista col vassoio delle bibite. Prendo nota dello sguardo assolutamente vacuo dei ragazzi: non ne potrei cavare alcuna intervista in quanto sono sicuramente incapaci di avere un pensiero. Mi sembra più interessante il comportamento della cinquantenne, che dopo aver mancato di un niente la barista e aver invece centrato il cabaret col suo contenuto, si è arrestata sconvolta due metri avanti.
D – Mi dice per favore che cosa pensa?
R – Ma cosa vuole che pensi, certa gente andrebbe arrestata. Ha visto quei disgraziati che paura mi hanno messo?
D – I due ragazzi?
R – Certo, i loro genitori mica gli insegnano l’educazione!
D – Però anche lei…
R – Ah sì, anche la barista, uscire così di botto, senza guardare
D – La barista, dice?
R – Ma si rende conto che potevo travolgerla? Non è mica giusto… ho preso una paura, ma una paura! Senta come batte forte il mio cuore… senta la prego… metta la mano qui!
Tra le mie mansioni non è prevista quella di metterle la mano lì. Così rivolgo le mie attenzioni alla barista che si sta ricomponendo. Intanto la ciclista, calmati i turbamenti del cuore, ha ripreso con grande diffidenza il suo tour sotto i portici.
Un avventore che ha seguito la scena mi rende una dichiarazione spontanea.
R – Eh, non farci caso, è una battaglia persa. Tra biciclette e carrozzine motorizzate finirà che ci metteranno un autovelox sotto i portici. E poi il progresso tecnologico non aiuta. Adesso tornano di moda le “draisenne”. Hai presente le antenate delle biciclette, due ruote una sella e nessun pedale? Ovviamente ora le fanno avveniristiche e costose, in titanio e freni a disco. C’è già qualche correggese che può legittimamente sfrecciare per i portici, perché a tutti gli effetti cammina: seduto, ma cammina!
Prendo nota con interesse di questa novità e proseguo nella mia indagine. Arrivo davanti alla farmacia. Il Comune ha lodevolmente investito in appositi tubi di acciaio sparsi per il paese per risolvere l’eterno problema delle cicche di sigarette che vengono spente per terra formando un variegato tappeto. E gli “operatori ecologici” devono raccoglierle e spesso scalzarle dagli interstizi di sassi e sampietrini. Dunque, davanti alla farmacia c’è un signore che fuma. Arrivato in fondo alla sigaretta la getta per terra e la calpesta con grande cura. Esattamente sotto uno di questi contenitori. Lì il mozzicone si aggiunge ad un’altra decina di residui tabagici.
D – Scusi, mi può raccontare che cosa ha pensato in questo preciso momento?
R – (molto sorpreso) Beh, se proprio lo vuol sapere stavo pensando ai fatti miei
D – Non ne dubito. Ma vede, un motivo ci sarà per non usare lo spegnicicca comunale. Forse (suggerisco) era sovrappensiero
R – Ah sì. Forse. O forse c’è una ragione psicanalitica. Fin da ragazzo tutti mi hanno detto di smettere di fumare, e l’atto di calpestare con violenza il mozzicone è un atto liberatorio per il complesso di colpa che mi assale quando fumo. Capisce?
D – Ci provo. Grazie
Un tempo ogni proprietario si faceva un dovere di aggiungere un occhio di portico davanti a casa sua. Per riparare la gente dalla pioggia, per consentire a tutti di fare le “vasche”, per aprire i negozi all’esterno a mostrare le loro merci: mezzene di vacche, frutta e verdura, casalinghi… Una perdita secca di spazio privato a vantaggio della comunità che oggi sarebbe l’incubo di ogni immobiliarista. E finalmente questo spazio torna ad essere privatizzato per merito dei nuovi barbari, che per nessuna ragione rinuncerebbero ai propri personali usi e costumi.