Correggese di nascita, fiorentino per adozione lavorativa, classe 1943, un occhio speciale per attribuire e valutare dipinti dell’800, 25 anni in Christie’s come responsabile Italia, architetto, storico dell’arte e conoscitore, curatore di cataloghi e mostre, ricerche di archivio e, non ultimo, pittore.
Incontro il Prof. Andrea Baboni nel suo studio a Correggio un pomeriggio di aprile e quella che dovrebbe essere un’intervista abbastanza veloce si trasforma in una lunga e piacevole chiacchierata, in due tempi, un excursus di tutta una vita dedicata all’Arte.
Mi accoglie in casa con la moglie Daniela, sposata nel 1972, che da sempre lo segue condividendone la passione artistica, in una sala-studio stracolma di opere appese, foto d’archivio, volumi e cataloghi di una ricca biblioteca comprendente migliaia di testi di artisti italiani, appartenenti alle diverse scuole regionali che hanno operato nella seconda metà del XIX secolo e agli inizi del XX. Ma la cosa gradevole ad attendermi sono quelle piccole mattonelle con scene tratte da Van Gogh dipinte a smalto presso il laboratorio della scultrice Carmela Adani, quando il Professore aveva circa 10-11 anni; una passione, quella della pittura, che lo ha accompagnato da sempre e che lo ha portato a dipingere un aspetto della natura (foglie e rami) che definirei “naturalismo astratto”, dove le foglie accartocciate, stese ad olio o a pastelli a cera, evocano altre figurazioni. Pittura praticata anche con esposizioni personali, a Firenze nel 1970, a Reggio nel 1971, a Milano presso la Fondazione Europa nel 1975 e una collettiva, alla Galleria La Scaletta a Reggio Emilia nel 1977 con i giovani più rappresentativi dell’arte contemporanea di allora.
Dalla sua casa di Correggio, frequentata anche da Vanda Gherpelli per quell’amore per la musica della madre, Andrea si trasferisce a Firenze per iscriversi alla facoltà di Architettura. Mi racconta che girava in bici per la città medicea ed iniziava a conoscere e a frequentare galleristi e artisti, che lo invitavano a scrivere brevi testi critici.
Una Firenze molto particolare quella di quegli anni, che vide fiorire numerose nuove esperienze d’arte ed architettura che ribaltavano lo spazio convenzionale; una Firenze non più solo città gioiello, ma proiettata al futuro. In quell’atmosfera Andrea si laurea nel 1971, ma subito dopo lascia la città per diventare il responsabile urbanistico della Comunità Montana dell’Appennino Reggiano, dove si occupa dei nuovi piani si sviluppo della montagna e della localizzazione delle aree industriali in zone non compromettenti la bellezza dei paesaggi.
Ma Firenze rimane comunque nel cuore, e qui inizia a frequentare, una volta alla settimana, Lanciotto Bietoletti, esperto collezionista e grande conoscitore della pittura macchiaiola e seguaci. Sempre in quegli anni frequenta anche la Galleria Parronchi, che allestisce importanti esposizioni oltre che di pittura toscana anche di opere di altre scuole italiane dell’800/900. In quell’ambiente conosce la moglie di Giovanni Malesci (1884-1969), allievo prediletto del pittore macchiaiolo Giovanni Fattori (1825-1908) e suo erede universale, che lo scelse per redarre assieme a lei la schedatura dell’opera incisa di Giovanni Fattori, lasciandogli pure prezioso materiale dell’Archivio Malesci per completare l’aggiornamento della catalogazione dei dipinti ora in fase conclusiva.
I Macchiaioli sono stati un movimento artistico italiano formatosi a Firenze, al Caffè Michelangelo, a partire dal 1855, in relazione con i fermenti ideologici del Risorgimento nazionale e come reazione all’inerzia formale delle Accademie. Il movimento affermava la teoria della ‘’macchia’’ sostenendo che la visione delle forme era creata dalla luce come macchie di colore, distinte, accostate o sovrapposte ad altre macchie di colore; in questo modo, l’artista era libero di rendere con immediatezza verista ciò che il suo occhio percepiva nel presente.
Nel 1989 inizia un nuovo percorso lavorativo più consono ai suoi interessi artistici presso la casa d’aste Christie’s, fondata nel 1766 da James Christie, e qui rimane fino al 2005, ricoprendo il ruolo di responsabile ed esperto di dipinti italiani del XIX secolo, tanto da essere consultato assiduamente anche dalle sedi principali di Londra e New York.
Per darvi un’idea di cosa sia oggi Christie’s, vi ricordo che ha sedi in 46 Paesi e ha 10 sale d’asta in tutto il mondo: Londra, New York, Parigi, Ginevra, Milano, Amsterdam, Dubai, Zurigo, Hong Kong e Shanghai; negli ultimi anni ha organizzato eventi anche in Russia, in India e negli Emirati Arabi Uniti; organizza circa 350 aste ogni anno in 80 categorie diverse (oltre alle opere d’arte ci sono la fotografia, i gioielli, le borse, i vini). L’Italia è sempre stato un Paese importante e fu a Roma, in Piazza di Spagna, che venne aperto il primo ufficio estero, nel 1958; la prima asta si tenne nel 1970, tutta di dipinti italiani antichi. Nel 1979 Christie’s aprì un ufficio anche a Milano. Attualmente è di proprietà del Groupe Artémis, la holding di François-Henri Pinault. E per chiudere, nel 2017, il “Salvator Mundi” di Leonardo è stato venduto per 450 milioni di dollari da Christie’s a New York, all’epoca il prezzo più alto mai pagato per un singolo dipinto in un’asta.
Andrea Baboni non è solo storico dell’arte, ma un profondo conoscitore di tutta la pittura; ha sempre avuto un occhio particolarmente acuto per riconoscere l’autenticità delle opere, dovuto all’attento studio degli artisti del passato, di Michelangelo, agli approfonditi studi, alle svariate letture, alle visite museali.
Il primo catalogo fu quello dedicato alle incisioni di Fattori, che lo portò a visitare numerosi musei in Italia e a studiare direttamente le opere nei fondi di archivio. Poi arrivò la curatela di numerose mostre (circa 25, di cui sei direttamente per conto del Museo Fattori di Livorno), la pubblicazione di libri d’arte (circa 30), le perizie, lo studio di altri artisti (Gaetano Chierici, Stefano Bruzzi, Mario Puccini, l’orientalista A. Pasini). Nel 2005 lascia definitivamente Christie’s con la consapevolezza di avere fatto molto per la valorizzazione dell’Arte del XIX sec, ma la stima di tutti e la fiducia nel suo modo puntuale, veloce e senza dubbi di vedere attraverso le nebbie dell’Arte lo portano a proseguire il cammino, prima aiutando nelle consulenze una piccola casa d’aste, fondata da un gruppo di suoi allievi, e poi come esperto presso la storica Galleria Pananti che, dal 1968, organizza mostre e vendite all’asta divenendo punto di incontro per collezionisti, critici d’arte fra cui Ragghianti e Zeri, pittori, scultori, poeti. Ad oggi, il Museo Fattori di Livorno indirizza a lui i collezionisti che desiderano conoscere l’autenticità delle loro opere.
Dopo aver visionato libri e cataloghi, la conversazione si chiude con qualche aneddoto, qualche foto, nessun rimpianto, ma un grande desiderio: realizzare un’esposizione dei suoi dipinti ad olio e pastelli su carta, realizzati fra il 1969 e il 1975, che il professore custodisce da allora. Li guardiamo uno ad uno, li riponiamo in ordine nella cartella che li conserva e poi chiosa: certo che poi tutti incorniciati dove li metterei?