Primo Piano ha incontrato per voi Giorgio Canali, nome forse poco noto al “grande pubblico”, ma che agli addetti e agli appassionati di musica – specialmente indipendente, specialmente italiana – dice molto. Da annoverare nella serie dei “nuovi correggesi”, la sua storia va di pari passo con quella dei più importanti gruppi che la scena rock italiana abbia espresso a partire dagli anni Ottanta e Novanta: Litfiba e CSI-PGR (ex CCCP). Giorgio, infatti, da circa un anno vive a Correggio. Nativo di Predappio, residente per anni a Ferrara, ha scelto la nostra cittadina come sua residenza e capita spesso, per chi lo conosce, di vederlo passeggiare per le vie e i parchi cittadini insieme alla sua “morosa” (e non compagna, ci tiene a precisare, che suona troppo “paraistituzionale”) Giada e ai cani Yuma e Niihal. Le ragioni del suo trasferimento sono personali (“Succede, a volte, nella vita”, ci dirà) ma a noi fa piacere che Correggio, “città della musica”, si sia arricchita di una presenza di questo calibro. Perciò non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione e lo abbiamo braccato, in un tetro e nebbioso pomeriggio di dicembre, riscaldati da qualche bicchiere di vino al bar del Teatro. L’incontro è stato anche l’occasione per parlare del suo ultimo disco, “Undici canzoni di merda con la pioggia dentro”, uscito nel 2018.
Conversare con lui si rivela da subito un percorso a ostacoli, complicato ma allo stesso tempo appassionante. Le sue risposte tendono a essere fuorvianti e spiazzanti. Da bravo e convinto “(semi)anarchico”, come lui si definisce, non lesina strali verso ogni forma di potere, sia esso di destra, che di sinistra. E quando gli faccio notare che, pur con alcuni limiti e difetti, il modello emiliano non è poi tanto male, mi risponde che però fu proprio Cofferati a decidere la chiusura anticipata delle serrande dei locali notturni a Bologna, facendo arrabbiare la gente della notte e i ragazzi dei centri sociali.
Abbandoniamo, quindi, per un po’ la politica – anche se questo rimarrà il tema di fondo di tutta la nostra chiacchierata – per ripercorrere i suoi inizi musicali, quando, per un gioco del destino, si trovò a lavorare come fonico dei Litfiba e in seguito ad accompagnarli nella tournée che li portò in URSS insieme ai CCCP. «Suonammo anche a Correggio, per il tour di “Litfiba 3”, un album strepitoso. Se non ricordo male, fra gli organizzatori di quella data c’era anche Luciano Ligabue, che all’epoca lavorava per ARCI spettacoli».
Quindi, gli chiedo, la tua scelta di trasferirti a Correggio dipende anche dalla radicata tradizione rock locale?
«A Correggio ho suonato più di una volta, ma l’esperienza che resterà sempre nella mia memoria è quella di Materiale Resistente, il concerto organizzato dai CSI insieme ad Alessandro Pelli e Fabrizio Tavernelli nel 1995 per presentare l’omonimo album. A Correggio siamo tornati anche nel 2015, per il ventennale di quell’esperienza».
E di Correggio, oltre ai nomi che hai citato, conosci qualche altro gruppo o cantante?
«Fra i giovani adoro i Gazebo Penguins e mi piacciono molto i Valerian Swing. Ovviamente stimo tantissimo Fabrizio Tavernelli, che per me è un grande, oltre a essere un amico. Altri nomi, al momento, non mi vengono in mente».
Dopo lo scioglimento dei CSI, dei quali è stato cofondatore e chitarrista, Canali ha avuto più tempo per dedicarsi al suo progetto solista, che in circa vent’anni di carriera lo ha portato a pubblicare otto album, da solo o insieme alla sua band, i Rossofuoco. «Canto di un’“Emilia parallela”», mi dice. «In trent’anni o più di storia, dai tempi dell’“Emilia paranoica” a oggi, non è cambiato assolutamente niente. Quello che non andava allora, non va nemmeno adesso. E ci sono molti motivi in più per essere inc*».
Dopo sette anni di silenzio, è arrivato questo ultimo disco, grazie anche alla rinascita correggese. «Eh sì, strano ma vero. Il disco mi è venuto dopo un periodo in cui pensavo di non avere più niente da dire. E sto continuando a scrivere». L’album resta fedele ai più puri assunti del punk: duro, diretto, senza sconti e giri di parole, con testi densi e impegnati. «Le canzoni nascono quasi tutte in sala prove, mentre si improvvisa con la band. Poi ci costruisco sopra le parole e cucio insieme le diverse parti che mi sono sembrate più riuscite».
Da questa lunga chiacchierata, intramezzata da qualche “agguato di venditore di rose” (per citare l’ultimo album), esco con le idee un po’ confuse (sarà stato anche il vino, lo ammetto). Ma probabilmente è vero che, a volte, «bisognerebbe provare a uscire da griglie di pensiero troppo rigide e infiltrarsi fra maglie più strette. Forse in questo modo si riuscirebbe ad arrivare più lontano».
Grazie, Giorgio, di questo intenso pomeriggio speso a ricordare, con chi li ha vissuti direttamente, gli anni più belli del rock italiano. E a riflettere e parlare di politica, e vita, con occhi diversi.
Per chi fosse interessato, ricordiamo che Canali e Rossofuoco sono in tour. E che il tour vale sicuramente una visita.